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Vendita bb.cc. - archivio |
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Immobili dallo stato agli enti locali |
17
agosto 2013 |
"Entro
il 30 novembre 2013 i Comuni, le Provincie, le Città metropolitane
e le Regioni potranno chiedere direttamente di trasferire a loro
a costo zero immobili o terreni non agricoli di proprietà dello
Stato. Con il decreto del Fare la procedura cosiddetta di federalismo
demaniale viene velocizzata dando la possibilità alle amministrazioni
di richiedere l’acquisizione all’Agenzia del Demanio attraverso
la semplice compilazione di un modulo che sarà in linea sul sito
www.agenziademanio.it a partire dal 1 settembre, e al quale l’agenzia
dovrà rispondere entro 60 giorni. Si calcola che le proprietà immobiliari
statali interessate alle acquisizioni ‘’non onerose’’ da parte degli
Enti locali potrebbero essere circa diecimila per un valore intorno
ai due miliardi di euro. Sono esclusi dagli immobili alienabili
solo i beni in uso governativo, quelli che stanno in Dimore, i beni
del fondo sviluppo e quelli già inseriti in protocolli di valorizzazione.
Nel caso di alienazione del bene trasferito l’incasso dovrà essere
utilizzato per ridurre in prima istanza il debito dell’ente( per
gli enti locali e territoriali pari a circa 114 miliardi) e quindi
lo stock del debito complessivo dello Stato che ha superato i 2.075
miliardi."
ROMA 16 AGOSTO 2013 - Il Ghiarlandaio |
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06
maggio 2010 |
"Procede
a marce forzate la Grande Festa dello smantellamento dello Stato
in favore del profitto privato. Qualche esempio. Da anni è in corso
la vendita del patrimonio immobiliare pubblico, anche se le due
società a cui Tremonti nel 2002 prevedeva di cederlo in blocco ("Patrimonio
dello Stato S.p.A." e "Infrastrutture S.p.A.") hanno prodotto un
gettito minimo rispetto alle previsioni. Di fronte a quel decreto,
la Frankfurter Allgemeine affibbiò al nostro governo di allora (non
poi tanto diverso da quello di oggi) l´etichetta di "talibani di
Roma". Ma mentre la svendita del patrimonio statale va più lentamente
del previsto, Comuni, Province e Regioni si danno da fare, anche
perché secondo la L. 133 del 2008 (art. 58) devono allegare al bilancio
di previsione il "piano delle alienazioni immobiliari". E infatti
Treviso vende la Chiesa di San Teonisto (sec. XIV), che al Comune
fu donata nel 1811 dal viceré d´Italia; Prato getta sul mercato
il Monastero di San Clemente (fondato nel 1515), già destinato ad
archivio comunale; la provincia di Salerno mette in vendita Palazzo
d'Avossa (sei-settecentesco), sede della locale Soprintendenza.
Esemplare il caso di Verona: il Comune, con l´avallo del direttore
regionale ai Beni Culturali Soragni, vende Palazzo Forti, donato
alla città nel 1937 per destinarlo alla Galleria d´Arte moderna,
che ancora vi ha sede. Il Comune ne ha mutato la destinazione d´uso
(da culturale a commerciale), e utilizzerà l´incasso (33 milioni)
per l´acquisto di un´area che, secondo un piano dello stesso Comune,
potrà essere cementificata (280.000 metri cubi). Intanto, sulla
base del "federalismo demaniale" promosso da Calderoli, il Comune
chiede la proprietà degli immobili del demanio dello Stato siti
in Verona (mura, forti, bastioni, porte antiche e altri beni vincolati):
visti i precedenti, è facile immaginare quel che ne farà."
SALVATORE SETTIS GIOVEDÌ, 06 MAGGIO 2010 - la Repubblica |
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Costa
S. Giorgio in abbandono |
2
febbraio 2007 |
"Sopralluogo
di Valdo Spini nella caserma di Costa San Giorgio: "Un percorso
di guerra tra rovi e quant´altro". Sporco, abbandono e affreschi
antichi l´agonia della Scuola di sanità militare I militari l´hanno
lasciata nel ´99 per trasferirsi a Roma "E´ un´emergenza e una
vergogna, presenterò un´interrogazione" Un percorso di guerra.
Tra rovi, sterpaglia, sporcizia, escrementi di piccioni che fanno
da corredo ad antichi affreschi di un "Ultima cena" opera della
bottega di Cosimo Rosselli del 1488, ad un lunettone con l´«Annunciazione»
di Bicci di Lorenzo di fine ‘300, ad un chiostro quattrocentesco
con pilastri ottagonali in pietra serena. Benvenuti all´ex caserma
Vittorio Veneto di Costa San Giorgio. Un itinerario-avventura
nel cuore vuoto della città, che ha visto l´onorevole Valdo Spini
«impegnato in un percorso di guerra, scavalcando rovi e quant´altro»
durante il sopralluogo che lunedì scorso ha fatto agli edifici dismessi,
che fino al ‘99 hanno ospitato la Scuola di sanità militare dell´esercito,
poi trasferita a Roma. «Un´emergenza e una vergogna» commenta Spini,
che ha deciso di presentare subito un´interrogazione in Parlamento
sul grave stato di degrado in cui versa questo vasto complesso storico,
confinante con il Giardino di Boboli e Forte Belvedere. Non è la
prima volta che si torna a parlare del disastroso abbandono del
complesso di immobili e giardino: una superficie di 30.500 metri
quadrati, di cui 10.060 coperti, lasciata completamente alla deriva
nonostante le numerose e pregevoli testimonianze storiche che custodisce,
visto che la struttura che fin dal 1866 ha ospitato i militari,
trae origine dall´accorpamento di due antichi conventi. Ebbene dal
‘99, sulla dismissione e sul riutilizzo degli edifici si sono incrociati
vari progetti tra Difesa e Consap Spa incaricata delle vendite:
farne un albergo, una serie di residenze, un centro commerciale,
una fondazione museale. Ipotesi naufragate, mentre la soprintendenza
ai monumenti istruiva studi e pratiche che hanno vincolato tutto
il complesso. «Le proposte erano tutte fantasiose e impraticabili,
tutte contrarie al nostro parere che vuole il complesso destinato
alle istituzione della città» afferma l´assessore all´urbanistica
di Palazzo Vecchio Gianni Biagi. «Ma questa volta ci siamo - afferma
Spini - mi dicono che i primi di marzo il ministero dell´Economia
emanerà un nuovo elenco con tutti i beni della Difesa da dismettere,
e vi compare anche l´ex caserma di Costa San Giorgio. Serve subito
un accordo di programma tra Palazzo Vecchio, Provincia e Regione,
un´azione congiunta per restituire questo bene alla città». Edifici
e spazi su cui da tempo anche la soprintendenza amerebbe allargarsi.
«Anni fa chiedemmo al ministero della Difesa che ci venissero assegnati
- ricorda il direttore regionale dei Beni culturali Mario Lolli
Ghetti - Non per accorpare il loro giardino a quello di Boboli,
perché storicamente non ne ha mai fatto parte, ma certo gli edifici
sarebbero perfetti per usi istituzionali, per portare lì i nostri
uffici e per realizzarvi laboratori di restauro e depositi della
soprintendenza, da sempre alla ricerca di spazi». Una richiesta
che si rinnova e su cui concordano tutti i soggetti interessati.
Che questa volta, sembrano pronti ad unirsi e contrattare. «Esiste
un vincolo su tutto il complesso - prosegue Lolli Ghetti
- Quando sarà messo in vendita ci chiederanno il permesso
per l´alienazione. Permesso che può anche essere rifiutato per un
uso non compatibile. Saremmo felicissimi di poterlo avere
in consegna utilizzare per l´uso pubblico. Certo, servono molte
risorse per restaurarlo e il nostro ministero è a corto di fondi»".
MARA
AMOREVOLI 01 FEBBRAIO 2007 - LA REPUBBLICA, FIRENZE |
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In
svendita il patrimonio dello stato |
15
febbraio 2006 |
"Pur
di fare cassa è stato abbattuto il valore degli immobili La Corte
dei conti affonda il governo sulle cartolarizzazioni. Le operazioni
sono state fatte in fretta e furia, senza un'accurata valutazione
del rapporto costi/benefici, al punto da rendere impossibile valutarne
gli effettivi impatti in termini di riduzione del deficit e di abbattimento
del debito pubblico. Con il risultato di una pesante svalutazione
del patrimonio statale. È tutto scritto nelle 344 pagine ´Analisi
dei risultati delle cartolarizzazioni', il corposo documento che
ItaliaOggi ha potuto consultare in anteprima. Al 31 dicembre 2005
il portafoglio di beni ceduti ammontava a 129,2 miliardi di euro
(84,8 se non si tiene conto dei crediti inesigibili dell'Inps) per
57,7 mld di corrispettive riscossioni (il 44% delle cessioni complessive,
che diventano il 68% escludendo i citati crediti Inps). Poco più
di 28 miliardi gli effetti immediati sulla riduzione del debito
e 9,6 quelli sull'indebitamento netto. Questi i numeri. Ma basta
leggere le considerazioni di sintesi per vedere quanto sia pesante
la bocciatura assegnata della Corte dei conti all'esecutivo, in
particolare ai due ministri dell'economia che hanno seguito tutte
le operazioni Scip, cioè Giulio Tremonti e Domenico Siniscalco.
Le operazioni di cartolarizzazione varate da viale XX Settembre
sono frutto ´di decisioni di natura squisitamente politica', scrive,
infatti, la Corte dei conti, ´basate più su considerazioni di necessità
di breve termine e di consenso, e meno di accurati calcoli di convenienza
economico-finanziaria'. Sotto accusa l'intero processo di alienazione.
´L'obiettivo delle dismissioni è tutt'altro che chiaro', si legge
nel documento. Se, a livello formale, infatti, finalità delle operazioni
era dismettere gli attivi (beni immobili e crediti contributivi)
il cui costo di detenzione risultasse superiore ai vantaggi ricavabili
dalla loro cessione, in realtà, valuta la Corte dei conti, ´unico
obiettivo realmente perseguito è il rispetto degli obblighi imposti
dal patto europeo di stabilità e di crescita'. Il ministero del
tesoro, dunque, per non mettere le mani nelle tasche degli italiani
e contenere lo sfondamento dei parametri di Maastricht, avrebbe
adottato procedure per ´fare rapidamente cassa, ma non per realizzare
l'obiettivo formalmente dichiarato'. Via, dunque, all'alienazione
degli attivi ´che sono risultati di più agevole dismissione, piuttosto
che quelli la cui detenzione risultava meno vantaggiosa della cessione'.
La Corte dei conti punta il dito anche sulle modalità delle operazioni.
Una ´mancata contabilità economica' e ´il mancato aggiornamento
degli inventari' del patrimonio pubblico, ´unitamente alla ristrettezza
dei tempi imposti per le singole operazioni' hanno fatto sì che
´la scelta dei beni da dismettere è solo parzialmente avvenuta in
conformità a oggettivi criteri di razionalità e imparzialità'. Ciò
si riflette anche ´nei termini di scarsa trasparenza dei costi sostenuti
e dei risultati conseguiti'. Dunque, una stroncatura senza appello.
Difficile anche fare una verifica della convenienza del processo,
´in larga parte frustrata dall'incompletezza e dall'inadeguatezza
degli elementi informativi resi disponibili dalle amministrazioni
controllate'. Una carenza di dati pur sollecitata dalla Corte dei
conti e che ha impedito, afferma il documento, ´di fugare i molti
dubbi e i molti equivoci che hanno accompagnato le operazioni'.
Sono rimasti aperti, così, rilevanti problemi di natura contabile
e le cessioni ´hanno avuto luogo solo in parte secondo criteri di
competitività'. Il forte divario riscontrato tra i portafogli cartolarizzati
e i corrispettivi è imputato, inoltre, ´all'ampio ricorso alla pratica
della sovracollateralizzazione', ovvero l'uso eccessivo di garanzie
collaterali. E tutto questo per l'Inps, che vanta 44,6 miliardi
di vecchi crediti (per buona parte inesigibili), ha il sapore di
una beffa. ´Nonostante le cartolarizzazione il portafoglio dei crediti
non si è ridotto', sostiene la Corte dei conti, ´ma è ulteriormente
aumentato'.
Luca
Saitta, ItaliaOggi - 15/2/2006
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Buttiglione
fermi la cartolarizzazione degli enti |
21
gennaio 2006 |
"L'
associazione
guidata da Carlo Ripa Di Meana fa appello al ministro Rocco Buttiglione
«per scongiurare la vendita di immobili di fortissimo carattere
identitario», come il Poligrafico di Piazza Verdi, la Zecca e l'Ufficio
geologico nazionale di Largo Susanna. La decisione della vendita
è comparsa nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio e con la quale
sì autorizza la vendita in blocco a trattativa privata alla Fintecna
28 complessi immobiliari."
Unità 21/1/2006 |
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Giù
il debito vendendo immobili |
8
gennaio 2006 |
"La
strategia anti-debito del governo punta sugli immobili: nel 2006
si cercherà di ridurre il rapporto debito/pil continuando le cartolarizzazioni
e le dismissioni del patrimonio immobiliare, ma anche attuando nuove
strategie come la permuta di immobili con gli enti locali e la revisione
degli affitti. Il sottosegretario all'Economia, Maria Teresa Armosino,
spiega all’AdnKronos che via XX Settembre sta valutando se mettere
in campo gli interventi già prima delle elezioni o «aspettare» il
risultato del 9 aprile. «Le misure - secondo Armosino - sono ancora
allo studio. Ci sono varie ipotesi di intervento e quindi ci sono
delle scelte da fare. Una delle quali è il tempo». Una cosa è certa:
«parte del patrimonio da dismettere è della Difesa i cui immobili
sono certamente da valorizzre e rivendere. Parte, invece, è del
Demanio ed è occupata da amministrazioni dello Stato». Armosino
sottolinea poi che «i principi ispiratori verso cui il Tesoro pensa
di muoversi» sono alienazioni di immobili; nuova politica degli
affitti nei confronti degli enti locali che non pagano l'affitto
o sono favoriti da canoni molto bassi, a dispetto di spazi a disposizione
più ampi del necessario; permuta di immobili con gli enti locali.
Quanto ai probabili incassi Armosino osserva che «non sono ancora
stati quantificati». «Avremo idee più chiare alla fine della prossima
settimana. Con Fip - ricorda il sottosegretario - ci siamo riservati
di dismettere il 20% degli immobili occupati sulla base di uno studio
secondo il quale risulta che la Pubblica amministrazione ha come
minimo il 30% di superifici superiore a quelle necessarie con tutte
le ripercussioni in termini di più elevati costi dell'affitto, del
riscaladamento, dell'illuminazuione e tutto il resto».
Domenica 8 Gennaio 2006 Il Messaggero
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Cartolarizzazioni
Inps decisive |
7
gennaio 2006 |
"L'incasso
dalla dismissione o alienazione di immobili del patrimonio immobiliare
dello Stato è stato conferito al fondo di ammortamento del debito
pubblico (art.1 comma 5 Legge Finanziaria 2006). Il fondo di ammortamento
finora è servito ad abbattere il debito attraverso operazioni di
rimborso alla scadenza o riacquisto prima della scadenza di titoli
di Stato utilizzando i soli proventi delle privatizzazioni Potenziamento
dell'attività dell'Agenzia del Demanio nel contesto delle operazioni
di valorizzazione, razionalizzazione e alienazione del patrimonio
immobiliare pubblico (art. 479 Legge Finanziaria 2006). Le permute
spiccano tra gli strumenti di punta del futuro per velocizzare la
vendita del patrimonio immobiliare alienabile degli enti locali
Alienazione degli immobili militari (art. 482 Legge Finanziaria
2006) Estensione di tre anni (dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre
2008) del periodo durante il quale è possibile cartolarizzare i
crediti insoluti dell'Inps (art.42-quinquies della Legge 2 dicembre
2005 n.248) fatta eccezione dei crediti contributivi agricoli (art.42-sexies)
Superholding taglia-debito (un progetto per la realizzazione di
una o più holding poste al di fuori del perimetro della pubblica
amministrazione e dedicate alla cartolarizzazione di crediti finanziari
dello Stato, alienazione di immobili pubblici o privatizzazione
di partecipazioni azionarie possedute dallo Stato sarà messo a punto
dal ministero dell'Economia entro il prossimo aprile)
Isabella
Bufacchi 07-01-2006 IL SOLE 24 ORE
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Patrimonio
uno al via |
31
dicembre 2005 |
"Operazione
fondo immobiliare pubblico al via. Con tre distinti decreti ministeriali
è infatti stata disciplinata nei minimi dettagli l'operazione volta
a conferire a un fondo comune di investimento una parte degli immobili
a uso non residenziale di proprietà dello stato e di altri enti
pubblici non territoriali. Il sistema messo a punto dal governo
prevede che gli immobili pubblici trasferiti al cosiddetto Fondo
immobiliare patrimonio uno siano assegnati da quest'ultimo in locazione
all'Agenzia del demanio, che, a propria volta, provvederà a assegnarli
in uso ai soggetti pubblici che li utilizzavano prima del trasferimento.
Il fondo, a sua volta, emetterà una serie di quote in favore del
ministero dell'economia a fronte del pagamento del corrispettivo
dovuto per il trasferimento degli immobili. Questo il contenuto
di tre diversi decreti adottati lo scorso 23 dicembre rispettivamente
dal ministero dell'economia e delle finanze (decreto operazione),
da quest'ultimo di concerto con il ministero per i beni culturali
(decreto di apporto) e da questi di concerto con il ministero del
lavoro (decreto di trasferimento). I provvedimenti sono stati pubblicati
sulla G. U. n. 302 del 29 dicembre. Il Fondo immobiliare patrimonio
uno Il ministero dell'economia ha deciso di conferire gli immobili
pubblici non residenziali al Fondo immobiliare patrimonio uno, gestito
dalla Bnl fondi immobiliari sgr. Con i decreti del 23 dicembre scorso
sono stati individuati gli immobili da conferire al Fondo e con
la pubblicazione in G.U. dei decreti in questione, gli immobili
pubblici individuati si intendono immediatamente trasferiti al Fondo,
che ne assumerà la formale detenzione giuridica e il possesso materiale
a partire dalla regolamentazione del collocamento delle quote che
il Fondo stesso è tenuto a emettere nei confronti del ministero
dell'economia a fronte del pagamento del corrispettivo derivante
dal trasferimento degli immobili, sulla base del valore degli stessi.
