"Dagli
anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta c'è stato un impiego
sistematico di cemento armato negli interventi di restauro; Giovanni
Carbonara ha pubblicato appunto due volumi negli anni 1981 e 1984,
dal titolo "Restauro e Cemento in Architettura", editi dalla AITEC
di Roma ; e nel Volume Primo viene citato l'intervento della
Fond-Edile per la Cattedrale di Nicosia alle pp.350-351. Ciò
per dire che la metodica era diffusa in quel periodo; che essa era
accetta dagli organi preposti alla tutela dei monumenti; che si
sono realizzati centinaia di interventi su monumenti con le tecniche
della Fond-Edile o affini, che sono comunque interventi da tenere
sotto osservazione per comprenderne l'evoluzione e che, per quanto
ci risulta, nessun edificio è ad oggi crollato. Oggi,
a distanza di tempo, è giusto pensare che l'intervento operato negli
anni Settanta sia stato distruttivo? Non ci sembra: una qualche
efficacia l'intervento l'ha avuta, ad esempio con la distribuzione
dei carichi, che ha evitato il pericolo di cedimenti differenziali.
Ed ancora: è giusto invocare la reversibilità di alcune parti nelle
zone dell'elevato? Ciò è possibile, ma è difficile, costosissimo
ed anche poco praticabile. E' fuori dubbio il rigonfiamento del
pavimento come evidente effetto di sovrappressioni indotte dal trattamento
Fond-Edile, cosi come il distacco delle sculture oggi parzialmente
disconnesse dalla struttura muraria; ne si può dimenticare come
il rigonfiamento pavimentale nella navata centrale abbia comportato
una pressione sulla fondazione delle colonne, disomogenea verso
l'alto, che ha determinato una più marcata inclinazione delle colonne
stesse, specie verso Nord. Bisogna inoltre sottolineare che il comportamento
espansivo ha portato ad obbligare la Soprintendenza a demolire tratti
del paramento esterno lato Sud che, per sovrappressione interna,
si era distaccato completamente dalla struttura muraria a sacco,
in ciò coadiuvata dalla formazione di "ettringite" determinata dal
contatto con rocce solfatiche, comprese nel muro a sacco stesso.
Ma bisogna evitare di pensare che si possa neutralizzare o rendere
reversibile ciò che non era non è reversibile per sua natura, cioè
decostruire l'intervento di "reticolo armato" e di "pali
raidice" fatti a suo tempo, annullare un consolidamento in cemento
armato e con barre di cucitura. A nostro avviso non bisogna ne demonizzare
l'intervento Fond-Edile, ne confliggere con l'intervento egli anni
Settanta. Ad oggi si è sviluppato un dibattito che tende a preferire
tecnologie più adizionali e comunque, o semmai, "barre inox" o resine
non facilmente degradabili. Per il fatto che dallo studio SGAI risulta
che la base fondale è sicura, come per il passato l'intervento ha
voluto restituire continuità alla compagine del Monumento, così
ad oggi bisogna ricercare e suggerire idonei contributi statici
ed integrativi, sulla base del quadro fessurativo odierno. E la
situazione, che si dice aggravatasi nel corso degli ultimi due anni,
è semmai conseguente al mancato intervento e alla realizzazione
di quanto indicato nelle conclusioni dello Studio Propedeutico.
Tuttavia,
per il valore esemplare del Monumento, considerata la irrealizzabilità
di una sistematica e generale reversibilità dell'intervento a suo
tempo operato, sembra più opportuno semmai procedere con un intervento
sperimentale, tendente a minimizzare l'intervento Fond-Edile.
Tale "progetto di sperimentazione", graduale e parziale, potrebbe
consistere nelle seguenti operazioni:
1)
Osservazione dello stato attuale, selezione dei campioni ed accertamento
dello stato in cui versano i pali-radice e le cuciture annate (almeno
cinque campioni).
2)
Prove di sfìlabilità delle barre e/o prove di interventi collaborativi
con epossidiche attualmente disponibili.
3)
Modellazione statica per parti-campione del comportamento dei corpi
di fabbrica.
