Recupero
dell'arenaria Chiesa di S. Michele a Pavia, sec
XII via Diacono
a
cura di
Andrea Maricelli |
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| Introduzione | Planimetria città | Facciata
principale| Pianta basilica | Stato di conservazione | |
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Ampie zone superficiali del San Michele sono interessate dal processo di disgregazione dell'arenaria al quale si è cercato di porre rimedio in epoca moderna due volte. Il primo intervento risale al periodo 1860-1875 e fu svolto dal professor Vergani e dall'ingegner Carlo dell'Acqua, noto per la sua attenzione riguardo alle cose pavesi: furono sistemate le pietre degradate dell'esterno, mentre parte degli strombi (tagli obliqui decorati di portali e finestre) e degli archivolti dei portali furono strutturati con pietre importate ex novo dalla cava di Castello di Santa Giulietta, quella dell'estrazione originaria. I rilievi condotti da Siro dell'Acqua si presentano purtroppo parziali e non consentono di effettuare un confronto determinante con le rilevazioni precedenti - riguardano solamente la parte frontale del presbiterio con gli accessi alla cripta (Fig. 1), la finestra del transetto (Fig.2) e il ritrovato mosaico pavimentale. Nessuna immagine è restituita per quanto riguarda le integrazioni dei portali, anche se il confronto con le tavole del De Dartein può essere eloquente.
Al proposito di comprendere maggiormente la dinamica del restauro Ottocentesco offriamo un riassunto del puntuale resoconto di Carlo dell'Acqua, inteso a porre attenzione ai soli interventi sull'apparato murario esterno (cfr. "Le rilevazioni dall'Ottocento a oggi" per notare i cambiamenti): 1860 Si lavora soprattutto sull'interno, si aprono però due finestre a feritoia nelle prime due campate delle navate minori, precedentemente murate. 1861 Sono aperte le porte laterali della facciata principale. Viene menzionato il pessimo stato di conservazione dei bassorilievi in arenaria, che in qualche caso risultano talmente rovinati da costringere ad una sostituzione. Le due finestre semicircolari aperte all'altezza del timpano di ciascuna delle due porte minori vengono chiuse. (Figg. 3-4) L'unica parte effettivamente risalente al periodo di fondazione del nuovo San Michele che si possa ammirare è la figura dell'angelo nel timpano della porta minore sinistra: fortuna aveva voluto che fosse stata incastonata nella muratura che chiudeva quell'ingresso (Fig. 5). Viene restaurato l'intero basamento in pietra arenaria della facciata, "che era in deplorabilissimo stato", e viene rivestito della stessa pietra anche il timpano del portale principale, nello spazio che nel momento dei restauri era occupato da un affresco raffigurante l'Arcangelo Michele. La figura in pietra oggi esistente è ricavata per imitazione da quella antica della quale abbiamo già detto. Nella parte centrale della facciata si riaprono le tre bifore, le tre finestre a feritoia soprastanti le bifore, le due monofore circolari e la finestra a croce: per far ciò prima si chiude il rosone "che deformava grandemente la facciata del tempio", e si ricostruisce il rivestimento in arenaria. (Figg. 6-7) E' questo l'anno in cui si cominciano ad applicare vetrate colorate alle finestre di nuovo aperte.
Sono applicate grosse chiavi e catene di ferro tra la facciata e i "pilastroni" fiancheggianti per migliorarne la stabilità, compromessa dall'apparizione di lunghe crepe nei punti di collegamento con i muri laterali. E' l'anno della scoperta del mosaico pavimentale del presbiterio. 1864 Sono modificate le finestre delle quattro cappelle delle due navate laterali (due per parte): ridotte ad una sola forma comune circolare differenziantesi da tutte le altre, perchè ciò "indicasse chiaramente da sè che appartengono ad opere aggiunte". Sono restaurate le due piccole porte dei fianchi del tempio (oggi "prottette" da recinzioni). Per quella meridionale si scava circa un metro sotto il livello della strada, innalzatosi dopo la costruzione, e si ricostruiscono basi e cordoni rimasti senza appoggio. 1865 Rimaneggiamenti all'armatura del tetto e altre operazioni d'interno. 1866/67/68 Sospesi i lavori per mancanza di mezzi 1869/70 Cominciano i lavori di isolamento della basilica: è distrutta la vecchia sagrestia addossata alla parte meridionale di San Michele nel lato orientale del transetto. Viene costituita la nuova sagrestia negli edifici a ridosso del campanile. Un'altra casa affiancata alla costruzione appena rimossa viene demolita. Si comincia a costruire una cinta muraria che avrebbe dovuto percorrere tutto il perimetro della basilica.1871/72 Sospesi i lavori per mancanza di mezzi. 1873 Il Ministero dell'Istruzione Pubblica stanzia L. 2000 per la continuazione dei lavori ma l'ambizioso progetto, presentato a partire dai rilievi di De Dartein, non viene accettato: vi era, fra le altre cose, il timore che la stabilità del monumento non avrebbe retto all'auspicata opera di demolizione della volta intera. 1874 - 76 Sono lavori che non interessano più la parte esterna: ci si occupa della cripta, del presbiterio, degli amboni, della pavimentazione generale, delle cappelle e dei matronei e di altri elementi minori. |
Fig. 7 - F. De Dartein, Alzato della facciata principale (1865 e segg.). Nella parte centrale della facciata sono state riaperte le tre bifore, le tre finestre a feritoia soprastanti le bifore, le due monofore circolari e la finestra a croce: per far ciò prima si chiude il rosone "che deformava grandemente la facciata del tempio". Fig. 6 - Facciata com'era prima dei restauri ottocenteschi, litografia da un disegno dello Chapuy (1839-40).