Il ruolo dell'Agenzia del demanio L'Agenzia del demanio è chiamata
a stipulare appositi contratti di locazione con il Fondo patrimonio
uno e a pagare il relativo canone. L'Agenzia è poi tenuta a concedere
in uso ciascun immobile al soggetto pubblico che lo gestiva prima
del trasferimento, sulla base dei canoni e delle condizioni indicate
nei decreti. La durata dei contratti di locazione stipulati tra
il Fondo e l'Agenzia è di nove anni, rinnovabili per un pari periodo
di tempo, salvo disdetta. Gli immobili devono quindi essere utilizzati
dagli enti pubblici conformemente all'uso al quale erano destinati
in precedenza, con particolare riferimento alle materie igienica,
sanitaria, di sicurezza, edilizia e urbanistica. Qualsiasi mutamento
d'uso dovrà essere preventivamente autorizzato dal Fondo. La durata
dell'assegnazione in uso è pari a quella prevista dal contratto
di locazione tra l'Agenzia e il Fondo, ma gli enti pubblici assegnatari
potranno recedere anticipatamente. Le regioni e gli altri enti pubblici
territoriali sul cui territorio si trovano gli immobili conferiti
al Fondo potranno deliberare l'acquisto di uno o più di essi per
destinarli alle proprie finalità istituzionali" Gianfranco Di Rago
ItaliaOggi
- Edilizia e Territorio 31/12/2005
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Immobili
stato: Demanio, cessioni per 1 mld |
30
dicembre 2005 |
"Due
operazioni per la cessione di immobili per un valore complessivo
di circa 1 miliardo di euro sono state realizzate ieri attraverso
l'Agenzia del demanio. È quanto conferma la stessa agenzia spiegando
che con la prima operazione prevede la cessione di 22 immobili
a Fintecna. Trovano così collocazione sul mercato gli immobili
di Roma, Milano, Torino, Macerata, Asti e altri comuni, ´le cui
amministrazioni hanno collaborato con l'Agenzia del demanio consentendo
nuove funzioni urbane, di grande impatto sul territorio, per immobili
sottoutilizzati o già dismessi dallo stato'. In particolare, vengono
venduti a Fintecna immobili come:
La Zecca di piazza Verdi e l'Istituto geologico a Roma
Il
palazzo Principe Amedeo di Milano
Il
palazzo del Lavoro di Torino e quello ex Poste di Trieste
L'atto
Demanio-Fintenca ha previsto anche l'alienazione di alcune aree
già edificabili e in posizioni strategiche localizzate in vari
comuni tra cui Roma, Milano, Asti, Macerata ecc. La seconda operazione
riguarda il varo di un nuovo fondo immobiliare, derivato dal cosiddetto
Fondo patrimonio 1, con caratteristiche simili al Fondo immobili
pubblici, di cui conduttore unico degli immobili utilizzati da
soggetti pubblici sarà, ancora una volta, l'Agenzia del demanio.
ItaliaOggi
- Edilizia e Territorio 30/12/2005
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Demanio:
due nuove vendite per un miliardo |
30
dicembre 2005 |
"Lo
Stato ha definito ieri due operazioni di vendita di immobili,
una diretta, l'altra tramite un fondo, per un importo complessivo
che sfiora un miliardo — a riduzione del deficit/pil — con protagonisti
agenzia del Demanio, Fintecna e i tecnici del ministero dell'Economia.
La prima operazione ha riguardato la vendita a trattativa privata
a Fintecna (posseduta al 100% dal Tesoro ma posta fuori dal perimetro
della pubblica amministrazione) di un pacchetto di 22 immobili
e alcuni terreni edifìcabilì per poco meno di 400 milioni. «Gli
immobili oggetto dì questa dismissione sono stati immessi sul
mercato e venduti a prezzi di mercato dopo essere stati valorizzali»,
ha precisato ieri Elisabetta Spitz, direttore dell'agenzia del
Demanio. «Sono tutti alienabili, con il parere dei Beni culturali,
e hanno tutti una destinazione d'uso privatistica», ha aggiunto.
Questo stesso metodo, prima la valorizzazione poi l’alienazione,
verrà utilizzalo dal Demanio in futuro per portare avanti il massiccio
programma di dismissione e razionalizzazione del patrimonio immobiliare
pubblico. Sempre ieri è stato vaiato un nuovo fondo immobiliare
pubblico, che dovrebbe chiamarsi Patrimonio Uno perché imbastito
da Pspa — ma realizzato nei dettagli dai tecnici del Tesoro e
del Demanio che sono riusciti così a ridurre le commissioni -
con caratteristiche simili al Fip: anche in questo caso il conduttore
unico degli immobili utilizzati sarà l’agenzia del Demanio. Tre
atti fondamentali per il via libera a questo fondo sono stati
già sottoscritti: il decreto operazione, il decreto apporto e
il decreto trasferimento. Il lancio del fondo entro fine anno
fa entrare nelle casse dello Stato 570 milioni di euro: la cifra
è stata anticipata ieri dalle banche ai ranger (Bnl, Banca Intesa
e Morgan Stanley) che hanno finanziato la parte debito e sottoscritto
a fermo le quote-equity. Il fondo è composto per il 60% da immobili
con sak&rent back (come il Fip) e per il rimanente 40% da immobili
commerciali, Parte dell'incasso, 50 milioni di euro, spetterà
a Coni servizi che ha contribuito con i suoi immobili. I.B. demanio."
"A Fintecna un pacchetto di 22 edifici - Lanciato «PatrimonioUno»"
Isabella Buffacchi 30/12/2005, Il Sole 24 Ore
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Ceduti
23 immobili a Fintecna per 400 milioni |
29
dicembre 2005 |
"Per
i conti pubblici 2005 sono giunte ieri due buone notizie in chiusura
d'anno: il rimborso anticipato di titoli di Stato per 3 miliardi
di euro circa, impiegando il Conto disponibilità per ridurre il
debito/Pil, e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei decreti
che autorizzano due operazioni di cessione di immobili pubblici
per quasi un miliardo, al fine di migliorare il deficit/Pil, sostituendo
la mancata vendita di 240 caserme della Difesa prevista nella
Finanziaria di quest'anno che avrebbe dovuto fruttare fino a 1,3
miliardi (vedere il Sole-24 Ore di ieri). Tenuto conto che l'ultimo
giorno del 2005 utile allo Stato per incassare è un pre-festivo
(venerdì 30 dicembre) e che la prudenza ha consigliato di evitare
il sovraffollamento di fine anno nel sistema dei pagamenti Target,
la giornata di ieri è trascorsa con il tradizionale via-vai dei
tecnici di Via XX Settembre per mettere a punto gli ultimi complessi
dettagli delle operazioni in chiusura registrate dai tipografi
della Gazzetta ufficiale. Inevitabile qualche coda: le firme di
alcuni contratti di cessione degli immobili tra Fintecna e Agenzia
del demanio è prevista questa mattina. Cala lo stock del debito.
Per centrare l'obiettivo del debito/Pil, che quest'anno dovrebbe
salire al 108,2% contro il 106,6% del 2004, il Tesoro ha messo
a segno in chiusura d'anno una serie di operazioni di riduzione
dello stock del debito. L'ultima, per l'appunto, è la catena di
buy-back chiusi il 22, 23, 27 e 28 dicembre per complessivi 2,958
miliardi di euro e resa nota ieri. Per questo riacquisto, via
XX Settembre ha dovuto attingere alle eccedenze del Conto di disponibilità,
una prassi tra l'altro consolidata, anche perché il fondo di ammortamento
per la riduzione dei titoli di Stato è stato pressoché prosciugato
lo scorso 15 dicembre per un maxi-rimborso a scadenza di BTp per
4,773 miliardi.
Tra
le operazioni che hanno contribuito a ridurre lo stock del debito
pubblico a dicembre va ricordata la cartolarizzazione Inps6 da
cinque miliardi di euro. Il Tesoro, inoltre, ha fatto sapere in
ottobre di aver utilizzato il fondo di ammortamento per tre miliardi
di euro, mentre in novembre l'uso delle eccedenze del Conto di
disponibilità ha consentito il riacquisto di titoli di Stato per
726 milioni. Le ultime tantum salva-deficit. Il 2005 è l'ultimo
anno per l'Italia contrassegnato con il disco verde dell'Ue che
consente il ricorso alle una tantum per ridurre il deficit/Pil:
il Governo italiano, infatti, si è impegnato con Bruxelles a tagliare
le misure straordinarie sul deficit del 30% l'anno nel triennio
2003-2005. E di non farne più a partire dal 2006. La cessione
di immobili pubblici ha dunque potuto tener banco in questa chiusura
d'anno per l'ultima volta con obiettivo deficit. Così ieri Mef,
Agenzia del demanio, Fintecna e le banche Bnl, Banca Intesa e
Morgan Stanley arranger del fondo PatrimonioUno hanno finalizzato
gli ultimi dettagli di due operazioni di dismissioni di proprietà
immobili pubbliche per un totale che non arriva ai mille milioni
di euro. Fintecna acquisterà 23 immobili dall'Agenzia del demanio
per una cifra che dovrebbe aggirarsi attorno ai 400 milioni di
euro (vedere il Sole 24 Ore del 21 dicembre). E gli arranger del
fondo sottoscriveranno a fermo e con sconto le quote di PatrimonioUno,
finanziando con un prestito la rimanente parte di debito e staccando
un assegno per lo Stato per meno di 800 milioni di euro. Questo
incasso per lo Stato con vendite di immobili non deve essere frainteso
con una vera e propria correzione dei conti pubblici, né tantomeno
con una "manovrina extra": piuttosto il Mef ha dovuto sostituire,
sia pur con un certo affanno, la mancata realizzazione della vendita
di 240 caserme della Difesa inclusa nella Finanziaria 2005, per
la quale era previsto il coinvolgimento della Cassa depositi e
prestiti. La Cdp, in realtà, è pronta da tempo: ha istituito lo
scorso maggio la Dgsps (Direzione gestione e supporto politiche
di sviluppo) con il compito di realizzare le iniziative di finanziamento
a sostegno delle politiche di sviluppo demandate alla Cassa dal
legislatore. Questa nuova direzione gestisce anche i fondi per
la dismissione immobili della Difesa: si occuperà della concessione
di anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili in
uso alla Difesa da dismettere per mezzo del Demanio per un importo
tra 954 e 1.357 milioni così come stabilito dalla Finanziaria
2005. La vendita delle 240 caserme relativamente a questa cessione
non è stata fatta perché gli immobili non sono stati "valorizzati"
per tempo: secondo fonti bene informate, molte caserme in vendita
si sono rivelate addirittura non accatastate. Dunque invendibili.
Il 2005 si chiude senza il lancio della terza cartolarizzazione
su cessione di immobili, Scip3, programmata dal Tesoro per velocizzare
la vendita delle unità residenziali della Difesa agli inquilini.
Resta da vedere se questa securitization riuscirà a vedere la
luce l'anno prossimo. Nel 2006 l'attività di alienazione, razionalizzazione
e valorizzazione immobiliare dello Stato non si arresterà comunque
perché l'ultima Finanziaria ha stabilito che gli incassi provenienti
dalla cessione di immobili pubblici confluiranno nel fondo di
ammortamento per i titoli di Stato per ridurre il debito/Pil."
Isabella
Bufacchi Il Sole 24 Ore 29-12-2005 IL SOLE 24 ORE
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Vendite immobiliari per fermare il disavanzo |
29
dicembre 2005 |
"L'operazione
riguarderà anche l’invenduto delle Scip e sedi non strumentali
di alcuni ministeri Fintecna e il nuovo fondo Patrimonio 1 verseranno
un miliardo al Tesoro Scatta l’ultima manovrina del 2005. Ieri
il consiglio d’amministrazione di Fintecna ha approvato l’acquisizione
di uno stock di immobili individuati dal Demanio che porteranno
sui bilanci pubblici un attivo di 400 milioni. Contemporaneamente
è in partenza il fondo immobiliare «Patrimonio 1» (varato con
la finanziaria 2005) che acquisterà altri beni per un valore di
circa 600 milioni. Complessivamente, quindi, si metterà in cassa
un miliardo di euro per consentire all’Italia di centrare il target
di deficit concordato con l’Europa: il 4,3%. Quel miliardo non
è altro che la cifra che Giulio Tremonti decise di lasciare nel
tendenziale 2006 dei 6 miliardi di cessioni immobiliari «nascoste»
e rilevate dalla Commissione europea. Gli altri 5 miliardi sono
stati reperiti attraverso una nuova manovra inserita poi nel decreto
collegato e nella finanziaria 2006. Il fatto è che, almeno per
il caso di Fintecna, si ripronone la solita partita di giro (già
utilizzata altre due volte) dello Stato che vende a se stesso.
È un’operazione contabile che lascia pesanti incognite sul livello
effettivo del deficit. I 22 immobili che saranno ceduti alla società
pubblica fanno parte dell’invenduto delle altre operazioni immobiliari
avviate in questi anni proprio da Tremonti. In altre parole, delle
ormai famose Scip 2 e 3 che ancora si ritrovano a metà del guado.
Si tratta di immobili tutti alienabiuli, quindi, con destinazione
privatistica. Fintecna aveva già acquisito con il decreto di Natale
del 2002 le strutture delle manifatture Tabacchi, le torri dell’Eur
ed altre strutture per un valore pari a 500 milioni. Sempre la
società controllata al 100% dal Tesoro (ma collocata fuori dalla
pubblica amministrazione grazie alla sua attività completamente
market) acquisì un altro gruppo di edifici un anno più tardi per
un valore di 300 milioni. Con l’operazione di questi giorni (tutti
i passaggi dovranno concludersi entro il 31 dicembre) si arriva
quindi a un miliardo e 200 milioni passati di mano da Fintecna
allo Stato. Quanto a Patrimonio 1, il fondo sarà collocato esclusivamente
presso investitori istituzionali. Nel fondo confluiranno immobili
vanduti dallo Stato per poi essere riaffittati, seguendo il modello
già utilizzato per molti uffici e sedi strumentali di alcuni enti
previdenziali. In quest’ultimo caso vengono ceduti a patrimonio
1 immobili dei ministeri dell’Interno e dell’Economia, dell’Agenzia
delle Entrate. Circa il 40% del portafoglio del fondo, però, sarà
costituita da edifici ad uso non strumentale: unità commerciali
degli enti previdenziali (sempre Inps, Inail e Inpdap) e Coni
servizi. Il valore complessivo dovrebbe arrivare a 800 milioni
di euro, per un valore netto di 600milioni. Ancora nulla di fatto,
invece, per la cessione delle caserme prevista dalla finanziaria
2005 che cvrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato 1,3 miliardi
di euro. L’operazione è stata rinviata tutta al 2006. La Finanziaria
Tremonti prevedeva in origine cessioni immobiliari per 3 miliardi
da destinare all’agenda di Lisbona. Dopo un confronto con l’Ue,
però, si è deciso di destinare tutti gli incassi da immobili alla
riduzione del debito pubblico. "
Bianca
Di Giovanni / Roma 29/12/2005, L'Unità
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Sarà
taglia-debito la cessione di immobili |
13
dicembre 2005 |
"A
partire dall'anno prossimo, i proventi derivanti
dalla dismissione o alienazione del patrimonio immobiliare dello
Stato saranno destinati alla riduzione del debito pubblico. La
norma, contenuta nel maxi-emendamento in via di approvazione per
la Finanziaria 2006, è un vero e proprio spartiacque per la gestione
dei conti pubblici in quanto le regole contabili adottate a livello
comunitario, e riconosciute da Eurostat, considerano la cessione
di immobili come mezzo per contenere il deficit. All'alienazione
del patrimonio immobiliare pubblico, il maxi-emendamento riserva
in effetti ampi spazi: anche se alcune delle principali misure
contenute nel provvedimento, riguardanti la dismissione degli
immobili del ministero della Difesa e la vendita delle case popolari
ex-Iacp (quest'ultima salvo ripensamenti notturni della maggioranza)
non dovrebbero ridurre il debito pubblico, ma piuttosto rimpinguare
le casse della Difesa e degli enti territoriali. Immobili e debito.
L'Italia ha promesso ai suoi partner europei che dall'anno prossimo
non utilizzerà più misure una tantum e operazioni straordinarie
per ridurre il deficit/Pil. Anche per questo motivo, oltre al
fatto che il rapporto debito/Pil ha ripreso a salire quest'anno
e minaccia di farlo anche l'anno prossimo, l'incasso proveniente
dalla dismissione degli immobili dal 2006 verrà incanalato nel
fondo di ammortamento per riacquistare prima della scadenza o
rimborsare a scadenza i titoli di Stato per diminuire lo stock
del debito. L'articolo 395 favorisce poi la dismissione di immobili
non adibiti a uso abitativo attribuiti in forza di legge a enti
privati o fondazioni, se non più utili alle esigenze istituzionali.
Il patrimonio della Difesa. Il maxi-emendamento dedica un capitolo
piuttosto corposo alle procedure di dismissione degli immobili
della Difesa. Il testo fa riferimento in maniera generica ai "beni"
di questo ministero ma, secondo fonti bene informate, non riguarderebbe
le unità residenziali, le case da mettere in vendita agli inquilini.
La partita degli alloggi della Difesa resta aperta: la terza cartolarizzazione
Scip3 con la vendita delle case, in stallo da almeno due anni,
potrebbe concretizzarsi nel 2006 e questa volta con l'obiettivo
di ridurre il debito. Il maxi-emendamento si occupa di altro:
una sorta di project-financing voluto dalla Difesa, per reperire
nuovi alloggi con i proventi della gestione immobiliare. L'articolo
482, al punto a), stabilisce per l'appunto che per le alienazioni,
le permute, le valorizzazioni e gestioni dei beni la Difesa può
avvalersi del supporto tecnico-operativo di società. Altri beni
contenuti nella norma dovrebbero riguardare il lotto caserme:
resta da chiarire se si tratta delle vecchie caserme, in vendita
già quest'anno ma a tutt'oggi al palo. O nuove caserme, con l'ok
dei Beni culturali. L'incasso da queste dismissioni servirà alla
Difesa, per finanziare servizi e investimenti fissi lordi e integrare
i trasferimenti dello Stato. Case popolari in vendita. Il progetto
avanzato dal consigliere economico di Palazzo Chigi Renato Brunetta,
che accelera la vendita agli inquilini a prezzi molto bassi (ma
in proporzione al canone e non più al valore catastale) delle
case popolari ex-Iacp, è entrato e uscito dal maxi-emendamento
nel corso della giornata di ieri: in serata risultava come essere
stato adottato definitivamente. L'articolo 450 stabilisce che
i proventi di queste alienazioni, tramite nuovo iter semplificato,
siano destinati alla realizzazione di alloggi, al contenimento
degli oneri dei mutui per la prima casa di giovani coppie, a promuovere
il recupero sociale dei quartieri degradati e per il sostegno
di famiglie in stato di bisogno.
ISABELLA
BUFACCHI 14/12/2005 IL SOLE 24 ORE
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Lo
Stato cede Rocca ed ex carcere militare |
9
dicembre 2005 |
"Peschiera.
Ben 28mila metri quadrati di area coperta
e 50mila a verde: sono i
due complessi delle caserme XXX Maggio (ex carcere militare) e
della Rocca, situate nel centro storico ed
entrate nell’elenco dei beni messi in vendita dal Demanio. A questi
spazi, si aggiungono gli oltre cinquemila metri quadrati di coperto
e i circa 110mila di verde di pertinenza di Forte Ardietti, che
si presenta ancora oggi così come era stato pensato nella metà
dell’800 e che è ugualmente finito nella lista delle dismissioni.