4)
Valutazione delle soglie deformative ed accettabili, e redazione
dell'intervento di minimizzazione dell'intervento pregresso e di
massimizzazione dell'intervento da farsi.
5)
Valutazione temporale e sulla convenienza economica.
Questi
sei punti sono operabili in mesi 5-6 di tempo, con un costo presunto
di 300-400 milioni di lire.
Altra
strategia è quella che di recente è stata denominata "il Cantiere
del progetto". Si tratta del cantiere di restauro, proposto ed
attuato da Michele Cordaro dell'Istituto Centrale del Restauro di
Roma, per la conservazione della Torre di Pisa, con limitate
risorse finanziarie, m corso di pubblicazione. In tale attività
sperimentale sono stati ricercati i campioni più significativi,
le analisi e le diagnosi necessarie e gli interventi più idonei
al restauro di una parte della Torre; il cantiere che astato attivato
è stato necessario alla redazione di un progetto esecutivo e globale.
E' qui da segnalare un'altra ipotesi di ricerca; dai restauri operati
in diversi monumenti e descritti dal citato Carbonara, studiarne
i degradi e le patologie per poterne derivare tipologie d'intervento.
Ma tale ipotesi di lavoro risulta soltanto accademica, poco utile
o praticabile, perché, costi parte, ciascun degrado rilevabile dipende
non solo dai diversi materiali impiegati, ma anche delle differenti
condizioni ambientali, uniche per ogni monumento e quindi irripetibili
Se
fin qui sono descritti gli scenari per un intervento globale sulla
nostra Cattedrale, vediamone alcune questioni particolari, sollevate
dall'Ufficio della Soprintendenza:A) sulla termografia,B) sul
Campanile, C) sulla volta e sul soffitto ligneo
A)
L'indagine termografìca - Sulla termografia, se si volesse farla,
essa risulterebbe opportuna ed utile: in primo luogo nelle pareti
del tiburio (si richiama la relazione GU-SPO, la dove si indicava
di accertarne le condizioni strutturali); poi nelle due pareti laterali
alla navala centrale, sia tra l'estradosso della volta e il soffitto
ligneo, sia al di sotto della volta ottocentesca; infine nelle murature
esterne delle navate laterali, dove è visibilissima l'irregolarità
dei paramenti murari. Certamente l'opportunità esiste là dove si
voglia indagare puntualmente sull'antico spartito con archi ad ogiva
(che ci segnala la documentazione fotografica degli anni Settanta,
allegata allo Studio GU-SPO) e sulle sconnessioni murarie che sono
possibili sotto-intonaco.
B)
Il Campanile - Per il Campanile, circa l'ipotesi distruttiva
o di smontaggio e di rimontaggio che è apparsa sulla stampa locale
con una sommaria descrizione, è da evidenziare quanto fondato sia
il rischio di distruzione che si cela in quella ipotesi, A conferma
di ciò si ricorda che, se anche m anni passati alcuni progetti prevedevano
lo smontaggio, la proposta è stata sempre respinta da parte degli
organi preposti alla tutela; ciò per il fatto che uno dei principi
della conservazione è che anche le deformazioni fanno parte della
storia del monumento e quindi sono da conservare e da salvaguardare.
Così, ad esempio, nella Torre di Pisa i lavori ad oggi eseguiti
non hanno mai toccato hcorpo del Monumento; di contro essi, operando
al contorno, hanno fatto riguadagnare pochi centimetri nell'inclinazione,
per riportare la Torre nelle condizioni statiche di sicurezza. E
ciò a conferma di un principio moderno della conservazione che non
contempla ipotesi di smontaggi, in quanto questi sono sempre ed
inevitabilmente operazioni distruttive della continuità nel tessuto
murario .
C)
La volta e il soffitto ligneo - Circa il soffitto ligneo,
cui particolare attenzione è rivolta da parte della Soprintendenza
e della stampa locale, è stata invocata dall'Ufficio Provinciale
la necessita di rilievi particolari, esecutivi e funzionali per
il restauro. Invero nello Studio propedeutico è stato presentato
un rilievo in scala adeguata a mettere in relazione la tessitura
strutturale del complesso lignario con le murature di appoggio e
gli stucchi settecenteschi. Schede di ogni singola capriata non
erano previste nel disciplinare di incarico e non sono necessarie
in questa fase di propedeuticità: gli incastri delle strutture lignee
nella muratura sommitale potrebbero essere indagati, con tecniche
e prelievi aggiuntivi, che non sono state richieste, che si rivelano
abbastanza dispendiose e che dunque sono da farsi in fase di cantiere.