Fig. 7- S. Dell'Acqua Alzato della fronte del prebiterio, prima e dopo il restauro, 1874. Fig. 8 - S. Dell'Acqua, Disegni per il restauro dell finestre, 1863.
Fig. 9 - Portale destro della facciata prima dei restauri ottocenteschi (1860 circa). Fig. 10 - Portale destro della facciata dopo i restauri (1967). Le finestra semicircolare aperta all'altezza del timpano di ciascuna delle due porte sono state chiuse. Fig. 11 - F. De Dartein, Portale sinistro della facciata principale prima dei restauri ottocenteschi. L'unica parte effettivamente risalente al periodo di fondazione del nuovo San Michele che si possa ammirare è la figura dell'angelo nel timpano della porta minore sinistra. |
Il consolidamento chimico e alla ristrutturazione di altre parti delle facciata in arenaria Intorno al 1930 e negli anni successivi furono compiute delle operazioni minori a base di caseati (iniezioni di sostanze adesive a base d'ammonio), paraffine, silicati e siliconi. Gli allarmi furono lanciati nel 1932 e Gino Chierici, allora Soprintendente ai Monumenti per la Lombardia, ebbe nel 1942 l'iniziativa di ripercorrere in una memoria i lavori che egli aveva seguito attentamente. Nello stesso momento provvide ad una riproduzione fotografica completa (circa 500 negativi di grande dimensione) dei rilievi, andata però persa durante la Seconda Guerra Mondiale (si sono salvate solo le riproduzioni inserite nella sua opera). Chierici fu inoltre responsabile di alcuni lavori di consolidamento in cemento armato dei muri della campata maggiore, compromessa da profonde crepe, che secondo il Peroni legarono meglio tutta la struttura.
Il secondo intervento, degli anni 1966-67, fu volto invece ad un complesso contributo di consolidamento chimico e alla ristrutturazione di altre parti, a cura del professor Sanpaolesi, commissionatogli dal Comune di Pavia nel 1963, un anno dopo che il Presidente del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti nella relazione ufficiale aveva già detto che "più nulla era possibile fare per la facciata del San Michele di Pavia". Uno dei suoi meriti maggiori fu quello di sotituire molti pezzi fatiscenti nelle zone più alte della facciata, comunque limitatamente alle parti prive di ornato ed effettivamente danneggiate al punto da compromettere la stabilità dell'edificio. In quel momento vi fu il ritorno alla copertura in cotto della facciata, fortunatamente abbandonando l'idea di una foderatura in piombo che avrebbe certamente messo in pericolo l'intera struttura. Per questi ultimi interventi comunque non si dispone per ora di documentazione più ampia, sappiamo comunque che sarebbero dovuti servire al fine di consolidare la struttura in arenaria, cioè a migliorarne le caratteristiche di coesione e di adesione dei componenti: i risultati non furono certamente brillanti. Secondo quanto detto dalla professoressa Marisa Laurenzi Tabasso, dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma:
Come conseguenza di un operazione di consolidamento dovrà essere migliorata la resistenza meccanico del materiale stesso (sollecitato a forze di trazione e compressione), mentre sarà modificata la struttura interna, rendendolo il più possibile impermeabile all'accesso dell'acqua e delle soluzioni saline o acide: questo, in definitiva, porterà ad una maggiore resistenza dell'oggetto sul quale si è intervenuti rispetto ai processi di alterazione della struttura interna causati, ad esempio dalla reazione al gelo e al disgelo o alla cristallizzazione interna di sali. Importante, qualora il prodotto impiegato avesse anche caratteristiche di idrorepellenza, l'effetto protettivo dell'intervento, dato dall'ulteriore impedimento all'accesso di acqua liquida e vapori. Nonostante le due finalità - consolidamento e protezione - siano ben distinte (la finalità pratica di questa distinzione è fondamentalmente la scelta delle modalità d'operazione), è altresì possibile ottenere entrambi gli effetti con l'utilizzo di un solo prodotto. Osservando casi simili si nota come il deterioramento riguardi nella maggior parte di essi solo la superficie esterna, e come a volte si noti una formazione di croste superficiali dure e poco porose, al di sotto delle quali esista una zona in cui invece il materiale risulti maggiormente decoesionato e maggiormente poroso. Un ulteriore approfondimento porterà ad evidenziare un terzo strato che conserva praticamente inalterate le condizioni normali. Questa è premessa importante: nel momento in cui si debba intervenire in casi come quello sopracitato, si richiede di non creare soluzioni di continuità nella pietra, di creare delle variazioni graduali delle caratteristiche in modo da creare una progressione da zone nelle quali la presenza di consolidante sia preponderante a zone nelle quali questo sia invece praticamente assente.. ( testo completo ) |
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