«Sempre in centro storico c’è tutta la zona di Borgo Secolo: parlare,
dunque, di Peschiera in vendita non è un riferimento solo alla
qualità del patrimonio storico architettonico che si vuole alienare,
ma anche al suo valore quantitativo», commenta Oscar Cofani, architetto
che con il suo collega Lino Vittorio Bozzetto ha tenuto una conferenza
intitolata appunto «Peschiera in vendita». Vendita nonostante
dal 2001 tutto il centro storico, anzi l’intera piazzaforte, sia
protetta da decreto di vincolo monumentale, ripreso due anni più
tardi, nel 2003, dalla Soprintendenza regionale in occasione del
tentativo di dismissione della Palazzina storica. La conferenza
degli architetti Cofani e Bozzetto è stata ospitata nella Sala
Paolo VI della parrocchia di San Martino perché, hanno detto i
relatori, «il Comune non ha concesso altri spazi». Non c’era alcun
esponente dell’amministrazione; unico presente, tra i consiglieri
comunali, Bruno Dalla Pellegrina. I due tecnici, animatori del
centro di documentazione storica sulla fortezza di Peschiera,
hanno descritto il patrimonio urbanistico arilicense oggetto della
vendita e hanno presentato interrogativi sulle procedure con cui
lo Stato persegue la sua politica di vendita. «L’area occupata
dalle caserme, in tutto 28mila metri quadrati, è praticamente
uguale a quella dell’intero nucleo centrale del paese, 30mila.
Innegabile il valore storico dei due compendi, che interessano
direttamente i bastioni della fortezza. In particolare la Rocca
Scaligera», ha ricordato Cofani, «che ha ospitato anche Dante
Alighieri e contiene i resti di una torre di presumibile epoca
romana così come altre strutture di assoluto pregio: basti pensare
alla ghiacciaia a forma di uovo di 6, 7 metri di diametro». Bozzetto
ha sottolineato alcuni passaggi procedurali per arrivare a vendere
beni anche quando, come nel caso di Peschiera, sono vincolati.
«Le stranezze», ha detto Bozzetto, «sono molte, tecniche e di
scelta. La motivazione per cui
si decide di vendere certe strutture è, infatti, “renderle produttive”.
Secondo alcune statistiche, le autostrade pagano con gli incassi
di due giorni i canoni di affitto dell’intero anno. Nonostante
questo, nessuno lamenta la loro scarsa produttività, come avviene
invece con i beni del Demanio», ha evidenziato Bozzetto.
«E poi vi sono le procedure, attuate per rendere difficile la
verifica dei vincoli, quindi dell’inalienabilità, da parte delle
Soprintendenze. Queste istituzioni si ritrovano con tempi sempre
più stretti per poter rispondere e un’ormai cronica, e direi anche
voluta, carenza di personale che non può che facilitare l’attuazione
di quel silenzio-assenso che si traduce in una via libera alle
vendite». Il quadro è «reso
ancora più confuso da norme pubblicate all’interno di decreti
che hanno oggetti diversi: l’articolo 3 di un decreto legge dell’ottobre
2005 sugli aeroporti», ha detto Bozzetto, «contiene informazioni
sulla dismissione di beni immobili: in 30 righe vi sono 18 rinvii
ad altre leggi che, a loro volta, rimandano ad altre norme. Un
modo per toccare l’operatività dei controlli da attuare per i
pareri sulle inalienabilità». «Sorprende», ha proseguito Bozzetto,
«che tutte queste manovre siano condotte con atti di imperio
dai ministeri senza che siano presi in considerazione i Comuni
in quanto rappresentanti della comunità. Il nostro augurio»,
ha concluso Bozzetto, «è che la nostra amministrazione sappia
cogliere questo momento nel migliore dei modi». Ha aggiunto
Cofani: «Proviamo a pensare insieme a cosa si potrebbe fare perché
è chiaro a tutti che le leggi non aiutano le piccole realtà locali.
I Comuni non hanno fondi per acquisire o gestire da soli i beni.
In mancanza di risorse provenienti anche dall’estero, basti pensare
al finanziamento europeo per il recupero della Cacciatori, si
rende indispensabile la partecipazione di capitali privati. Ma
anche in questo caso, l’ente pubblico dovrebbe mantenere un ruolo
preminente: di controllo e di diritto di vigilanza sulla struttura
e la sua futura destinazione, e di coordinamento tra i vari attori
degli interventi. Pensiamo che Peschiera meriti questo tentativo,
e che l’amministrazione comunale possa sentirsi appoggiata dalla
cittadinanza nel caso decida di intraprendere questo tipo di percorso».
Giuditta
Bolognesi Venerdì 9 Dicembre 2005 ARENA
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Patrimonio
Uno sotto tiro |
7
dicembre 2005 |
"I
presidenti
di Inps, Inail e Inpdap contro il fondo allo studio dell'Economia.
Nuova alzata di scudi di Inps, Inail e Inpdap contro l'ultimo
ritrovato, da parte del Tesoro, per la la politica di dismissioni
degli immobili pubblici.
I
presidenti dei tre enti previdenziali, rispettivamente
Marco Staderini, Vincenzo Mungari e Gian Paolo Sassi, hanno inviato
nei giorni scorsi una lettera al direttore generale del Tesoro
Vittorio Grilli per "notificare" il proprio «rispettoso e fermo
dissenso al dichiarato proposito di costituire un fondo, denominato
Patrimonio Uno, per ulteriori trasferimenti coattivi di immobili
a uso non residenziale». Dopo quelli già realizzati lo scorso
anno «che suscitarono forti e diffuse reazioni» da parte dei vertici,
del personale e dei sindacati, confederali e di base. I toni della
missiva sono tanto rispettosi quanto minacciosi. I presidenti
dei tre enti ricordano come i Consigli di amministrazione abbiano
deciso di astenersi dall'intraprendere iniziative giudiziarie
in seguito alle accese proteste suscitate dalle «cessioni coattive
al Fip». «Ci permettiamo consigliare l'astensione da provvedimenti
che avrebbero per effetto di ricreare nei tre enti una situazione
di estrema tensione — ammonisce la lettera — che rischierebbe
di portare a una paralisi prolungata l'attività degli enti medesimi"
II fondo Patrimonio Uno, il primo strumento immobiliare a firma
di Patrimonio dello Stato spa, finisce cosi nuovamente al centro
delle polemiche. Il suo lancio, inizialmente previsto per il 2004,
è stato rinviato al 2005 ma non è ancora chiaro se le sue quote
verranno vendute agli investitori (istituzionali di sicuro, privati
forse) entro fine anno. La gestazione di Patrimonio Uno è stata
finora sofferta, puntellata, da molti "se" e tanti "ma". Anche
se va detto che, nel caso in cui il ministero dell' Economia dovesse
aver bisogno di 800 milioni di euro extra per far quadrare i conti
entro la fine dell'anno, il fondo vedrà la luce alla svelta. Per
Patrimonio Uno, la strada finora è stata comunque tutta in salita.
Pspa e Tesoro hanno incontrato non poche difficoltà nel formare
un portafoglio omogeneo e di grandezza adeguata di immobili pubblici
da dismettere- nella lista dei "venditori", oltre agli enti previdenziali,
si è parlato di agenzia del Demanio, Fmtecna, Fs, Coni servizi
e agenzia delle Entrate. E la partecipazione di Inps, Inail e
Inpdap, come dimostra la lettera, non deve essere data per scontata.
Anche sulle modalità di collocamento delle quote di questo fondo,
il percorso non è stato affatto lineare; in un primo momento Patrimonio
Uno avrebbe dovuto presentarsi come uno strumento d'investimento
per gli investitori istituzionali e per i privati, riservando
una quota delle vendite al dettaglio. Questa struttura sarebbe
stata in un secondo momento bocciata dal ministero del Tesoro,
quando Domenico Siniscalco sedeva ancora sulla poltrona di ministro.
Dunque, le sorti di Patrimonio UDO sono a tutt'oggi incerte: secondo
fonti bene informate, il fondo è pronto per decollare in qualsiasi
momento. Ma restano le incognite: quale sarà il ruolo degli enti
previdenziali che minacciano di dar battaglia? Fino a che punto
il Tesoro ha bisogno di questi 800 milioni di euro entro il 31
dicembre 2005"
BUFACCHI
ISABELLA SOLE 24 ORE 07/12/2005
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Superholding
contro il debito |
2
dicembre 2005 |
Una
superholding posta al di fuori dal perimetro della pubblica amministrazione,
da 400 o addirittura 500 miliardi di euro, contenente immobili,
crediti, concessioni e partecipazioni azionarie dell'amministrazione
centrale e non solo, che possa collocare le sue azioni al grande
pubblico e che sia in grado di emettere titoli di debito per far
cassa. Un'operazione che, per la sua portata storica, potrà però
essere costruita solamente contando su un ampio consenso politico
e solidi accordi bipartisan, sul sostegno trasversale del Parlamento
e, non da ultimo, sul coinvolgimento obbligatorio dei 100-200
miliardi di euro di patrimonio mobiliare e immobiliare degli enti
locali. È questo il mix di concertazione politica e ingegneria
finanziaria che dovrebbe consentire all'Italia di ridurre il debito/Pil
del 25-30%, riportare questo rapporto (nel 2004 al 106,6% e quest'anno
prevedibilmente al 108,2%) attorno a quota 70-80% e risolvere
con una sforbiciata epocale il problema numero uno della finanza
pubblica, liberando risorse per il rilancio della crescita economica.
Su questi duplici obiettivi, di scelte politiche e tecnicalità
finanziarie, convergono oramai gli ultimi orientamenti della task
force del ministero dell'Economia, coadiuvata da un nugolo di
investment bank italiane ed estere, che proprio in questi giorni
è alle prese con l'elaborazione del piano di fattibilità per la
creazione di una maxi-Spa taglia-debito fuori della pubblica amministrazione.
L'ipotesi valutata inizialmente dal Mef (ministero del'Economia
e delle finanze) di una Superholding da 150-200 miliardi di euro,
concentrata sul trasferimento di asset posseduti unicamente dell'amministrazione
centrale, sarebbe stata surclassata da un progetto più ambizioso
che punterebbe a dimensioni ben più elevate: una spa tra i 300
e i 500 miliardi di euro. Il raddoppio della portata dell'operazione
permette infatti di intervenire sul debito/Pil in maniera decisiva
e risolutiva. I tempi però stringono. Entro la fine dell'anno
il ministro dell'Economia Giulio Tremonti sarà chiamato a scegliere
quale strada imboccare: perseguire il percorso dei piccoli passi,
della micro-riduzione del debito/Pil con privatizzazioni da 10-15
miliardi di euro l'anno e un ritorno a un buon avanzo primario
(sia pur in un contesto di bassa crescita) oppure dare un taglio
netto al problema con una superholding ispirata alla provocatoria
proposta avanzata dal professor Giuseppe Guarino sulle pagine
di questo giornale (si veda «II Sole-24 Ore» del 24 maggio 2005).
I tempi sono stretti perché il debito/Pil rischia di salire nel
2006, per il secondo anno consecutivo, se le buie previsioni dell'Ocse
dovessero concretizzarsi. Un segnale pericoloso per i mercati
e le agenzie di rating che finora hanno concesso all'Italia il
benefìcio del dubbio di un debito/Pil che lieviterà solo quest'anno
per poi riprendere la tendenza virtuosa del ribasso già dall'anno
prossimo. Una soluzione per arrestare l'ascesa del debito/Pil,
caldeggiata dalle banche d'investimento più conservatrici, punta
in realtà sulla mera dismissione delle rimanenti quote azionarie
di Eni ed Enel in mano al Tesoro. Dopo la chiusura del ciclo di
queste due privatizzazioni, la superholding senza le due galline
dalle uova d'oro però non avrebbe più senso. Ecco perché Tremonti
è incalzato dai giorni che passano in un contesto di campagna
elettorale. Prima di gettare la spugna sul progetto della super-spa,
il Mef intende dnnque vederci chiaro fino in fondo. Intende valutare
nelle prossime due-tre settimane se una superholding da 400 miliardi
di euro è veramente fattibile. Gli asset, stando alle proiezioni
delle investment bank interessate al progetto, non mancano e il
loro valore inespresso è molto elevato: anche se, per far quadrare
il cerchio, bisognerà trovare il modo di coinvolgere il ricco
patrimonio degli enti locali. Gli asset allo studio sono stati
al momento suddivisi in varie categorie: i crediti (fiscali e
non); le partecipazioni azionarie (di società quotate e non, escluse
forse le Fs dalle quali è diffìcile estrarre valore); gli immobili
(per ora risultano esclusi i beni culturali storico-artistici
anche se i 2,2 milioni di "pezzi" immagazzinati possono valere
svariate decine di miliardi di euro); le concessioni. Su un patrimonio
dello Stato da oltre 1.700 miliardi di euro non è poi difficile
individuare una fetta di attivo da 300-500 miliardi. Neppure la
struttura della superholding preoccupa gli addetti ai lavori:
quotata o non quotata in Borsa, con o senza rating. E non impensieriscono
più di tanto Bruxelles oppure Eurostat. Il nodo della questione
appare al momento semmai un altro: il consenso politico, gli accordi
bipartisan, il sostegno trasversale del Parlamento. Una superholding
taglia-debito non si può creare dall'oggi al domani con un decretino-legge
o a colpi di fiducia: servirà un anno di lavoro per allestire
il progetto e occorreranno leggi su leggi, un impianto legislativo
varato a quattro mani."
BUFACCHI ISABELLA: SOLE 24 ORE ECONOMIA E POL. INTERNA , 02 dic
2005
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Il
patrimonio dello Stato per ridurre il debito |
1
dicembre 2005 |
"Toma
a salire il debito pubblico e torna d'attualità l'idea di abbatterlo
utilizzando il patrimonio dello Stato. La suggestione è stata
rilanciata nei giorni scorsi dal ministro dell'Economia Giulio
Tremonti. Si tratterebbe di creare una superholding, fuori dal
perimetro della pubblica amministrazione, alla quale conferire
un po' di tutto -immobìli e foreste, spiagge e caserme, i crediti,
le partecipazioni societarie - attingendo sia al patrimonio dello
Stato centrale sia a quello dei governi locali collocando poi
sul mercato le quote della nuova società e finalizzando il ricavato
all'abbattimento del debito. Gli osservatori più attenti concordano
sul fatto che proprio il debito, tornato a crescere dopo dieci
anni, giunto ormai alla soglia del 110 per cento, sarà il problema
principale della prossima legislatura: destinato, secondo alcuni,
a scalzare dal tavolo le discussioni sul deficit che hanno tenuto
banco negli ultimi anni. Di questo è consapevole anche il centrosinistra.
Rispetto all'ipotesi Tremonti, non c'è entusiasmo: ma, almeno
ufficiosamente, la strada indicata dal ministro, a parte il "niet"
quasi pavloviano di Vincenzo Visco, non viene bocciata a prescindere.
Il problema del debito sarà tale anche per un governo unionista,
soprattutto con la risalita dei tassi d'interesse. Sta di fatto
che in alcuni dei posti chiave per quella che potrebbe essere
l'operazione che caratterizzerà i prossimi cinque anni di governo
- di qualunque colore - siedono personaggi non sgraditi, o stimati
anche a sinistra: da Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro,
al quale spetta il compito di studiare tecnicamente la fattibilità
del progetto, a Elisabetta Spitz, potente direttore del Demanio,
per le cui mani passa il destino di immobili e terreni di proprietà
pubblica, fino allo stesso Massimo Ponzellini, attuale guida di
Patrimonio spa, da sempre legato a Romano Prodi (nonostante qualche
recente ruggine). Tra i decisamente favorevoli all'ipotesi della
superholding stanno, in prima fila, i principali poteri economici
e finanziari del paese, ai quali spetterebbe affiancare il governo
nella realizzazione dell'operazione; sia come investitori istituzionali
(assicurazioni, fondazioni, fondi pensioni, banche italiane ed
estere), che come gestori del collocamento (le banche). Immettere
sul mercato titoli per importi pari a 30 o 40 miliardi di euro
l'anno significa, per le banche, incassare commissioni tra lo
0,6 e il 2 per cento. Un affare niente male, superiore perfino
ai potenziali guadagni che potrebbero realizzare gli immobiliaristi
mediante operazioni di compravendita del patrimonio pubblico.
Per questo, anche se nel merito una parte della comunità finanziaria
guarda all'operazione con sufficienza (c'è un fattore scatole
cinesi che non convince), di sicuro non saranno i poteri forti
ad opporvisi. Tra i decisamente contrari, invece, ci sono gli
enti locali, fermamente intenzionati ad evitare che i propri asset
vengano spostati nella nuova società. In loro difesa è sceso in
campo Roberto Maroni, ribadendo che l'eventuale decisione di alienare
il patrimonio dei governi locali non spetta certo al governo centrale.
Qualcuno osserva che probabilmente, lo sbarramento di Maroni andrebbe
letto anche in chiave di ripicca per la freddezza del collega
Tremonti nei confronti della riforma del Tfr, rinviata al 2008
con disappunto del ministro del Welfare. Nella maggioranza, comunque,
il tema delle superprivatizzazioni tocca altri nervi scoperti,
soprattutto per quanto concerne la cessione di pezzi importanti
del patrimonio demaniale, caserme in testa; in occasione del recente
rimpasto di governo, l'Udc aveva fatto forti pressioni perché
la delega sul demanio passasse dalle mani del sottosegretario
Maria Teresa Armosino, di Forza Italia, a quelle di Michele Vietti,
esponente dello stesso partito di Casini e Follini (il quale è
anche il consorte della signora Spitz). Alla fine, il braccio
di ferro è stato vinto dalla Armosino, che tuttavia deve ogni
giorno combattere la sua battaglia contro l'attivismo della responsabile
del Demanio: desiderosa, si dice, di sempre maggiore autonomia
nella gestione del patrimonio pubblico."
Il Foglio 1/12/2005
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P.
SPA: Elenco degli immobili in asta |
ottobre
2005 |
"Denominazione
Indirizzo Tipologia Località Base d'asta Isolotti lagunari Zona
Pili Terreno Venezia € 4.890.000 Terreno porto mercantile Lungolago
Garibaldi, 11 Terreno Peschiera del Garda (Verona) € 3.360.000 Ex
carcere Via Piangipane, 81 Fabbricato Ferrara € 3.150.000 Centro
ittico Lungomare Caboto Fabbricato Gaeta (Latina) € 4.900.000 Assistenziato
pro liberati dal Carcere Via San Cosma fuori Porta Nolana, 44 Fabbricato
Napoli € 11.540.000 Aree agricole pianeggianti Località Pelaggine
Terreno Bernalda (Matera) € 769.000 Ex deposito munizioni Località
Poggio Pignatelli Fabbricato Campo Calabro (Reggio Calabria) € 3.142.000
http://www.patrimoniodellostato.it/asta9-9/elenco.htm
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Fari
militari come alberghi e ristoranti |
16
ottobre 2005 |
"Lo
Stato batte cassa e cede, seppure in prestito, i suoi gioielli
di famiglia. Molti, soprattutto gli ambientalisti, speravano che
non se ne facesse nulla. Ed invece sta prendendo corpo il progetto
della smobilizzazione dei beni pubblici, in cui rientra la valorizzazione
turistica degli 88 fari costieri italiani, che resteranno sempre
di proprietà della Marina Militare Italiana, ma ceduti in prestito
alle Agenzie del Demanio che dovranno trasformarli in originali
alberghi, ristoranti o approdi nautici. La notizia è apparsa sul
sito di Sviluppo Italia che gestirà l’operazione. Sono 88 i fari
militari in Italia, 9 al Nord, 13 al centro e 66 al Sud. A seconda
della loro ubicazione geografica e logistica, saranno infatti
divisi in 5 categ: fari del benessere (destinati cioè ad alberghi,
e Capo d’orso rientrerà tra questi), fari del gusto, cioè ristoranti,
fari del mare (approdi per imbarcazioni) e fari del viaggiare
(simili agli autogrill). Non dobbiamo gridare allo scandalo perché
i fari come luogo di attrazione turistica sono all’ordine del
giorno in Norvegia, un modo nuovo per scoprire i suoi fiordi,
ed in Slovenia, dislocati soprattutto sulle isolette rocciose.