Sulla valorizzazione e sulla fruizione del soffitto ligneo, nella
relazione conclusiva si prevedeva la possibilità di realizzare un
percorso per l'accesso alla prima campata, da cui poter traguardare
una parte del tutto. Una tale ipotesi, in quanto le catene delle
capriate costituiscono degli ostacoli invalicabili e la volta ottocentesca
non sopporta un calpestio pubblico, non consente una pubblica agibilità,
ma si offre soltanto alla limitata fruizione di singoli studiosi,
i quali visitano a proprio rischio e pericolo e con nomilali autorizzazioni
delle personalità preposte. L'ipotesi subordinata di alzare l''intera
imposta del soffitto ligneo, per consentire un ballataio posto sopra
Ia volta ma indipendente da essa, renderebbe si percorribile la
strada della musealizzazione in situ ma richiederebbe un'alterazione
dei volumi architettonici: con un incremento di altezza di almeno
m.2,00, con un aumento dei carichi e con possibili eccentricità
nella sottostante navata, questa ipotesi soprattutto determinerebbe
da una parte una pesante alterazione dei volumi storicamente determinati,
creando un impatto ambientale di difficile valutazione (e sicuramente
preoccupante) dall'altra parte uno stress-strutturale, che si aggiungerebbe
a quello subito dal monumento per le successive manipolazioni e
che sarebbe di difficile quantificazione. Tornando a rilevare che
i panelli dipinti, che costituiscono la vera ed emblematica opera
d'arte, sono giustapposte alle strutture lignee dei cavaletti, essi
hanno il corpo ed il valore di "pittura su tavola". Cosi si conferma
la potenziale ipotesi di concepire questo soffitto come un vero
ed esteso "polittico", la cui ricomposizione museale non sarebbe
certo difficile; condizione di principio, richiamata dalle varie
Carte del Restauro; resta comunque la necessità di rimontare il
soffitto ligneo in un ambiente che sia il più prossimo alla Chiesa
Cattedrale.
Infine
una quarta ipotesi completa il quadro degli scenari per la valorizzazione
e la fruizione del soffitto ligneo con distruzione. della volta
nella navata centrale. Un tale taglio permetterebbe di intravedere
il soffitto ligneo da terra, ma non potrebbe offrire una reale godibilità,
sia per l'impedimento degli angoli visuali, sia per la necessità
di disporre di binocoli per poterne apprezzare la qualità artistica.
Resta allora, in questo caso, un'ipotesi migliorativa: realizzare
un ballatoio all'altezza dell'imposta della "volta demolita",
su cui portare il visitatore che, a distanza ravvicinata, possa
fruire del bene pittorico con una buona e più completa visibilità.
Ciò tuttavia comporta che l'agibilità a tale ballatoio dovrà essere
assicurata da una o due scale, interne od anche esterne, nonché
da una piattaforma o un piccolo ascensore, per rispondere alla norma
di garanzia di accesso per i disabili o portatori di handicap. Si
precisa infine che non vi è alcuna motivazione statica che possa
indicare la necessità di demolire la volta tra l'altro recentemente
consolidata dalla Soprintendenza. Anzi è da segnalare che la
sua demolizione rischia uno stress-sottrattivo, ovvero uno stress
che deriva dalla sottrazione di una parte che si è naturalmente
e gradatamente connaturata alla struttura originaria. A nostro avviso
pertanto la demolizione della volta può soltanto costituire una
opzione per una fruibilità diversa del soffitto ligneo che come
detto sopra, dovrà richiedere un ballatoio perimetrale o una piattaforma
centrale. Ma comunque si voglia procedere e qualunque sia la scelta
su tale versante, l'opzione dovrebbe riportare il favorevole del
Consiglio Regionale dei Beni Culturali.
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