Congrega
del Loreto
"Sono
in fase avanzata di esecuzione i lavori tanto attesi alla Congrega del Loreto
di Piazza Roma in S. Maria a Vico (CE), ma oggi il vero dilemma è classificarli:
si tratta di un restauro o di una “ricostruzione in stile”, propria
degli architetti francesi dell’Ottocento? L’oggetto del nostro interesse risulta
vincolato “ope legis” con L. 1089/39 (poi Testo Unico dei Beni Culturali nel 1999
e dal 2004 Codice dei Beni Culturali) e, pertanto, il progetto di restauro è sottoposto
al vincolo del “visto” della Soprintendenza dei Beni Architettonici e per il Paesaggio
(…) di Caserta e Benevento."
"L’iter
progettuale si è concluso e il progetto esecutivo è stato vistato dal funzionario
di zona incaricato, come appare evidente anche dal cartello informativo esibito
fuori il cantiere. Le pratiche amministrative sono state esperite con “successo”,
ma dai lavori eseguiti si può osservare che il vero fine del restauro è stato
disatteso, forse per la forte “miopia” dell’organo di controllo che appare poco
sensibile ai valori delle “architetture minori”. Le normative sui Beni Culturali
emanate dallo Stato Italiano hanno da sempre consentito a tutti gli architetti,
anche quelli privi di opportuni titoli di specializzazione, di operare restauri
sulle opere monumentali. Questo aspetto è legato al fatto che esistono organi
ministeriali territoriali di controllo dei Beni “vincolati” e di individuazione
di quelli “vincolabili”, ossia le già citate Soprintendenze, che hanno il compito
di controllare ed indirizzare le scelte progettuali su tali beni."
"Si
ritiene, pertanto, che il titolo di architetto sia una condizione necessaria ma
non sufficiente per l’esecuzione dell’intervento perché tutte le scelte, in fase
di progettazione approvata e di direzione dei lavori, devono essere condivise
dalla Soprintendenza. Tutto ciò implica anche una condivisione delle responsabilità.
La Congrega del Loreto, opera sicuramente di valore storico, ma anche di chiaro
valore architettonico ed artistico è testimonianza di una capacità costruttivo-architettonica
di provenienza popolare. La Congrega è un’istituzione di carattere laico legata
al culto cristiano, che nasce per volere e con l’impegno economico dei confratelli
del Loreto di S. Maria a Vico (nel libro in corso di stampa “La Congrega del Loreto”,
di cui lo scrivente è co-autore, si pubblica l’elenco delle quote versate dai
confratelli). La sua costruzione risale alla prima metà del ‘700 e la conclusione
dei lavori impegnò l’intero secolo; pensiamo al coro costruito nel 1779, l’organo
nel 1778, fino agli ultimi arredi apposti nel ‘900."
"Un’opera,
quindi, ricca di storia e di cultura che conserva tutte le tracce del suo “trapasso
storico” visibili negli intonaci, nella sua configurazione planimetrica e spaziale,
negli elementi di copertura, nei solai e nelle volte in muratura, nelle differenti
quote dei piani di copertura. Negli anni passati, in ambito nazionale, si è tanto
discusso degli “intonaci”, considerati superfici di sacrificio, poi il dibattito
è giunto alla sua sintesi e gli stessi sono stati definiti elemento essenziale
avente una funzione tecnologica e una valenza figurativa, pertanto, portatori
di valori storici ed artistici del monumento. Tutte le acquisizioni della cultura
della conservazione, nel caso in esame, sono state interamente disattese."
"Il
risultato è una ricostruzione legata alla libera interpretazione progettuale.
Le teorie e i metodi della scienza (conoscenza) del restauro, dal dopoguerra ad
oggi, si sono molto evolute ed è principio condiviso a livello internazionale,
se consideriamo i numerosi documenti e le Carte redatte nell’ultimo cinquantennio,
che la finalità del restauro è la conservazione. Tutte le “ricostruzioni in
stile”, proprie dell’Ottocento, sono bandite ed ogni operazione deve essere
supportata da una completa conoscenza storica e costruttiva della fabbrica. Ricostruzione
e libera interpretazione, si diceva, questo è il risultato di quanto si legge
nei lavori che sono in fase di esecuzione. Chi è coinvolto in tutto ciò? Il Committente,
il progettista, l’organo di controllo. La manchevolezza del committente sta nel
non aver approfondito la ricerca delle giuste professionalità per l’esecuzione
dell’intervento. I pur accorti interventi del progettista non garantiscono il
rispetto delle moderne acquisizioni della cultura del restauro dei Beni Architettonici
che dovrebbero essere rispettose del testo storico-artistico originale."
"La
colpevolezza della Soprintendenza è quella di aver sottovalutato il valore dell’opera
in oggetto e di aver concesso “in piena libertà” l’attuazione del progetto. I
cittadini lamentano l’indifferenza di tale ufficio ministeriale e la superficialità
della committenza nel valutare una delle più significative opere di architettura
della nostra città. È encomiabile, a mio avviso, lo sforzo fatto dalla Curia Vescovile
di Acerra (NA) e dalla passata Amministrazione Comunale nel reperire i fondi per
il restauro, ma nello stesso momento esso stesso è stato reso vano dalla inadeguatezza
anacronistica dei lavori che si eseguono. Si ricostruiscono parte delle murature
e degli intonaci settecenteschi, si demoliscono stucchi, si sostituiscono i legni
del tetto, si armano impropriamente pareti, si realizzano solai in cemento armato
in sostituzione di strutture ottocentesche. Le lesioni superficiali degli
intonaci sono male interpretate ed in conseguenza a ciò si operano pesanti ricuciture,
sostituendo il tufo con il mattone, con grosso sacrificio della muratura originaria,
degli intonaci, degli stucchi. Le finte monofore ovali, che guardavano la
scala di accesso sono state demolite, ricostruite in mattoni e aperte, ignorando
il valore storico della configurazione ottocentesca."
"Resta
ancora in assegnazione il restauro della tela dipinta, raffigurante la Madonna
del Loreto, di copertura all’aula, che rischia, secondo quanto appreso da “voci
di corridoio”, di essere affidato a presunti restauratori, privi dei requisiti
necessari e di notorie capacità nel restauro delle tele. Le competenze locali
potrebbero non essere sufficienti a garantire la conservazione dell’opera e sarebbe
opportuno consultare gli istituti nazionali ministeriali di restauro, quali l’OPD
(Opificio delle Pietre dure) di Firenze e l’ICR (Istituto Centrale del Restauro)
di Roma, per avere un giusto ed adeguato indirizzo. Chi ignora è in errore, ma
chi sa e finge di ignorare lo è doppiamente! Questo articolo non vuole essere
una critica a quanti stanno lavorando nell’intento di fare bene, ma una chiave
di lettura per quanti non sono del settore al fine di agevolarne la comprensione
e di fornire un indirizzo, scientificamente corretto e culturalmente avanzato.
Un plauso, in ogni modo, va al progettista che nel corso degli anni ha sempre
lavorato nell’interesse comune, dovendo spesso gestire i lavori con esigue somme
di denaro."
Dott.
Arch. Mariano Nuzzo
Dottore di ricerca in Conservazione dei Beni Architettonici |