Destinato al ruolo di faro del benessere, cioè piccolo albergo,
anche il faro di Capo d’Orso, tuttora attivo, giudicato da Sviluppo
Italia uno dei più attraenti d’Italia. Capo d’Orso è aggrappato
alle rocce tra Salerno ed Amalfi, e dai suoi pinnacoli si apre
uno dei panorami più suggestivi al mondo, con Conca dei Marini,
l’isola dei Galli e in fondo i faraglioni di Capri. Un'ottima
idea per rilanciare il turismo italiano ed al Sud, dove finora
nessuno ha idee originali. Ma i timori non mancano. Capo d’Orso
finora è scampato alla speculazione grazie alle servitù militari.
Speriamo non si ripetano i giorni del Fuenti."
(Aldo
Primicerio) 16/10/2005, Economedia
Trasformazione
in hotel per 88 fari; Italia Navigando investe nel progetto.
L'agenzia del Demanio ha lanciato un progetto per la valorizzazione
e la trasformazione di 88 fari che attualmente sono sotto il controllo
della Marina militare ma che non hanno più alcun interesse militare.
A breve sarà pronto il bando che affiderà a privati la gestione
dei fari che potranno essere trasformati in alberghi, ristoranti
e centri ricerca. Gli 88 fari selezionati sono stati suddivisi
in 5 categorie di riqualificazione: benessere, gusto, ricerca,
mare, viaggiare. Nove sono ubicati nel Nord Italia, 13 nel Centro,
66 al Sud (27 in Sicilia e 13 in Sardegna). Non saranno messi
in gara singolarmente ma in lotti. Sviluppo Italia, con Italia
Navigando, sarà impegnato nel progetto 'fari del viaggiare', dati
in concessione per lo sfruttamento economico come piccoli alberghi,
porti turistici, 'autogrill' del mare o centri espositivi"
TTG
Italia, 16/10/2005
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Cartolarizzazioni:
il piano in 4 anni |
5
ottobre 2005 |
"Altro
che "pillole avvelenate" in dotazione alle società privatizzabili.
Il veleno è l'ultima cosa che il Tesoro intende vendere al mercato.
L'introduzione in Finanziaria, «ai fini del completamento del
processo di privatizzazione», di una norma mirata a proteggere
le società di interesse nazionale da scalate ostili, con strumenti
finanziari partecipativi, dovrà consentire al Tesoro di ridurre
all'osso (prevedibilmente il 10%) la sua attuale partecipazione
in Eni, Enel e Finmeccanica. La dismissione delle quote di
azioni ancora in mano allo Stato, anche in settori "strategici",
è destinata infatti a divenire lo strumento principe per ridurre
il debito pubblico nei prossimi anni e rispettare così gli
obiettivi di discesa del debito/Pil nel Dpef 2006-2009, confermati
nella Relazione previsionale e programmatica 2006 e basati su
un intreccio di ipotesi di saldo primario, crescita Pil e dismissioni
di asset per 45 miliardi: di cui la fetta più grossa in privatizzazioni
di società. L'ambizioso, per non dire irrealistico, Dpef 2005-2008
prevedeva di ridurre il debito a colpi di accetta, cedendo asset
pubblici per 100 miliardi di euro al ritmo di 25 miliardi l'anno.
Questa ipotesi di lavoro, elaborata nello scenario più ottimistico
contenuto nel Piano di privatizzazioni 2005-2008 a opera di Patrimonio
dello Stato spa e Kpmg, puntava su massicce cartolarizzazioni
di crediti finanziari (poco meno di 30 miliardi), su corpose dismissioni
immobiliari (38 miliardi compresi quelli degli enti locali), su
privatizzazioni di quote azionarie (fino a 30 miliardi) con protagonista
la Cassa depositi e prestiti. Il nuovo Dpef 2006-2009 ha ridimensionato
questo programma. I 100 miliardi di euro del 2005-2008 sono divenuti
45 nel 2006-2009: o anche 60 miliardi nel periodo 2005-2009 se
si tiene conto di 15 miliardi di quest'anno. Stando a fonti bene
informate, nella nuova impostazione 2006-2009 sono cambiate le
dosi della miscela di securitization di crediti, cessioni di immobili
e dismissioni azionarie. Il pool delle attività finanziarie cartolarizzabili
— i crediti insoluti Inps sono arrivati quest'anno alla sesta
edizione — non è un pozzo senza fine: e non è emersa finora la
volontà del Tesoro di ampliare questo bacino attingendo ai crediti
d'imposta vantati dallo Stato. Il timore di trovarsi a dover raschiare
il fondo del barile ha ridotto le attese di incasso per gli anni
futuri da questo tipo di strumento: ne è la prova il ritardo della
securitization sui crediti per la ricerca e l'innovazione emerso
nell'ultimo dato di fabbisogno. In quanto alla vendita di immobili
mirata alla riduzione del debito, il progetto è stato curato da
vicino dall'ex-mini-stro dell'Economia Domenico Siniscalco. Questo
piano, a tutt'oggi una bozza in un cassetto chiuso a chiave a
doppia mandata, prevedeva una modifica della legge istitutiva
del fondo di ammortamento per i titoli di Stato, al fine di allungare
con la cessione di proprietà immobiliari pubbliche la lista degli
incassi mirati esclusivamente a rimpinguare il fondo per ridurre
il debito. Giulio Tremonti, rientrato alla guida del ministero
di Via XX Settembre, intende innanzitutto usare le dismissioni
immobiliari (vietate a partire dal 2006 su deficit/Pil) come entrata
straordinaria per finanziare fino a 3 miliardi di investimenti
previsti dall'agenda di Lisbona: non è ancora chiaro se il neo-ministro
porterà avanti in parallelo il programma di dismissioni indirizzate
alla riduzione del debito (con l'immancabile disco verde di Eurostat).
Per abbattere lo stock del debito pubblico e raggiungere la soglia
del 100,9% debito/Pil per il 2009, al Tesoro non resta altro che
concentrarsi sul programma delle privatizzazioni. La lista delle
quote azionarie in società pubbliche o quasi-pubbliche ulteriormente
vendibili è lunga. C'è un po' di tutto: dalla Zecca alla Cdp,
dalle Poste alla Rai, da Fincantieri a Snam Rete Gas e Terna,
per finire alle partecipazioni residue in Eni, Enel e Finmeccanica.
L'opzione di vendere le quote strategiche alla Cdp sarebbe tramontata
perché la Cassa deve rispettare i paletti imposti dalle agenzie
di rating e dalle Fondazioni. Per consentire al Tesoro di vendere
al mercato scendendo sotto la soglia del 30% nelle tre società
più strategiche (soprattutto Eni per la quale la golden share
è meno facilmente esercitabile), la Finanziaria prevede una sorta
di "pillola avvelenata" per permettere allo Stato di rientrare
in possesso delle società privatizzate nel caso di minaccia di
scalate veramente ostili. Restano però numerosi punti da chiarire
al mercato. L'articolo 55 fa riferimento alle «società di interesse
nazionale»: quali sono? Viene menzionata una «qualificata» partecipazione
azionaria dello Stato: cosa significa qualificata? 5%, 10%, 15%?
E ancora: questa partecipazione deve essere diretta o può essere
indiretta?"
Isabella Buffacchi Il Sole 24-Ore, 5/10/2005
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Vendono
tutto, anche le spiagge |
4
luglio 2005 |
"Grandi
e intatte spiagge demaniali, cioè di tutti, potranno essere concesse
a privati per mega-strutture turistiche, in soli quattro mesi
e col meccanismo del silenzio/assenso. Basta che passi l’articolo
14 del disegno di legge sulla competitività (turistica, in questo
caso) in discussione da domani alla Camera. Articolo sciagurato,
degno figlio della concessione novantennale (in pratica, una vendita)
degli arenili demaniali, che soltanto l’indignazione di un’opinione
che s’indigna sempre meno ha seppellito o almeno rinviato. A riprova
che, se potesse, questo governo venderebbe il patrimonio pubblico
a fette per la gioia degli immobiliaristi vecchi e nuovi, nella
legge sulla competitività è stata inserita questa norma la quale
autorizza sulle spiagge demaniali libere (le più appetite
dalla speculazione) grandi insediamenti turistici “di qualità”.
Cioè? Insediamenti turistici che occupino perlomeno 250 persone.
Il che vuol dire, come minimo, hotel decisamente importanti o
villaggi turistici. L’opposto di quelle strutture leggere, esterne
alla fascia più propriamente pubblica, rimuovibili adatte al turismo
rispettoso dell’ambiente e del paesaggio che un Paese intelligente
può consentire senza dissipare in cemento la propria bellezza,
patrimonio di tutti. Certo, i costruttori dovranno presentare
uno studio di fattibilità del progetto. Certo, restano ferme
le salvaguardie previste dal Codice Urbani. Queste ultime, peraltro,
notevolmente indebolite rispetto a quelle preesistenti: non c’è
più il potere di bocciatura da parte delle Soprintendenze;
è stato reso soltanto consultivo il loro parere preventivo.
Le Regioni poi vengono invogliate ad essere più arrendevoli:
la loro quota sui canoni di concessione salirà infatti dal 10
al 20 per cento. Importante, perché il disegno di legge affida
alle Regioni la regìa degli accordi di programma in proposito.
Che per di più godranno di una procedura accelerata e semplificata.
Col premio finale di un bel silenzio/
assenso. «Un immenso pasticcio»
il cui vero scopo è quello di aprire ai privati un uso esteso
del bene collettivo rappresentato dalle spiagge demaniali. Così
commenta il Wwf Italia. Tali norme, oltre tutto, rappresentano
una evidente invasione di campo nelle competenze regionali.
Se approvate, premierebbero quelle Regioni, a cominciare dalla
Sicilia, le quali hanno consentito di tutto alle spalle degli
arenili demaniali (e pure su di essi), convalidando in linea di
principio la loro politica dissennata. Mentre punirebbero Regioni
come la Sardegna che, con la Giunta Soru, ha adottato un decreto
salva-coste stabilendo :
a) un vincolo permanente di inedificabilità entro la fascia dei
300 metri dalla battigia ;
b) un vincolo transitorio di inedificabilità, in attesa dei nuovi
piani paesistici, tra i 300 metri e i 2 Km .
Come
dire che dal governo centrale guidato da Silvio Berlusconi (che
sempre immobiliarista nasce) ci si devono aspettare soltanto cattivi
esempi ed incentivi a proseguire nella distruzione del patrimonio
ambientale. La "filosofia" del centrodestra berlusconiano è sempre
più chiara : tutto ciò che è patrimonio pubblico va, nella più
ampia misura possibile, privatizzato. L'interesse generale, collettivo
evapora e viene sostituito da tanti interessi individuali. Il
governo cerca così di "fare cassa", nel disperato tentativo, largamente
fallito, di ridurre le imposte e di turare le falle aperte nel
bilancio dello Stato da una politica rivelatasi disastrosamente
inefficiente oltre che populistica. Una politica che, coi ripetuti
condoni in vari ambiti, ha minato ancor più il debole senso civico
dei cittadini spingendoli all'evasione (fiscale, contributiva,
ecc.) e alle violazione delle norme urbanistiche, in attesa di
nuove sanatorie. Nel settore ampio e strategico dei beni culturali
di proprietà pubblica il governo Berlusconi ha letteralmente ribaltato
un principio-cardine vigente in Italia già negli Stati pre-unitari
(come Granducato di Toscana e Stato Pontificio) : non più tutti
questi beni sono inalienabili salvo eccezioni, ma
tutti divengono alienabili salvo eccezioni.
Tocca stabilirle a Soprintendenze
già sepolte di pratiche e con pochissimi tecnici. Per "fare cassa",
si sono ovviamente semplificate e accelerate le procedure. Di
qui l'uso sempre più ampio delle cartolarizzazioni che, come ha
più volte dimostrato uno specialista, il prof. Giuseppe Pisauro,
erano fino a ieri tipiche di Paesi emergenti (Venezuela, Messico,
ecc.) di dubbia fama finanziaria. Esse dovevano presentare tassi
di interesse più bassi rispetto ai titoli pubblici standard e
invece pagano interessi maggiori. Dovevano servire a mandare a
Bruxelles bilanci presentabili, e invece, nel 2002, Eurostat ha
bocciato proprio le cartolarizzazioni di immobili e del lotto.
Ceduti gli immobili pubblici, con gli inquilini dentro, alle varie
Scip, Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici srl" (col 50
per cento di capitale olandese fra Stichting Thesaurum e Stichting
Palatium), dovevano venire accelerati i processi di dismissione.
Cosa che per lungo tempo non è avvenuta. Certo, il governo centrale
ha spinto alcuni grandi Comuni e talune Regioni ad imitare questo
disinvolto modello. Così la Regione Lazio ha cartolarizzato 39
ospedali pubblici su 41 cedendoli ad una sua società da cui ha
ricavato una certa entrata (un pannicello caldo per il deficit
della Regione, fra le più indebitate), ma alla quale ora deve
continuare a pagare un affitto. Il Tesoro ha insistito in questa
strategia, a danno di Inps, Inail e Inpdap le cui sedi (rispettivamente
43, 22 e 8 immobili) - se il Consiglio di Stato non correggerà,
come si spera, un primo giudizio del Tar del Lazio - verranno
messi all'asta ad un valore sottostimato e a tempi brevissimi.
"Uno splendido assist alla speculazione finanziaria e immobiliare",
l'ha definito Franco Lotito dell'Inps. Lo stesso meccanismo sta
investendo gli immobili della Difesa, abitati per lo più da pensionati
a reddito medio-basso o basso, i quali non potranno certo comprare
quegli alloggi. Intanto sta per partire, dopo Scip 1 e Scip 2,
anche Scip 3, senza tener conto - osserva Pisauro - che "le
cartolarizzazioni non sono semplicemente un'anticipazione di entrate.
Esse hanno un costo e, in un'ottica pluriennale, costituiscono
un onere per la finanza pubblica". Ma intanto, come spiegano bene
Giuseppina Paterniti e Angelo Fodde nel bel libro- inchiesta "Lo
stivale di carta" (Editori Riuniti), "prima si cartolarizza, poi,
da una cartolarizzazione all'altra, si cambiano le regole, poi
si vende d'urgenza a trattativa privata, poi si ricambia la cartolarizzazione,
poi si decide di vendere a trattativa privata senza urgenza e,
infine, si decide di vendere e riaffittare". Come ha fatto Storace
con gli ospedali del Lazio. Dalla finanza creativa a quella distruttiva.
Chi vivrà, vedrà. Già, ma cosa vedrà? Macerie fumanti, temo."
Vittorio
Emiliani L'Unità, 04/07/2005
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Lo
Stato svende: i media chiudono gli occhi |
3
luglio 2005 |
"Resta
solo da chiedersi
perché di una simile indecenza si sia
parlato così poco». Sono le parole
con cui Mario Pirani, editorialista di Repubblica, commentava
le prime indiscrezioni sulla grande svendita degli immobili degli
enti previdenziali. Era il 18 aprile, e ad oggi molto si conosce
dello scandalo degli immobili di Inps, Inail e Inpdap. Ciononostante,
di fronte all’evidenza e alla gravità dell’operazione i media
sembrano non trovare alcun motivo di interesse. Ripartiamo dalla
fine del suo pezzo. Che risposta si è dato al mancato interesse
di fronte ad una questione così importante? «Credo che ci sia
stato un intreccio di vari interessi a più livelli. Ci sono questi
personaggi, nuovi palazzinari che stanno scalando la finanza,
che hanno partecipazioni dappertutto, e sono stati bene attenti
a muoversi, senza fare trapelare niente fino a cose fatte. E poi
c’è la politica che si è guardata dall’esporsi troppo». Perché?
«Da un lato perché anche la sinistra quando era al governo aveva
incrociato questi esperimenti di “finanza creativa”. Dall’altra
c’è un centrodestra che dalle cartolarizzazioni in poi ha fatto
di questa pratica un sistema, fino ad arrivare a tappare i buchi
del bilancio svendendosi i beni dei contribuenti». Una questione
che tira in ballo tutti? «Sono veramente pochi i personaggi che
hanno cercato di opporsi a questo nuovo stile imperante. Tra questi
Vincenzo Visco che ha presentato chissà quante interpellanze parlamentari
senza risposta». Come è possibile che tutto questo sia rimasto
sotterrato al punto da non percepirne la gravità? «C’è un’involuzione
complessiva: informazione e politica non riescono ad abbandonare
gli interessi “politichesi” per dedicarsi agli aspetti sostanziali.
Del resto è esemplificativo il fatto stesso che questo governo
abbia svenduto immobili, che erano stati costruiti con i soldi
dei contribuenti, per turare i buchi. Hanno anche fatto una leggina
apposita perché il provvedimento passasse». Guardiamo la questione
ad un livello più ampio: non si puòcerto dire che gli italiani
siano colpiti dallo scandalo immobili. Ai tempi di Tangentopoli
ci furono le monetine contro Craxi, adesso neanche un sobbalzo...
«Vero. La questione dell’illegalità, o anche semplicemente della
moralità è diventata completamente inavvertita. Non la si percepisce
neanche più come una mascalzonata di cui celare le tracce. Pensiamo
alla battaglia per rendere trasparenti le nomine sanitarie. Ai
tempi di Tangentopoli si fece. Adesso se ci provi ti accorgi che
tutto ti rimbalza addosso. Oppure pensiamo alle amministrazioni
locali, dove la politica diventa una aggregazione di interessi
in cui ogni apparato fa i propri, ben remunerati. Il valore è
determinato dalla posizione che acquisisci». Massimo Fini ha detto
che alcune città sono completamente fuori dalla legalità e che
sarebbe saggio bombardarle. Solo una provocazione, o crede anche
lei che questa immoralità investa il Paese nel suo tessuto? «Certe
affermazioni sono mascalzonate. No, io non credo che si possa
parlare di immoralità del tessuto sociale. Piuttosto penso
che ci sia una classe dirigente di basso grado culturale, ad ogni
livello. Non è nemmeno più questione di corruzione, ma di una
decadenza socio-culturale che va dai vertici fino agli esponenti
locali».
Fabio
Amato L'Unità 3/7/2005
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Enti,
immobili e affari di Stato |
1
luglio 2005 |
"Il
Tar Lazio ha respinto i ricorsi del Civ (consiglio di indirizzo
e vigilanza dell’Inpdap) e dei consigli di amministrazione degli
enti (Inail-Inpdap-Inps) che si sono visti requisire le sedi degli
uffici dal governo, conferite al Fip, fondo immobili pubblici appositamente
costituito. La prossima tappa di questa partita sulla finanza creativa
sarà il Consiglio di Stato. La “questione immorale” è una miscela
esplosiva fatta di svendita del patrimonio pubblico, senza regole
e senza certezze, di rendita parassitaria che comprime tutti i settori
produttivi del Paese, di azzeramento della legalità, di difesa degli
interessi di chi governa, di tolleranza all'assalto alla ricchezza
e ai beni del paese, di collusioni negli affari e nella politica
con le organizzazioni mafiose. D’altronde, gli incensurati di questi
tempi non se la passano bene. Chi delinque o l’ha fatto prima, ha
le porte aperte e gode dell'apprezzamento o quanto meno della comprensione
di parti significative delle classi dirigenti, nella accezione più
estesa. Il Paese è in vendita. Si vende tutto: case di abitazione,
sedi degli enti, e forse domani del governo e del parlamento, caserme
e forti, scali e stazioni ferroviarie, terreni del demanio, spiagge.
Ma nel turbinio di operazioni illusionistiche di finanza creativa,
quelle che riguardano lo Stato sono fittizie e virtuali, mentre
quelle che riguardano i privati sono vere e remunerative. Lo Stato
ha creato società e le ha chiuse; ha comprato beni che erano suoi
e li ha venduti a se stesso. Come qualsiasi faccendiere d'assalto
che opera nei paradisi fiscali, ha creato un sistema di finanza
pubblica sanzionata da tutti gli organismi internazionali. Tremonti,
principe della finanza creativa, per la quale ha un'attrazione
erotica, ha presentato il piano di svendita come «la più grande
operazione di cartolarizzazione di uno stato sovrano e la più grande
emissione di Abs (asset- backed securities) mai realizzata in Europa».
Così è nato «Lo Stivale di carta», titolo di un libro, autori
i giornalisti Giuseppina Paterniti e Angelo Fodde (Editori Riuniti),
ben documentato. A proposito delle cartolarizzazioni versione Berlusconi-Tremonti
prendiamole vicende di Scip 1 e Scip 2, le società inventate e incaricate
di condurre in porto le vendite del patrimonio pubblico. La Scip
1 nasce il 23 Novembre 2001, subito dopo l’annuncio di Tremonti
in diretta tv sul presunto buco lasciato dal centro sinistra. Nell’atto
di nascita è scritto che la società ha come oggetto esclusivo «la
realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi
derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato
e degli altri enti pubblici». Il capitale sociale della srl, che
in quanto tale non è soggetta a controlli, è di 10.000 euro, una
inezia, anche se la società deve vendere e gestire 27500 unità residenziali
e 262 immobili non residenziali. Il meccanismo è noto: la società
anticipa al governo una parte del denaro previsto che si fa dare
dalle banche le quali guadagnano interessi e commissioni o ricava
dai titoli, bond, messi sulmercato sperando che i cittadini li comprino.
Nel 2002, nasce la Scip 2, anche perché le cose non hanno funzionato
bene e con la rapidità prevista per fare fronte ai buchi di bilancio.
L’operazione di vendita programmata è davvero imponente: 62500 immobili
tra case, uffici, negozi, terreni dello Stato e di tutti gli enti
(Enpals, Inail, Inps, Inpdap, Ipost, Ipsema), valore complessivo
9639 di euro. Lo Stato vende se stesso.Ma non tutto è chiaro e trasparente.
La composizione del capitale sociale della Scip è al50%di due fondazioni
olandesi (Stichting Thesaurus e Stichting Palatium) con sede ad
Amsterdam, le quali partecipano al capitale con la somma di 5000
euro. Amministratore unico delle due fondazioni olandesi è un “trust
fund” di Amsterdam che ha creato le due fondazioni 18 giorni prima
che la Scip nascesse e cioè il 5 Novembre del 2001 («Lo Stivale
di carta»). I due autori del libro raccontano di essere andati alla
ricerca della sede della Scip ma non hanno trovato nemmeno una targa.
Sul palazzo campeggiava la targa di Kpmg, nota società finanziaria
multinazionale che amministra il programma di cartolarizzazione,
funge da consulente e, naturalmente, viene pagata. L'amministratore
delegato della Scip è un certo Burrows Gordon, cittadino inglese,
nominato per tre mandati. Solo che quando un gruppo di inquilini
che vogliono comprare gli appartamenti dove abitano, vuole chiarimenti,
in perfetto stile anglosassone, risponde di rivolgersi direttamente
al ministero dell’Economia. Il perché di queste scelte per una operazione
di vendita del patrimonio pubblico del nostro Paese, nessuno lo
sa. Nemmeno il Parlamento che dovrebbe essere informato dal ministro
ogni seimesi e che invece rimane all'oscuro di tutto. Ma una cosa
è certa.Mentre gli immobiliaristi sono riusciti a comprare un pezzo
del Paese con il 35% di sconto sui prezzi iniziali, lo Stato ha
incassato di meno, le spese per commissioni di collocamento dei
titoli, consulenze legali, pagamento degli amministratori ecc sono
state di 744 mila euro e quelle necessarie per concludere il contratto
con alcune banche estere a copertura del rischio di tasso sono state
di 2'5 milioni di euro. Il patrimonio del bel paese, nel solo primo
anno di vita della Scip, ha arricchito un sacco di persone che abitano
altrove. Quanto alla vertenza in corso con gli Enti, decisa con
la sentenza del Tar Lazio, le imposizioni sembrano una rapina. Infatti,
Inail, Inps, Inpdap sono costretti a vendere le sedi, a riaffittarle
con un enorme esborso di denaro e come se non bastasse rimangono
responsabili della gestione e della manutenzione delle stesse. Cose
mai viste nemmeno nel peggiore dei regimi. La vendita del patrimonio
dei beni culturali e degli ospedali al prossimo articolo. Vedremo
come anche la famiglia Bush si è data da fare."
Elio
Veltri L'Unità, 01/07/2005
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Inps
- Casa dell'imperatrice |
30
giugno 2005 |
"Nei
sotterranei dell’Inps i resti della residenza della madre di Costantino.
Se si vuole, si fa richiesta al presidente di sede, si scende
nei sotterranei, e si può pure visitare. Non che sia rimasto tutto
intatto, ovvio, la maggior parte dei reperti è stata portata alla
luce di qualche museo. Ma, insomma, il sito archeologico esiste.
È stata una delle residenze di Elena imperatrice, la madre di
Costantino che è stato il primo imperatore cristiano, IV secolo
dopo Cristo. E si trova sotto la sede storica dell’Inps di Roma,
in via dell’Amba Aradam, costruita negli anni Sessanta. Proprio
il palazzo che, insieme ad altri quattrocento immobili, il governo
s’è venduto in tutta fretta a Natale scorso per incassare un po’
di denaro e contabilizzarlo in Finanziaria, chè il bisogno non
manca mai. Questione di soldi, insomma, e ci si compra anche il
patrimonio culturale italiano. Perchè un conto è che il proprietario
di uno stabile di tale valore (che si presuppone inestimabile)
sia l’Inps, e in ultima analisi lo Stato. Un conto è che il proprietario
sia un privatissimo palazzinaro. In questi casi, com’è evidente,
c’è da rispettare un vincolo dei Beni culturali. Sarà tutto a
posto, formalmente parlando? Difficile a dirsi. Il presidente
del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, Franco Lotito,
ha fatto presente più volte la questione a chi di dovere, e chiesto
più volte lumi,ma non ha mai ottenuto risposte. Che poi, a voler
ben guardare, quello dell’abitazione di Elena potrebbe non essere
l’unico sito di interesse archeologico racchiuso nelle fondamenta
di palazzi Inps, Inail e Inpdap. A «rischio» c’è anche un’altra
sede Inps, stavolta in piazza Augusto imperatore. E l’intera la
zona intorno alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme (dove
c’è una sede Inpdap) è un museo a cielo aperto, per non dire dei
sotterranei. Anche quella basilica, peraltro, è legata ad Elena
imperatrice, visto che sorse proprio nei possessi privati imperiali
che fin dal 323 dovettero appartenere proprio a lei. la.ma."
L'Unità,
30/06/2005
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Caserme
dismissioni in arrivo |
29
giugno 2005 |
"In
attesa che il Tar blocchi o dia il via libera all’operazione Fip
sugli immobili degli enti previdenziali, sta andando in porto,
anche se tra molti contrasti e proteste da parte soprattutto degli
inquilini, l’operazione di cartolarizzazione Scip 3, che interessa
soprattutto gli alloggi militari. Per domani a Roma è fissato
infatti un incontro tra i responsabili dei Ministeri del Tesoro
e della Difesa per discutere degli immobili da dismettere. A questo
scopo si sta preparando l'elenco degli alloggi, rivisto dopo le
critiche mosse dalla magistratura contabile. Questo elenco di
alloggi, di numero inferiore ai circa 4.300 individuati un paio
di mesi fa, sarebbe all'esame della Direzione generale dei lavori
e del demanio del ministero della Difesa per un via libera. L'iter
per il varo di Scip 3 prevede che la Difesa ripresenti alla Corte
dei Conti un decreto con l'elenco degli immobili da cedere affinché
sia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Dopo la pubblicazione
del decreto ministeriale, spetta al Demanio militare trasferire
a quello civile gli immobili, che il Tesoro deve poi conferire
alla società veicolo Scip."
L'Unità
29.06.2005
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Sede
dell’Inpdap valutata la metà |
29
giugno 2005 |
"E
sufficiente prendere le più recenti stime
di mercato, per scoprire che ciò che il Tesoro aveva battezzato
come «valorizzazione degli immobili», con il trasferimento al Fip
- il fondo immobili pubblici creato a dicembre dal ministero - di
396 proprietà dello Stato e degli istituti di previdenza, rischia
di essere la più grande svendita immobiliare mai consapevolmente
perpetrata nel nostro paese. Non sono solo la legalità - che il
Tar è chiamato in questi giorni a giudicare - e la funzionalità
dell’operazione ad essere in dubbio: la sua stessa opportunità economica
è messa in seria crisi dai numeri. I 1700 euro al metro quadrato
di valutazione media di vendita, infatti, sono una cifra irrisoria
rispetto al vero valore di mercato riscontrabile. Valga l’esempio
della sede centrale dell’Inpdap a Roma, sita in un palazzo di sei
piani, per una superficie complessiva di circa 4mila metri quadrati.
Ebbene, stando ai 1700 euro al metro quadrato fissati dal Governo,
quel palazzo avrebbe un prezzo di vendita pari a 6milioni e 800mila
euro. Una cifra certamente incredibile, e sicuramente i vertici
del ministero del Tesoro devono avere pensato ad una ghiotta boccata
d’ossigeno per il governo, impegnato a «creare» ogni giorno un sistema
per sbarcare il lunario. Impressionante sarebbe poi il totale dei
396 edifici affidati alle cure del Fip: 3,3 miliardi di euro. Eppure
la cifra risulta assolutamente modesta se confrontata con ciò che
è disponibile a tutti: i dati di mercato. E i dati di mercato -
stima del secondo semestre del 2004 sulla base del prezzo medio
fornito dai dati Fiaip, la federazione degli immobiliaristi professionisti
- dicono che la sede centrale dell’Inpdap dovrebbe essere messa
in vendita ad un costo al metro quadrato di circa 3000 euro, che
moltiplicati per la superficie fanno un importo di 12 milioni di
euro. In un solo colpo, cioè, lo Stato perderebbe 5milioni e più
di possibili introiti, sul valore di un singolo immobile. Certo
non si tratta di una statistica rigorosa, al pari di quella confermata
dagli «advisor dell’operazione » di cui il Tesoro fa mostra, ciononostante
la tentazione è forte, ed è facile per chiunque cimentarsi ad allargare
la proporzione, prendendo ogni singolo immobile trasferito al Fip
e facendo la comparazione con il realtivo prezzo di mercato. Così
facendo, sicuramente si riscontreranno casi di sopravvalutazione,
ma in linea generale - come ha sottolineato Guido Abbadessa, presidente
del consiglio di vigilanza Inpdap (Civ) - «gli immobili di proprietà
dello Stato e degli istituti di previdenza hanno un valore molto
alto, data l’ubicazione frequente in zone di prestigio». È possibile,
cioè, che esistano casi in cui tra la stima del ministero e il prezzo
di mercato si verifica una discrepanza ancora maggiore. «Senza considerare
- ha proseguito il presidente del Civ - che l’utilizzo fatto dagli
enti stessi costituisce titolo di ulteriore valutazione dell’immobile.
Un eventuale nuovo proprietario infatti, si ritroverebbe in mano
edifici assolutamente a norma di legge, in conseguenza dell’obbligo
di manutenzione degli impianti di cui gli attuali proprietari sono
responsabili». Portando il ragionamento alla sua estrema speculazione
è possibile persino quantificare quello che Abbadessa ha convenuto
essere un «abominio di proporzioni incalcolabili», ipotizzando scenari
di diversa gravità, a seconda di quanto il calcolo di 1700 euro
al metro quadrato risulti sottostimato. Si va così da una perdita
complessiva di 1 miliardo di euro, nel caso il valore si medio si
attestasse sul minimo di 2250 euro al metro stimati dalla Fiaip
per la zona della sede Inpdap - fino al poco auspicabile scenario
in cui i 3000 euro al metro quadrato riscontrati risultassero generalizzabili
all’intero patrimonio dismesso. In questo caso, l’importo complessivo
dovrebbe aggirarsi sui 5,8miliardi di euro. Auguriamoci comunque
che il Tar accetti i ricorsi."
Di
Fabio Amato -L'Unità, 29/06/2005
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Vendesi
caserme e poligoni |
22
giugno 2005 |
"Sul
mercato immobili per un valore di 1,3 miliardi. Ad acquistare devono
essere i privati. I militari svendono: cedesi caserme, poligoni
di tiro, fortini e casematte. Persino un faro alle Isole Tremiti.
Prevista dalla Finanziaria 2005 la grande cessione degli immobili
delle Forze Armate è sulla linea di partenza. Ad accendere il semaforo
verde è stato ieri un decreto pubblicato dalla Gazzetta ufficiale
in base al quale 240 beni immobili, per un valore stimato tra 954
e 1.357 milioni di euro, sono stati individuati dal ministero della
Difesa come «non più utili ai fini istituzionali», e dunque saranno
ceduti alla Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal ministero
dell'Economia. In cambio della cessione di questi beni, la Cassa
depositi e prestiti fornirà e al ministero della Difesa anticipazioni
finanziarie pari al valore degli immobili individuati, stimato dall'Agenzia
del Demanio per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni
di euro e, comunque, non superiore a 1.357 milioni di euro. Gli
immobili, prevede il decreto, saranno formal-mente consegnati all'Agenzia
del Demanio cui spetterà il compito di svolgere le procedure tecniche.
Gli immobili entrano quindi a far parte del patrimonio disponibile
dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione
e dismissione di cui al decreto legge 351 del 25 settembre 2001.
La Finanziaria prevede tuttavia che non potranno essere gli enti
locali ad acquistare gli immobili che saranno posti all'asta,
di conseguenza si prevede che saranno i privati a fare la parte
del leone.
Tra
i 240 beni individuati c'è di tutto. Si va dalla ex base Nato
Scatter di Calice Ligure (Sv) al Campo di Marte a Brescia, dalla
Piazza d'Armi a Alessandria (ex campo sportivo militare) alla caserma
Vittorio Veneto a Firenze. Nella lista il Forte Santa Sofia a Verona,
l'aeroporto di Pontecagnano (Sa), le caserme Chiarini, Masini, Mazzoni,
Battistini e Sani a Bologna, il Torrione Francese di Gaeta (Lt),
l'aeroporto di Guidonia in provincia di Roma, il Forte Tiburtino
e Forte Bravetta a Roma. In vendita anche il complesso
immobiliare dell'isola Palmaria a Spezia e la vecchia Palazzina
Mameli a Milano. Nel mirino anche il poligono Tsn di Gallarate (Mi),
una parte dell'aeroporto di Fano (Ps), lo stabilimento balneo—termale
di Acqui Terme (Al), il Faro di San Domino alle isole Tremiti (Fg),
l'aeroporto del Prete di Vercelli. «Non stupisce che il
ministro della Difesa e quello dell'Economia ignorino totalmente
i valori della tutela ambientale e paesaggistica e una simile manovra
ne è l'ennesima dimostrazione. L'operazione di messa in vendita
di aeroporti, caserme, terreni e persino di un faro nell 'Arcipelago
delle Tremiti è una parte dell'operazione di cartolarizzazione che
questo governo sta portando avanti da alcuni anni con il soloscopodi
rimpinguare le casse dello Stato e senza nessuna attenzione per
il rischio di privatizzare aree paesaggistiche pregiate», ha commentato
del presidente di Legambiente Roberto Della Seta. Se per gli immobili
militari l'operazione di dismissione sembra affrettarsi, per la
vendita delle case della Difesa tutto sembra incagliato. La cosiddetta
Scip 3 che avrebbe dovuto fornire risorse per circa 1 miliardo di
euro, è ferma: si attende infatti che il ministero della Difesa
replichi alle osservazioni della Corte dei Conti che miravano ad
ottenere regole in grado di salvaguardare gli inquilini coni redditi
più bassi. «Ciononostante — afferma Sergio Boncioli, leader dell'associazione
"Casadiritto"— gli sfratti sono già cominciati e ci aspettiamo misure
a più largo raggio a partire da luglio». (r.p.)
Roberto
Petrini la Repubblica 22-06-2005
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Vendita
edifici storici a Venezia |
20
marzo 2005 |
"Ai
sensi dell’art. 84 della Legge 27 dicembre 2002 n. 289 e dell’articolo
2 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito nella
Legge 23 novembre 2001, n. 410, che modifica la disciplina inerente
le procedure di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti
Pubblici introducendo la Cartolarizzazione dei proventi delle vendite
degli immobili pubblici, e disponendo il trasferimento degli stessi
a società appositamente costituite, Il Comune di Venezia informa
che la fase di Cartolarizzazione degli immobili sottoelencati è
cominciata con il loro trasferimento alla Società VECART S.r.l.
(Società di Cartolarizzazione degli immobili del Comune di Venezia)
avvenuto l’8 marzo 2005. Il Comune di Venezia è stato nominato gestore
degli immobili trasferiti sino alla loro cessione agli acquirenti
finali, mentre la YARD S.r.l. è stata nominata gestore delle vendite.
Comune di Venezia e YARD sono, dunque, responsabili delle procedure
relativamente di Gestione e di Vendita dei seguenti immobili.
Ulteriori
informazioni possono essere richieste a: COMUNE DI VENEZIA DIREZIONE
CENTRALE PATRIMONIO SERVIZI TECNICI San Marco, Calle Cavalli 4084
Telefono 041.2748581 041.2748606 Fax 041.2748117
Elenco
immobili:
1
Palazzo Nani, VENEZIA - Cannaregio 1105
2
Palazzo Costa,VENEZIA - Cannaregio 2396, 2397/A
3
Palazzo Zaguri, VENEZIA - San Marco 2634, 2667/A, 2668
4
Palazzo Foscari Contarini, VENEZIA - Santa Croce 715-745
5 Palazzo Bonfandini, VENEZIA - Cannaregio 461
6
Palazzo a Murano, VENEZIA - Fondamenta Colleoni 14
7
Villa al Lido, VENEZIA - Via Sandro Gallo 20
8
Palazzina a Ponte Longo, Fondamenta Ponte Longo
9
Ex Conterie a Murano, Fondamenta Cavour
10
Ex Docce Malcanton, Dorsoduro 5587
11
Villa a Torcello, Torcello
12
Appartamento a Murano, Campo San Donato 17
13
Magazzino a San Polo, San Polo 2543
Comune
di Venezia
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16
marzo 2005 |
Sui
«beni culturali» precisate le regole |
"Nuove
procedure per la verifica dell'interesse culturale dei beni pubblici
e la conseguente vendita di quelli privi di pregio artìstico o storico.
Con il decreto 28 febbraio 2005, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale»
n. 61 di ieri, il ministero dei Beni culturali ha introdotto
alcune modifiche alle regole utilizzate finora. In particolare,
ha rivisto le schede usate per "fotografare" il bene. Uno
dei motivi per correggere il precedente decreto 6 febbraio 2004
è stato il nuovo organigramma ministeriale. Quando furono fissate
le prime regole per verificare l'interesse culturale dei beni immobili
di proprietà dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni
e delle Città metropolitane non era ancora stata approvata la riorganizzazione
dei Beni culturali (Dpr 173 del giugno 2004), che ha, tra l'altro,
sostituito le soprintendenze regionali con le direzioni regionali.
Non si è trattato dell'unica novità. Ancora prima — a maggio dello
scorso anno — ha debuttato il Codice dei beni culturali, che ha
rivisitato il concetto di "bene culturale". Il Codice ha, tuttavia,
fatto proprie le modalità generali di verifica dell'interesse culturale
dei beni. Si tratta del sistema messo in piedi dal decreto legge
269 del 2003, convertito in legge tra mille polemiche, soprattutto
per la norma sul silenzio assenso, che costringe le ex soprintendenze
regionali a pronunciarsi entro 120 giorni, trascorsi i quali il
bene viene ritenuto alienabile. Il nuovo decreto mantiene la logica
di fondo, ma si adegua alle novità introdotte dal Codice e dàlia
riorganizzazione ministeriale. Novità che si riflettono sull'articolato
(nel quale è stato inoltre inserito un articolo 4-bis sulle verifiche
d'ufficio), ma soprattutto siigli allegati, che contengono le schede
che i proprie-tari dei beni devono compilare e inviare alle direzioni
regionali per la verifica."
Il
sole 24 ore 16-03-2005 - A.CHE.
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16
marzo 2005 |
Cartolarizzazioni
a Venezia |
"Venezia
batte sul tempo metropoli del calibro di Roma e Milano, e si aggiudica
la palma del primo comune italiano che vara un'operazione di cartolarizzazione
immobiliare, dopo aver creato un'apposita società-veicolo, la Vecart.
Il patrimonio su cui lancerà obbligazioni per un valore di 29 milioni
di euro, è composto da 13 immobili. Strutture di pregio,
dislocate sia nel centro che in alcune isole della Laguna, la cui
valutazione ammonta a 34 milioni. A testimonianza del valore degli
immobili coinvolti basti pensare che sette su 13 sono sottoposti
alla tutela della sovrintendenza ai Beni culturali. Ciò significa
che anche il ministero, oltre agli enti locali, dispone di un diritto
di prelazione per l'eventuale acquisto dei palazzi. I beni ceduti
dal Comune - spiegano dal quartier generale di Dexia Crediop, la
banca che ha curato l'operazione - saranno oggetto di un'attività
di valorizzazione, svolta dal Comune in collaborazione con la società
incaricata delle vendite (Yard Srl) al fine di massimizzarne il
ritorno economico. Vecart lancerà i bond a tasso variabile con scadenza
legale nel 2009 e vita media attesa di 2,91 anni. Se per alcuni
immobili si potrà procedere immediatamente all'operazione di vendita,
per altri, invece, sarà necessario un processo più lungo. Dexia
Crediop, che lo scorso anno ha curato l'operazione di cartolarizzazione
della Regione Friuli-Venezia Giulia (123 beni immobiliari coinvolti)
sta già lavorando anche ad una nuova operazione di cartolarizzazione
immobiliare, in un'altra regione italiana. "
B.V.
Finanza & Mercati - 16/03/2005
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15
marzo 2005 |
Venezia
«cartolarizza» le case |
"Al
lavoro ci sono Roma e Milano, Ma il Comune di Venezia ha "bracato"
tutti: oggi secondo le indiscrezioni raccolte dal «Sole 24 Ore»,
realizzerà la prima cartolarizzazione di un Comune italiano costruita
sul patrimonio immobiliare. Attraverso la società-veicolo Vecart
srl lancerà infatti obbligazioni per 29 milioni di euro garantite
da 13 immobili di pregio valutati complessivamente circa 33-34
milioni. Le securitisatìon sugli immobili non sono certo un'invenzione
di oggi. È stato infatti il ministero dell’ Economia con le varie
operazioni Scip, ad aprire la strada. L'anno scorso è stata invece
la Regione Friuli Venezia Giulia a seguirne le orme, realizzando
con l'aiuto dì Dexia-Crediop la prima cartolarizzazione sugli immobili
regionali per un totale di 51 milioni. E ora è il turno del Comune
di Venezia. L'operazione — carata anche in questo caso da Dem-Crediop
guidata da Gerard Bayol — ha la struttura di una normale cartolarizzazione.
Il Comune ha infatti costituito una società-veicolo (chiamata Vecart
srl), alla quale ha venduto gli immobili di pregio di sua proprietà
La società-veicolo per poterli acquistare raccoglierà fondi sul
mercato obbligazionario : oggi lancerà quindi i bond a tasso variabile
con scadenza legale nel 2009, Titoli che saranno Sottoscritti a
fermo dalla stessa Dexia-Crediop. La "quadratura del cerchio” sarà
così completa. Da un lato i fondi raccolti dalla societa-veìcolo
saranno girati al Comune, che li utilizzerà in un programma di rivalutazione
immobiliare. Dall'alto, la società-veicolo venderà gli immobili
tramite aste che saranno organizzate semestralmente: in questo modo
rimborserà i bond alla loro scadenza, cercando di massimizzare —
grazie anche al contributo di YARD srl — il valore degli immobili.
Questa operazione ha anticipato altre securisation simili. Da un
lato, infatti, ci sta lavorando il Comune di Milano: sebbene Ubm,
Deutsche Bank e Merill Lynch abbiano realizzato lo studio di fattibilità,
non è però ancora arrivato il semaforo verde dello stesso Comune.
Anche Roma sta lavorando, ma ancora l'operazione non è decollata.
Tempo fa, invece, era stato il Comune di Genova a indire usa gara
per realizzare, un'operazione simile. Ma poi tutto si è fermato.
E Venezia ha battuto tutti."
Morya
Longo" 15-MAR-2005 - Il Sole 24 Ore |
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23
febbraio 2005 |
Mi
vendo le sedi di Inps e Inail |
"Guerra
degli affitti in via XX settembre. A turbare i sonni di Siniscalco
arrivano sedici ricorsi che minano la manovra economica per il 2005.
Entro la settimana arriveranno al Tar di Roma le carte con le quali
i Consigli di indirizzo e vigilanza di Inps, Inpdap e Inail, chiedono
di bloccare la fetta più consistente dell'ultima finanziaria: il
«sale and lease back» degli immobili strumentali degli enti, ultima
creatura (postuma) tremontiana alla quale Siniscalco ha affidato
il compito di portare a casa 3 miliardi e 300 milioni di euro. A
stare al dettato della Finanziaria, gli enti previdenziali pubblici,
dopo aver venduto tutto il patrimonio immobiliare con le cartolarizzazioni,
dovrebbero ora mettere in vendita anche le sedi di lavoro. Il sale
and lease back, molto praticato dalle aziende in difficoltà per
riaggiustare i bilanci, prevede che l'ente resti negli stessi immobili
come inquilino. Già la cosa in sé non piaceva molto agli enti, che
con un tratto di penna si vedevano espropriati del residuo patrimonio
immobiliare: 43 immobili per l'Inps (per un valore di 668 milioni
di euro), 22 per l'Inail (241 milioni) e 8 per l'Inpdap (120 milioni).
Quando poi sono arrivati i dettagli dell'operazione, la cosa è sembrata
ancor più pericolosa. «Può mettere a rischio la tenuta economica
e patrimoniale degli istituti», denunciano i presidenti dei tre
Civ, Franco Lotito (Inps), Guido Abbadessa (Inpdap) e Giovanni Guerisoli
(Inail), che parlano di «incostituzionalità» del provvedimento.
Il rischio per la tenuta dei conti degli istituti sta nel depauperamento
del patrimonio e nel calcolo salatissimo degli affitti. Gli enti
infatti avrebbero dagli acquirenti un contratto di affitto di 9
anni (rinnovabile per altri 9): hanno dunque la garanzia di poter
mantenere le sedi nell'immobile, ma la dovranno pagare cara. Da
un lato infatti il governo mette in vendita gli immobili a un prezzo
medio di 1.780 euro al metro quadro (una cifra molto al di sotto
del valore di mercato), dall'altro prevede per gli acquirenti rendimenti
pari al 7,81% del valore degli immobili, laddove sul mercato mediamente
i fitti sono al 3-4% del valore. Il solo Inps - ha detto Lotito
- dovrebbe sborsare 52 milioni di euro all'anno. Di qui la rivolta
di lavoratori e amministratori degli enti, che preannunciano sedici
ricorsi. Al di là dell'esito dei ricorsi, un'altra spada di Damocle
pende sulla manovra: i particolari dell'operazione sembrano assai
poco in linea con i parametri dell'Eurostat, che richiede l'osservanza
stretta delle regole di mercato per poter classificare l'intera
operazione come una manovra che riduce il disavanzo pubblico. Qualora
così con fosse, infatti, l'Eurostat imporrebbe di contabilizzare
l'operazione sotto la voce «indebitamento»: come una forma di ricorso
al credito delle banche coperto da una garanzia reale, con gli affitti
che in realtà sarebbero forme di rimborso del debito mascherate.
E in quel caso, il governo potrebbe dire definitivamente addio al
rispetto del tetto del 3% al rapporto deficit-Pil."
R. C. 23/02/2005 - Il Manifesto |
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25
Novembre 2004 |
Antichi
borghi vendonsi in blocco |
"Di
antichi borghi in cui non abita più nessuno è pieno anche l'Abruzzo,
come molte altre regioni italiane. Solo che la giunta che l'amministra
ha deciso di venderli in blocco, un 'operazione che potrebbe
valere 3 miliardi di euro, tra soldi incassati dai privati consorziati
dall'amministrazione regionale, guadagni per le imprese locali che
curerebbero la ristrutturazione e infine l'indotto turistico che
si potrebbe sviluppare. L'idea, infatti, è di trasformare borghi,
castelli, conventi, antiche badie e gli altri tesori architettonici
e storici ormai decrepiti in residence di lusso, alberghi, beauty
farm, ma anche in ristoranti, bed & breakfast e altre strutture
turistiche. Nella lunga lista si trovano interi centri dell'anno
Mille, come Corvara, piccolo paese già ceduto per un buon 70% a
un gruppo di imprenditori romani, o San Benedetto in Perillis, o
ancora Castelli. Con questa operazione la giunta guidata da Giovanni
Pace si propone di far conoscere in tutta Europa il patrimonio immobiliare
ormai inutilizzato. E questo nella speranza di suscitare l'interesse
di potenziali investitori d'oltrefrontiera, tanto che la regione
ha dato vita a un'apposita struttura: Investi Abruzzo. Per pubblicizzare
il patrimonio anche all'estero la giunta abruzzese ha poi collocato
l'intero pacchetto di proposte su una rete di vendita di 14 agenzie
immobiliari per la sola Gran Bretagna. Non solo, due società inglesi
hanno scelto di operare direttamente sul territorio abruzzese, tanto
che una di queste ha recentemente inaugurato un box office presso
l’aeroporto di Pescara. E così, mentre dalla regione fanno sapere
di essere in trattative con diversi gruppi stranieri e di aver ricevuto
offerte da parte di due importanti gruppi alberghieri, già a gennaio
verrà inaugurato il primo borgo ceduto a un privato e totalmente
ristrutturato. Per l'esattezza si tratta di Santo Stefano di Sessamo,
una rocca medievale a pochi chilometri dall'Aquila, dove un imprenditore
italo-svedese, Daniel Elow Kihlgren. ha acquistato più di un anno
fa circa 4 mila metri quadrati su un totale di poco meno di 10 mila.
Nell'antico borgo, già possedimento della famiglia Medici di Firenze,
l'imprenditore italo-svedese sta realizzando un albergo diffuso
con una serie di intrattenimenti tra i quali una beauty farm, una
palestra e una sala mul-timediale. Il tutto per un costo complessivo
che si dovrebbe aggirare intorno ai 3,5 milioni di euro. Elow Kihlgren
non è comunque l'unico imprenditore che ha cominciato a investire
in questa direzione. Negli ultimi anni, si ricorda, infatti, il
caso del castello Chiola a Loreto Aprutino, che è stato recentemente
trasformato in un hotel a quattro stelle, e che, stando a quanto
afferma la regione, ha convertito questa località dell' entro terra
pescarese in una frequentata meta del turismo internazionale. Se
il progetto andrà a buon fine, nei prossimi anni potrebbe essere
la volta di palazzo Mastroddi, di proprietà privata, dai pregevoli
dettagli costruttivi con scalone, statue, busti e bassorilievi,
fino al borgo di Navelli, paese medievale famoso in tutto il mondo
per la produzione dello zafferano, situato fra tre parchi naturali
e vicino agli impianti sciistici del Gran Sasso e di Campo Felice.
"
Daniele
de Sanctis Milano Finanza - 25 novembre 2004 |
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10
Ottobre 2004 |
Maxi
vendita caserme |
"I
tagli della Finanziaria costringono la Difesa a trovare risorse:
nella Capitale la maggior parte degli immobili da cedere Berlusconi:
niente stangate, gli enti locali risparmino. Maroni: agli statali
non più del 2% ROMA Sta per scattare una maxi-vendita di immobili
della Difesa, molti dei quali a Roma. La Finanziaria prevede tagli
pesanti alle spese militari e l’unico modo per continuare a mantenere
risorse sufficienti per le Forze Armate è l’autofinanziamento con
la cessione di grandi caserme inutilizzate. Nella Capitale dovrebbero
essere ceduti uffici all’Esquilino e immobili in Prati. Intanto
Berlusconi ha ribadito che nella manovra non ci saranno stangate:
gli enti locali risparmino. Ma la Lega minaccia di non votare questa
manovra. Maroni: gli aumenti per gli statali non devono superare
il 2%."
Il
Messaggero, Domenica 10 Ottobre 2004 |
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27
Luglio 2004 |
Il
Castello al ministero dei bb.cc. |
"E'passata
la legge che assegna il monumento al ministero dei Beni culturali.
Tra la fine del mese e l'inizio di agosto il Castello Carrarese
sarà restituito alla città. La macchina legislativa è partita, una
leggina collegata parzialmente alla finanziaria contiene il passepartout,
il "machiavello" che mette in carico questo splendido monumento
d'arte, di storia, d'archeologia, alla competenza del ministero
dei Beni Culturali. E, infatti, ieri, alla luce di queste novità,
il sindaco Flavio Zanonato ha incontrato il Soprintendente, Guglielmo
Monti, per una prima consultazione. E' il quarto comma del primo
articolo voluto dal deputato della Margherita Andrea Colasio che
sancisce il trasferimento del bene dal Ministero di Grazia e Giustizia
a quello del Beni Culturali, herita, Andrea Colasio, capogruppo
in commissione cultura, dal ministro Castelli che aveva segnato
il destino del grande immobile carcerario condannandolo all'alienazione
per finanziare un'edilizia carceraria sicura e moderna, al ministro
Urbani che, consapevole della straordinaria valenza storico-artistica
del complesso medievale, si era impegnato al recupero della fortezza,
«n percorso è stato tormentato — dice Colasio — Castelli ha esercitato
tutta la sua autorità per impedire il trasferimento. Ma Urbani ha
mantenuto le promesse. Sul Castello Carrarese avevo presentato tre
interpellanze urgenti e cinque "question time" per impedire che
fosse ingoiato dall'incuria e dall'entropia che a oltre 10 anni
dal trasloco del penale in via Due Palazzi, aveva fatto guasti tali
da varcare il punto di non ritorno: tetti scoperchiati, pietre che
si staccano dalle pareti, pericoli di crollo». Eppure visitarlo
anche oggi è come sfogliare un grande codice miniato. E' un palinsesto,
il Castello, in cui pagine intere sono state raschiate via dai monaci
amanuensi, a caccia di carta, per scriverci sopra, ma consumato
dal tempo, con le pagine incollate dalla muffa e le miniature scolorite
e imbrattate. Infatti, qui, il medioevo con gli affreschi stupendi
del carro rosso, insegna araldica dei signori della città, si intreccia
ali'800 quando il Castello fu trasformato in fortezza absburgica
e al secolo scorso con i laboratori della Rizzato, n Castello è
un libro su cui leggere la città, quella del tiranno Ezzelino, quella
dei re di Padova, i Carraresi. «Un monumento prezioso quanto il
Salone — dice Franca Taddeo del Comitato Sos Castello — ma devastato,
abbandonato, rinnegato da una comunità cittadina che non l'ha mai
visto o comunque lo ricorda come luogo di segregazione o lo confonde
con la Specola». «Il treno della procedura legislativa in Senato
— continua Colasio — è già partito e sta per arrivare a destinazione
poi la leggina che assegna quasi 4 milioni di euro, 7 miliardi di
vecchie lire, come contributo ministeriale passerà alla settima
commissione della Camera. Altrettanti sono riuscito a rastrellarli
con un'altra leggina, poi c'è lo stanziamento della Fondazione della
Cassa di Risparmio. La legge attuale che muove un'ottantina di miliardi
di vecchie lire a livello nazionale impedisce gli interventi a pioggia
e, per Padova, si incardina nel recupero del Castello. Ma tutto
questo non basta: il Castello non ha bisogno di cerotti ma di un'operazione
chirurgica. La mossa successiva è quella di mettere in piedi una
fondazione che veda insieme ministero, Comune, Soprintendenza, Ateneo.
La fondazione, strumento agile, struttura aperta, può studiare la
situazione e programmare gli interventi. L'investimento necessario
si aggira su una cinquantina di miliardi di vecchie lire».
Aldo
Comello - il mattino di Padova - 27 LUG 2004 |
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7
Giugno 2004 |
Il
Castello dei Carraresi |
"Il
Castello dei Carraresi deve tornare ai padovani, il governo non
può rinviare sine die il trasferimento del bene». E' questa
che richiesta che Franca Taddeo e Maria Novella Papafava dei Carraresi
rivolgono al presidente del Consiglio Berlusconl oggi a Padova.
L'impegno delle due donne trova una buona sponda a Roma: l'onorevole
Andrea Colasio si dice ottimista riguardo al passaggio della proprietà
del Castello dal dicastero di Giustizia a quello dei Beni culturali:
in parlamento, infatti, si sta discutendo un disegno di legge
ad hoc. Intanto in Piazza Castello arrivano musica barocca e
banchetti. «Si parla tanto di spriz e di luoghi di incontro dei
giovani», dice la Taddeo, organizzatrice del ritrovo, «perché non
trasformiamo questa piazza in un luogo di aggregazione civile?».
Dello stesso parere anche la contessa Maria Novella Papafava, discendente
di quei Carraresi che furono i signori di Padova fino al dominio
di Venezia iniziato nel 1405. «Nonostante il suo enorme potenziale,
la nostra è una città provinciale», afferma la contessa, candidata
della Margherita, «essa rischia di rimanere chiusa in se stessa,
mentre i cervelli migliori scappano da qui. Anche le mostre sono
scadenti e tutto si concentra sulla Cappella degli Scrovegni». La
Papafava, giramondo, cantautrice, amante della danza e delle arti,
sogna Padova capitale della cultura, iniziative di respiro internazionale
ma accessibili a tutti, una mostra d'arte contemporanea nelle stanze
che furono dei suoi avi. «Perché non portare in città Yoko Ono?
Ci sarebbe stato modo di farlo -continua la contessa - Padova non
è soffocata dal turismo e questo va sfruttato per iniziative mirate.
Invece si pensa solo a costruire nuovi centri commerciali». Anche
Franca Taddeo, candidata indipendente per i Ds, punta il dito sull'operato
della giunta Destro: «Abbiamo portato animazione in una piazza
lasciata a se stessa, dove il commercio langue e le attività artigianali
fanno fatica a sopravvivere. Con un progetto che abbattesse le difficoltà
di accesso al centro storico e portasse iniziative culturali a due
passi dal Castello dei Carraresi, potremmo rivitalizzare il centro
storico. Padova non deve essere solo Giotto e il Santo». Il
Castello, già utilizzato come carcere, versa in uno stato di semiabbandono.
Grazie alle pressioni dei parlamentari, sembra vicino il passaggio
della proprietà dal demanio del ministero di Giustizia a quello
dei Beni culturali. Il dicastero guidato da Castelli, infatti, è
il proprietario di quei 20.000 metri quadrati e sembrava poco intenzionato
a cederli gratuitamente. Con il passaggio ai Beni culturali, sarà
possibile dare vita ad Fondazione culturale ad hoc con la quale
avviare il restauro dell'edificio. Tanti i progetti: dal museo della
ceramica a quello dell'astronomia, visto che il luogo ospita la
Specola, sede privilegiata per lo studio del cielo. «E' da anni
che la Soprintendenza ai beni culturali sta aspettando che Castelli
firmi la dismissione», continua la Taddeo, «ci manca solo che il
ministero, dopo aver spremuto il Castello come un limone, voglia
anche far cassa. Un sindaco convinto dovrebbe spingere alla dismissione,
per poi far intervenire un consorzio formato da associazioni, Cassa
di risparmio, Regione e Università per istituire un centro polivalente.
Berlusconi avrà tempo per darci una risposta durante la sua visita
oggi a Padova?».
Matteo Bosco Bortolaso - Il mattino di Padova 7/6/2004 |
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Giugno
2004 |
Le
nuove liste |
"Ad
attivarsi per prima nel dibattito intorno all'elenco è stata Italia
Nostra, che denuncia come a Roma ci siano casi di beni già vincolati
da anni, come l'Auditorium di Mecenate o Palazzo Blumenstihl. In
Calabria, la lista comprende beni di particolare pregio come
l'ex convento di Santa Chiara, Palazzo Valdesi a Cosenza e alcune
caserme ubicate in antichi conventi del Sei e Settecento. In Lombardia
i siti individuati dalla lista del Demanio sono quasi tutti risalenti
al ventennio fascista: dall'ex palazzo del Littorio a Varese alle
ex case del Fascio di Gallarate e Acquate. Ultimo ostacolo alla
"svendita" è ora il veto dei Sopritendenti, che dovranno vincolare
gli edifici in questione: in caso contrario scatterà la norma del
"silenzio-assenso" (ci sono 120 giorni di tempo per completare la
pratica), recentemente introdotta dal Codice dei Beni culturali
e del Paesaggio.
"Gli
edifici messi in vendita dal Demanio" Lombardia Acquate (Lecco):
ex sede del fascio di combattimento; Como: ex monastero delle Agostiniane
della Santissima Trinità; Varese: ex Palazzo del littorio e fabbricato
della ex ferrovia Bettole di Varese-Luino; Gallarate: ex casa del
fascio; Saronno: uffici finanziari; Vimercate: ex casa del fascio.
Calabria Cosenza: ex caserma Domenico Moro, Palazzo Valdesi, ex
convento di Santa Chiara, ex caserma fratelli Bandiera, ex caserma
Garibaldi, Palazzo degli uffici finanziari del Genio civile. Lazio
Roma: Auditorium di Mecenate, Palazzo Blumenstihl di via Vittoria
Colonna, Palazzo dell'Agenzia del territorio, ex Partito Nazionale
Fascista a Ostia antica, Palazzo in via Caroncini, Complesso immobiliare
in via Ciamarra, terreno in via Cesena.
Alessandro
Martini - Il Giornale dell'Architettura, n.19, giugno 2004 |
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4
Maggio 2004 |
Italia
Nostra sulle nuove liste |
"Le
sezioni di Italia Nostra direttamente interessate dalla prima lista
di 21 edifici pubblici alienabili esprimono la loro preoccupazione.
Per Mirella Belvisi, del direttivo della sezione romana di Italia
Nostra: «Questo primo elenco presenta due casi molto preoccupanti:
ci sembrava che fossero inalienabili sia i beni già vincolati sia
i monumenti che le aree archeologiche. Invece nell’elenco che riguarda
Roma appare sia l’Auditorium di Mecenate (bene archeologico
) che Palazzo Blumenstihl che ci risulterebbe già vincolato
da anni». Assolutamente negativo anche il giudizio di Teresa Liguori,
presidente regionale di Italia Nostra, sui siti calabresi inseriti
nella lista. “Sono tutti beni di particolare pregio architettonico
e artistico (l’ex convento di Santa Chiara, Palazzo Valdesi a
Cosenza). Alcune delle caserme inserite nell’elenco sono ubicate
in antichi conventi del Seicento e del Settecento. Dobbiamo opporci
con fermezza». In Lombardia i siti individuati dalla lista sono
quasi tutti risalenti al Ventennio (a Varese l’ex palazzo del
Littorio, ad Acquate l’ex casa del Fascio). «Sono tutti
in buone condizioni- dice Emma Corselli presidente del consiglio
regionale lombardo- bisogna rispettare questi edifici per il valore
di testimonianza di un periodo storico che non dobbiamo cancellare
dalla nostra memoria. Non siamo contro un riutilizzo di questi beni,
ma vogliamo che se ne facciano solo usi istituzionali che non ne
snaturino il loro valore storico e architettonico. Al contrario
leggendo il testo presentato da Urbani abbiamo avuto l’impressione
che sia concessa troppa libertà a chi compra».
Italia
Nostra - Comunicazione Nanni Riccobono 0684406331 Lorenzo Misuraca
0684406323 |
|
28
aprile 2004 |
Le
regole della vendita |
"Vi
fa orrore l'idea di un McDonald's nel Colosseo o di una sala Bingo
agli Uffizi? Niente paura, non li vedrete mai. Ma l'Italia non ha
solo il Colosseo, gli Uffizi, il museo di Capodimonte o la torre
di Pisa. Siamo un Paese ricchissimo di cultura. Ex caserme, palazzi
storici, piccoli musei. Anche di questi parliamo oggi. Perché dopo
due anni di lavoro, condito da furenti polemiche, il primo maggio
entrerà in vigore il nuovo codice dei Beni culturali e del paesaggio,
fortemente voluto dal ministro Giuliano Urbani e presentato due
giorni fa in una cerimonia ufficiale al presidente Ciampi. Sono
circa 180 articoli che promettono di mettere ordine in una materia
«confusa e incerta». Molte le materie affrontate ma i punti veramente
caldi sono tre: la vendita di una parte del patrimonio pubblico,
la possibilità di intervenire nel paesaggio vincolato e l'apertura
ai privati nella gestione di monumenti, musei, palazzi. «Non
venderemo mai i tesori d'Italia», ha detto il ministro. Sono in
molti a non crederlo. Le associazioni, innanzitutto. Italia nostra,
Legambiente, Wwf, Comitato per la Bellezza, Associazione Bianchi
Bandinelli. Ma anche sovrintendenti, studiosi, direttori di musei.
E naturalmente l'opposizione politica, che in questi due anni ha
gridato allo scandalo. Perché si teme la svendita? Il punto più
controverso è la norma sul silenzio-assenso contenuta nella scorsa
Finanziaria. Il codice la mantiene nell'articolo 12. In sostanza,
Tesoro e Cultura concertano un elenco di beni da vendere. Sottopongono
la loro richiesta ai sovrintendenti e questi hanno 120 giorni per
dire no, altrimenti si vende. «Come faranno ad avere il tempo
per esaminare tutte le richieste?», si chiedono a Italia nostra
e prospettano l'ipotesi che il silenzio-assenso sia decaduto, perché
quella norma prevedeva un termine di 30 giorni entro i quali gli
elenchi dovevano essere pronti. Ma l'ufficio tecnico del ministero
nega che sia così. «Il termine dei 30 giorni non è perentorio».
Urbani ha sempre detto che è impossibile fare la lista di tutti
i beni alienabili, se ne deduce che gli elenchi saranno più di uno
e comunque parziali. Dicono al ministero: «Il silenzio-assenso riguarda
soltanto la prima applicazione. Non sarà per sempre così». Ma una
scadenza non esiste. E' presumibile quindi che la «prima applicazione»
riguarderà molti elenchi parziali. Per adesso ce n'è uno, una trentina
di beni in tutto, comprende molte ex caserme e qualche palazzo storico,
come palazzo Blumensthil a Roma. Le sovrintendenze, cronicamente
a corto di uomini e mezzi, temono il silenzio-assenso. Dice Nicola
Spinosa, sovrintendente del polo museale di Napoli: «Noi non abbiamo
il personale che ci consente di affrontare un'eventuale emergenza
di richieste alla vendita. Il rischio di non poter rispondere e
dare il via libera all'alienazione di decine di beni è concretissimo».
A Italia nostra si stanno organizzando. «Come associazione abbiamo
titolo legale per chiedere di partecipare ai procedimenti di verifica».
L'altro tema rovente è quello delle cosiddette privatizzazioni.
La legge Ronchey ha già aperto ai privati, permettendo la gestione
dei servizi aggiuntivi, librerie, vendita di gadget, caffetterie.
Ma Urbani è andato oltre. I privati potranno gestire un museo, perfino
il Colosseo. E i critici sono tanti. Il direttore del Louvre insorse
quando se ne parlò la prima volta. «Non siamo al supermercato —
disse —. Tutto quel che riguarda l'arte deve avere carattere culturale
e non commerciale». Nicola Spinosa lo segue su questo punto: «Che
si vuol fare, eliminare lo staff tecnico? Il privato investe se
ha un interesse economico immediato, quali garanzie darebbe riguardo
al rispetto artistico del monumento?». Ma uno tra i consiglieri
del ministro, l'economista Giacomo Vaciago, vicino alla sinistra,
abbraccia le tesi di Urbani: «Io credo nel valore e nella forza
dei privati, cioè della società civile. Si guardi la fondazione
di Bill Gates. Cooperare nei rispettivi ambiti, pubblico e privato,
questa è l'ottica del ministro, e io la condivido».
L'elenco
in esame Questi alcuni degli immobili contenuti nel primo elenco
all'esame delle Soprintendenze che dovranno dare l'assenso, o meno,
alla vendita. A Roma: Palazzo Blumenstihl, Auditorio di Mecenate,
Palazzo dell'Agenzia del territorio. A Cosenza: ex convento di Santa
Chiara, ex caserme Fratelli Bandiera, Garibaldi e Domenico Moro.
A Gallarate e Vimercate (Milano): ex casa del Fascio.
Tesori,
caserme, palazzi: le regole della vendita, Mariolina lossa Corriere
della Sera, 28/4/2004 |
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24
marzo 2004 |
Gli
immobili devono rendere |
"Gli
immobili in esame delle sovrintendenze
Acquate:
(Lc) Sede dell'ex Fascio di conbattimento.
Como:
Fabbricato urbano - ex monastero delle Agostiniane della SS Trinità,
Ex caserma Domenico Moro Palazzo Valdesi.
Cosenza:
Ex convento di Santa Chiara, Ex caserma Fratelli Bandiera, Ex caserma
Garibaldi, Palazzo degli uffici finanziari e del Genio civile.
Gallarate:
Ex casa del Fascio. Roma: Auditorio di Mecenate (demanio pubblico),
Palazzo Blumensthil di via Vittoria Colonna, Palazzo dell'Agenzìa
del Territorio (direzione generale).
Roma
P.N.F. Ostia Antica Palazzo in via Caroncini Complesso immobiliare
in via A. Ciamarra Terreno in via Cesena. Saronno (Va) Uffici finanziari.
Varese
Ex palazzo del Littorio (ora "Palazzo Italia") Fabbricato della
ex ferrovia Bettole di Varese-Luino.
Vimercate
(Mi) Ex casa del Fascio.
«Valorizzazione,razionalizzazione
e riconversione del portafoglio immobiliare dello Stato». È
questa la missione di Elisabetta Spitz, direttore dell'Agenzia del
Demanio, con l'occhio rivolto all'obiettivo della crescita della
redditività del patrimonio statale. E a questa missione Spitz torna
sempre, anche quando parla degli ambiziosi progetti di riqualificazione
di importanti aree e immobili statali all'interno delle città, che
l'Agenzia del Demanio sta lanciando in queste settimane. Anche quando
fa capire che l'Agenzia è pronta a muovere la «leva urbanistica»
per rimettere in moto le città. «Le grandi operazioni di riqualificazione
— dice Spitz — sono occasioni per rivitalizzare importanti parti
di città. Noi mettiamo il patrimonio, i Comuni decidono le funzioni
urbanistiche, mentre la gestione va fatta con chi la sa fare, cioè
i privati. Ma l'obiettivo resta per noi sempre quello di dare redditività
al nostro patrimonio. Redditività economica e sociale». E con questo
stesso obiettivo si giustifica la gigantesca operazione di censimento
del patrimonio avviata negli scorsi mesi. Come anche le verifiche
con le Sovrintendenze dell'interesse culturale dei beni con oltre
50 anni di età che tante polemiche hanno suscitato nei mesi scorsi.
«Il censimento del patrimonio e le verifiche con le Sovrintendenze
— dice Spitz — sono il primo passo del processo di razionalizzazipne
e valorizzazione del portafoglio». Architetto Spitz, il patrimonio
pubblico va razionalizzato, e quindi anche venduto, oppure valorizzato?
Penso lo Stato debba mantenere la proprietà dove le operazioni
di riqualificazione del patrimonio danno redditività. Non ha senso,
per esempio, tenere la proprietà di alloggi e terreni che sono proprietà
frammentate a bassa redditività. Quanto rende il patrimonio
statale? Una relazione della Corte dei conti del gennaio 2001 diceva
che la redditività del patrimonio statale era ferma allo 0.01 per
cento. Abbiamo lavorato fin dall'inizio per migliorare questa performance.
Con quali risultati? Quel valore oggi è notevolmente cresciuto,
ma il consuntivo lo avremo a giorni con i dati di bilancio. Come
l'avete ottenuto? Abbiamo informatizzato, riscosso crediti che non
erano stati mai riscossi, abbiamo transato su cause che duravano
da anni, abbiamo incassato dalle Ferrovie dello Stato 23 miliardi
di lire di crediti pregressi, abbiamo riscosso le cartelle non pagate.
Ora come si può fare un ulteriore salto nella redditività della
gestione patrimoniale? Anzitutto, rilocalizzando e razionalizzando
gli usi governativi. Il monitoraggio del patrimonio ci dà notizie
anche su questi usi e deve attivare un processo straordinario di
razionalizzazione cui nessuno è giusto si sottragga, neanche i nostri
uffici. Certi sprechi di spazi non sono più ammissibili, abbiamo
in uso troppi metri quadrati pro capite. Un secondo punto di razionalizzazione
è quello della manutenzione. Abbiamo pronto un manuale di manutenzione
programmata che detta le modalità di svolgimento e razionalizza
il costo. Quando partiranno i grandi progetti di riqualificazione
nelle città? Stiamo lavorando intensamente ed entro il 2004 avvieremo
iniziative importanti. A Torino, entro questo mese terremo la conferenza
di servizi per la Cavallerizza, a Roma abbiamo già appuntamento
con il notaio per la permuta Angelo Mai-via Giulia, anche a Milano
avvieremo la conferenze di servizi a breve. Lei dice che nelle grandi
operazioni di riqualificazione occorre coinvolgere i privati. Utilizzerete
lo strumento della Stu, le società di trasformazione urbana? Premesso
che noi abbiamo riformato la Stu, togliendole l'ingessatura burocratica
che aveva prima, dico che la Stu comporta un costo e va bene per
progetti molto complessi che abbiano un'operatività non troppo differita
nel tempo. Ci sono altri strumenti, come gli accordi di programma
previsti dalla legge 410 e, a valle della variante urbanistica,
la concessione edilizia o il piano attuativo. Pensiamo, però, anche
a strumenti più raffinati che separino la gestione dalla proprietà.
Quanti protocolli di intesa avete firmato finora con i Comuni? Sedici.
Ma fuori c'è la fila di Comuni per firmarne altri. Quando parla
di separare proprietà e gestione pensa alle concessioni? La concessione
è uno strumento ancora molto rigido. Penso a strumenti amministrativi
di derivazione anglosassone che consentano di finanziare progetti
di valorizzazione più che la proprietà. Strumenti che distinguano
fra la proprietà e l'uso del bene".
Giorgio
Santilli - Il Sole 24 Ore, 24/3/2004 |
|
12
gennaio 2004 |
Nuovi
elenchi: vale il silenzio assenso |
"Questione
di giorni. Appena il tempo di vedere pubblicato in «Gazzetta» il
decreto Beni culturali-Difesa-Demanio con i criteri per elencare
e descrivere gli immobili di pregio artistico. Poi, entro i successivi
30 giorni, si metterà in moto la procedura per verificare la sussistenza
o meno dell'interesse culturale del "mattone tutelato". Entro
un mese, infatti, l'agenzia del Demanio dovrà trasmettere, alle
soprintendenze competenti per territorio, gli elenchi degli immobili
di proprietà dello Stato (o del demanio statale) da sottoporre
a valutazione. La novità, in materia di alienazione dei beni
artistici, è arrivata con l'articolo 27 della legge 326/2003
(di conversione del cosiddetto decretone, contenente una consistente
tranche della manovra economica per il 2004). L'obiettivo dichiarato
è passare al vaglio il patrimonio pubblico (a cominciare da quello
statale) di «interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico»
in modo da continuare a tutelare quello che merita di esserlo. E
classificare come vendibile tutto il resto. La valutazione sarà
a carico delle soprintendenze le quali, se vorranno evitare che
scatti il silenzio assenso, dovranno completare l'esame entro il
tanto discusso termine di 120 giorni dalla richiesta. «Il decreto
interministeriale che dovrà stabilire i criteri per predisporre
gli elenchi e le modalità di redazione, oltre alle procedure per
la loro trasmissione, sarà firmato al più presto, non appena avrà
ricevuto il nulla osta dell'ufficio legislativo dei Beni culturali».
Lo assicura Roberto Cecchi, direttore generale dei beni architettonici
e del paesaggio, e incaricato dal ministro dei Beni culturali, Giuliano
Urbani, di portare avanti l'iniziativa in coordinamento con il Demanio
e con il ministero della Difesa (per quanto riguarda le strutture
ancora in uso ai militari). Il provvedimento attuativo è previsto
dal comma 9 del citato articolo 27 della legge 326/2003. In più,
il solo ministero dei Beni culturali dovrà stabilire gli «indirizzi
di carattere generale» in base ai quali le soprintendenze dovranno
eseguire la famosa verifica. Per definire queste linee guida
la legge 326/2003 (articolo 27, comma 2) non prevede limiti di tempo,
né indica un provvedimento particolare. Tuttavia, fa capire Cecchi,
su questa materia non si devono attendere novità sostanziali rispetto
alle procedure tuttora vigenti. «Le soprintendenze hanno già eseguito
in passato valutazioni per stabilire l'alienabilità o meno di molti
immobili, applicando il Dpr n. 283 del 2000 -ricorda sempre Cecchi
-. Credo che non ci sia molto da aggiungere rispetto a questa norma».
Il riferimento è al decreto del Presidente della Repubblica, che
in 24 articoli riassume il «Regolamento recante disciplina delle
alienazioni di beni immobili del demanio storico e artistico». Ma,
soprattutto, il dirigente dei Beni culturali assicura che non si
verificherà alcun ingorgo tale da paventare il rischio di far scattare
il silenzio-assenso sui beni che meritano di restare di proprietà
pubblica. «Questo rischio - sottolinea sempre Cecchi - sarà evitato
grazie a un coordinamento strettissimo con il Demanio. In sostanza
faremo in modo che le soprintendenze non vengano "sommerse" oltre
misura dalle richieste di valutazione». Le nuove norme sulla alienazione
dei beni culturali contengono anche una sorta di veto in grado di
impedire la cessione. Il comma 4 del medesimo articolo (modificato
in sede di conversione del decretone) prevede infatti la possibilità
che «ragioni di pubblico interesse» possano impedire la sdemanializzazione.
Tali ragioni vanno valutate «da parte del ministero interessato».
Quest'ultima specificazione (aggiunta alla norma in sede dì conversione
del decretone) sembra andare a vantaggio principalmente del ministero
della Difesa, che in tal modo si vede riconosciuto un estremo appiglio
per cercare di evitare la cessione di beni. Quanto alla lista degli
asset vendibili, a essi verrà data la massima pubblicità, anche
all'interno del sito del dicastero di Giuliano Urbani."
Sole
24 ore, 12/1/2004 |
|
Settembre
2003 |
Silenzio-assenso
vendite BB.CC.
|
"
Vendita
più facile per gli immobili di valore culturale, addizionale Irpef
bloccata fino al 2005 e una tessera sanitaria elettronica per accedere
alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. La Finanziaria
già cambia per mano di un nutrito pacchetto di emendamenti - circa
130 - messi a punto e presentati dal relatore al provvedimento Ivo
Tarolli dell'Udc. Nel frattempo nella maggioranza si compone un
fronte a favore di norme più severe per il condono edilizio: dopo
gli emendamenti della Lega sono arrivati quelli di An sostanzialmente
dello stesso tono. Cdl e Ulivo: 1.000 emendamenti a testa. Si fanno
intanto i conti sulla valanga di emendamenti presentati: Casa delle
libertà e Ulivo hanno presentato più di l.000 modifiche a testa.
Nel mirino dei parlamentari c'è il condono edilizio che ha totalizzato
circa 400 emendamenti. «La maggioranza è lacerata si arriverà alla
fiducia», ha detto Angius (Ds). Cresce i1 fronte anti-condono. Dopo
la Lega anche An, a firma di Giuseppe Specchia, chiede norme più
restrittive per il condono edilizio. Nel mirino è soprattutto la
disposizione del decretone - di cui An chiede l'eliminazione - che
consente di sanare, con una singola domanda 750 metri cubi (circa
250 metri quadrati) : in questo modo più richieste cumulate sullo
stesso edificio potrebbero portare alla sanatoria di interi palazzi.
An chiede anche che la competenza sulle demolizioni, oggi dei Comuni,
passi ai prefetti, che sia introducono l'obbligo dell'accesso pubblico
al mare per chi condona immobili sul demanio marittimo e la riduzione
dell'oblazione per la prima casa. Immobili artistici a rischio.
Il caso dell'articolo 27 del decretone che prevede,
previo un esame delle sovrintendenze, la sdemanializzazione e la
vendita di immobili e beni mobili artistici e culturali si
arricchisce di un nuovo elemento. Un emendamento del relatore Tarolli
prevede che il giudizio delle sovrintendenze, che in base all'articolato
hanno 60 giorni di tempo per decidere, sia sottoposto al silenzio-assenso.
Tuona il Verde Turoni: «Urbani se ci sei batti un colpo». Sviluppo
Italia e Cassa Depositi, Un emendamento del relatore prevede che
i beni immobili dello Stato che possono essere utilizzati a fini
turistici potranno essere venduti dall'Agenzia del demanio a Sviluppo
Italia, la società del Tesoro. Da Forza Italia, Grillo, chiede di
cancellare la norma per la trasformazione in spa della Cassa Depositi
e Prestiti (analoghi provvedimenti vengono dall'opposizione). Il
ritorno dello scontrino fiscale. Uscito dalla porta per incoraggiare
i commercianti ad aderire al concordato preventivo rientra dalla
finestra. Infatti un emendamento del relatore prevede che, se richiesto
dal cliente, lo scontrino dovrà essere emesso dal negoziante anche
se ha aderito al concordato fiscale. E' quanto prevede un altro
emendamento Tarolli che dispone uno slittamento dei termini di adesione
dal 28 febbraio del 2004 al 16 marzo, allineando la scadenza a quella
della proroga del «condono tombale». Blocco addizionali Irpef. Slitta
dal 31 marzo 2003 al 31 dicembre 2004 il termine per la conclusione
dei lavori dell'Alta commissione per il federalismo fiscale. Si
apre anche la possibilità di mantenere bloccate fino al maggio del
2005 e addizionali comunali e regionali Irpef.
Roberto
Petrini la Repubblica 18/10/2003 ROMA
|
01 agosto 2003 |
Toscana:
322 edifici in vendita
|
"L'assessore
Zoppi: "Chiediamo al Governo la notifica su almeno 80 degli edifici
privatamente alienabili" 322 beni pubblici toscani nell'elenco della
Patrimonio spa: la situazione Provincia per Provincia - La biblioteca
Marucelliana di Firenze, la Sovrintendenza ai Monumenti di Arezzo,
gli archivi di Stato di Lucca e Firenze, l'Istituto Geografico Militare,
i fari della Capitaneria di porto di Grosseto, Orbetello e dell'Isola
del Giglio, la torre dell'orologio con la chiesetta e le abitazioni
dell'Isola della Gorgona: tutti questi e molti altri edifici pubblici
fanno parte dei 322 beni demaniali toscani inseriti nell'elenco dei
beni potenzialmente alienabili allegato al decreto di costituzione
della Patrimonio spa, l'azienda creata dal Governo per sfruttare a
fini economici il patrimonio pubblico italiano. Sul loro futuro, in
particolare su quello degli edifici e delle aree di maggior pregio,
la Regione ha chiesto precise garanzie. La creazione della Patrimonio
spa ha suscitato mai sopite polemiche riguardo alla possibilità, innegabile
ad un'azienda privata, di affittare o persino vendere i beni in suo
possesso. Per questo la Toscana ha voluto procedere ad una dettagliata
mappatura dei beni che potrebbero essere trasmessi dallo Stato all'azienda,
verificandone l'effettiva funzione, la collocazione e lo stato di
conservazione. Il risultato è stato stupefacente: oltre a numerose
piccole caserme o stazioni di Polizia e Carabinieri (ben 77 in tutta
la Toscana e 29 nella sola provincia di Firenze), a depositi militari,
uffici delle capitanerie di porto, carceri, depositi, fondi, garage,
terreni, residenze ed uffici, nell'elenco figurano anche parchi, palazzi,
biblioteche e consistenti parti del patrimonio storico, architettonico
e ambientale dell'Arcipelago Toscano. "Dopo aver letto l'elenco dei
beni - dice l'assessore regionale alla cultura Mariella Zoppi - ed
aver visto che dei veri e propri tesori pubblici, edifici di grande
qualità architettonica, bellezza e pregio storico-artistico, potrebbero
venire, di fatto, sottoposti all'arbitrio di un'azienda privata, abbiamo
ritenuto doveroso pretendere dal Governo almeno una minima garanzia
sul loro futuro. Per questo abbiamo chiesto l'applicazione di una
notifica necessaria per vincolare i futuri utenti o acquirenti degli
edifici di maggior pregio a rispettare determinati parametri. Si tratta
di una parte consistente del patrimonio pubblico toscano ed è non
soltanto nostro diritto, ma anche nostro dovere cercare di tutelarlo
per quanto possiamo da eventuali scempi o speculazioni". Sono 80 i
beni, accuratamente selezionati, per i quali la Regione ha chiesto
la notificazione in base alla legge 490 del '99. Nell'elenco non figurano
edifici o terreni compresi nei Comuni della Provincia di Pisa. 01/08/2003 |
|
13 Marzo 2003 |
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Firenze
- Hanno fatto appena in tempo a utilizzarlo come spazio per
una mostra di arte contemporanea, con opere di Calzolari e altri
maestri dell’arte povera fra l’odore ancora intenso del tabacco.
S’intitolava Sboom! e avrebbe dovuto segnare il primo passo verso
la trasformazione della ex Manifattura
Tabacchi di Firenze in cittadella della cultura. Un nome,
un destino, avrebbe detto Tristram Shandy facendo contento il ministro
Tremonti, che prima di Natale, mercé, un nuovo decreto, si è venduto
il complesso fiorentino. E non solo. Dalla pagine del Giornale dell’arte
l'archeologo e docente dell’University College di Londra, Gaetano
Palumbo, denuncia:sono
35 le proprietà vincolate messe in vendita
nella prima fase delle aste Scip, la società di cartolarizzazione
degli immobili pubblici creata, prima della Patrimonio spa, nel
novembre 2001. Sono già stati venduti Palazzo Correr a Venezia,
un palazzo storico al centro di Palermo, e un edificio
a Milano, costruito sulla zona dell’anfiteatro romano, mentre
ancora invenduti risultano Palazzo Artelli a Trieste, la residenza
termale dei Granduchi di Toscana a San Giuliano Terme, e Villa Manzoni
a Roma. «Questi ultimi- spiega Palombo - essendo stati battuti già
due volte, verranno messi in vendita con uno sconto del 25%. Se
anche in quel caso le proprietà non saranno vendute, sarà battuta
un’altra asta con base scontata del 35%. L’asta finale sarà a base
libera, quindi teoricamente qualcuno potrebbe portarsi via queste
proprietà per pochi euro».
12/03/2003
Clorofilla.it |
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6
Marzo 2003 |
Poca
trasparenza |
VENDITA
IMMOBILI DICHIARAZIONE DELL'ON. GIOVANNA MELANDRI "Mi dispiace vedere
l'on. Armosino, forse a corto di argomenti nel tentativo di difendere
la cartolarizzazione del Ministro Tremonti, affidarsi a dichiarazioni
errate e di imbarazzante genericità che non depongono certo a favore
della sua ben nota sagacia. E'sconsolante, inoltre, vedere un Governo
che non si cura di evitare che possano rimanere impigliati nelle
maglie di questa enorme "svendita" beni che sarebbe più giusto rimanessero
patrimonio di tutti e su cui, al contrario, bisognerebbe che lo
Stato investisse per recuperarli e valorizzarli. L'onorevole Armosino
ricorda il censimento fatto nel 2000 dal Governo dell'Ulivo ma trascura
di ricordare che all'epoca erano operanti norme che tutelavano realmente
gli immobili vincolati o di pregio storico-artistico, fissando regole
chiare ed attribuendo al Ministero dei Beni Culturali un importante
ruolo di controllo mentre ora tali regole sono state spazzate via.
Successivamente, infatti, sono intervenute le leggi 351 del 25 settembre
2001 e 410 del 23 novembre 2001 - il cui ripasso le consiglierei
- volute fortissimamente dal Ministro Tremonti, che prevedono forme
di «dismissione in blocco unico del patrimonio immobiliare mediante
conferimento alle società veicolo appositamente costituite», come
Scip e Patrimonio dello Stato. Tali leggi prevedono che il passaggio
dei beni al patrimonio vendibile si effettua mediante la sola formulazione
degli elenchi ridimensionando i poteri di tutela delle Soprintendenze.
La legge 351, art. 3 comma 17 dispone, infatti: "I trasferimenti
di cui al comma 1 [e cioè il trasferimento delle proprietà immobiliari
nelle liste Scip] e le successive rivendite non sono soggetti alle
autorizzazioni previste dal decreto legislativo 29 ottobre 1999
n. 490 (la legge sulla tutela dei beni culturali)". Quindi non solo
le proprietà, anche se vincolate, possono essere vendute senza alcun
controllo, ma anche le successive rivendite non sono più sottoposte
all'esercizio della tutela da parte del Ministero dei Beni culturali.
Che il Governo, dunque, sia "cieco" rispetto agli acquirenti di
un'asta pubblica è doveroso, ma è grave che sia cieco, muto e sordo
nei confronti della tutela del patrimonio. Infine, quanto alle dichiarazioni
dell'on. Armosino a me personalmente indirizzate mi limito a dire
che se è già abbastanza squallido quando questi commenti beceri
li formulano degli uomini, è davvero una miseria quando vengono
da donne. Personalmente sono più interessata agli atti del Sottosegretario
Armosino che non all'aspetto fisico. Se l'on. Armosino vuol parlare
dei primi, bene. Se vuol continuare a parlare d'altro ci sono in
Italia centinaia di bar in cui potrà andare a farlo. Ma da sola."
Roma,
6 Marzo 2003 |
|
3
Marzo 2003 |
Cessione
di 36 immobili dello stato |
VENDITA
IMMOBILI DELLO STATO: CESSIONE 36 IMMOBILI DELLO STATO A FONDO PRIVATO
Villa Manzoni a Roma, la Manifattura Tabacchi di Firenze e un palazzo
nel centro storico di Palermo alcuni degli edifici più importanti.
Interrogazione parlamentare dell'on. Giovanna Melandri (DS) "In
merito alla notizia riportata questa mattina dell'avvenuta cessione
di 36 immobili di proprietà del Ministero dell'Economia al fondo
privato statunitense Carlyle, il Governo dovrebbe fornire maggiori
spiegazioni. Di quali immobili si tratta? A che condizioni sono
stati ceduti e per quale valore? Vi sono tra di essi beni di valore
storico - artistico? E' opportuno ed urgente che il Governo renda
noti i particolari di questa operazione. In caso contrario si rafforzano
i dubbi sorti intorno alle cartolarizzazioni volute da Tremonti
ed alla costituzione di Patrimonio Spa. Da mesi, infatti, malgrado
le richieste, l'attività di cartolarizzazione dei beni del demanio
pubblico avviata dal Governo Berlusconi, procede senza alcuna garanzia
di trasparenza. Non ci sono notizie, non ci sono più le regole che
tutelavano dal rischio di svendita monumenti, musei, palazzi storici,
aree archeologiche, non ci sono più certezze. Le rassicurazioni
verbali del Ministro Tremonti e dei vertici di Patrimonio Spa non
bastano. Occorre che venga ripristinata la norma che stabiliva tutele
e regole per i beni di valore storico artistico. Fino ad allora
è necessario che le cartolarizzazioni dei beni del demanio pubblico
avvengano alla luce del sole ."
Roma,
3 Marzo 2003 - Per informazioni 06.67605301 |
|
Febbraio
2003 |
Cosilinum
in vendita |
|
Cosilinum,
a Padula in provincia di Salerno, è in vedita con 999 quote a 1000
euro ciascuna. Un intero sito archeologico nel cuore della Lucania
con Torre Quadrata, e circostante terreno di mq.43.000 è in vendita
a privati ed enti pubblici interessati. La città risale al IV secolo
a.c. mancano a tuttoggi un' adeguata campagna di scavo e fonti letterarie
di studio. |
|
9
dicembre 2002 |
Urbani
come sempre smentisce |
"Vogliamo
innanzitutto tutelare e poi anche valorizzare il nostro immenso
patrimonio: nessuno ha mai pensato di vendere beni artistici o di
affidare ai privati i musei italiani'': lo ha detto il ministro
per i Beni culturali Giuliano Urbani ad un dibattito oggi a Milano.
All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, il consigliere di
amministrazione della Rai e assessore alle culture della Lombardia,
Ettore Albertoni, e l'assessore alla Cultura di Milano Salvatore
Carrubba. ''I monumenti nazionali - ha spiegato il ministro - non
possono essere alienati perche' sono vincolati. Noi non abbiamo
mai pensato di privatizzare un bel nulla. I musei sono pubblici
e tali devono rimanere. Il tesoro degli italiani deve restare degli
italiani tutti, sarebbe una mostruosita' cederli a privati. Noi
vogliamo invece avere la possibilita' di dare la gestione di alcuni
beni culturali in 'con-cessione'. Non quindi cederli, ma avere un
aiuto da chi ha una cultura della gestione migliore della nostra.
I musei resteranno comunque sotto la responsabilita' dei sovrintendenti
e dei direttori. La stessa Costituzione afferma all'articolo 9 che
la tutela e' esercitata dallo Stato''. Peraltro ''il patrimonio
culturale e' la calamita che attira il turismo: vengono dall'estero
per visitare Brera o gli Uffizi, per assistere a uno spettacolo
della Scala. Il patrimonio artistico ha, anche dal punto di vista
economico, una importanza enorme. Non solo: molti sostengono, e
sono d'accordo, che il mondo si rimpiccolisce. E questo fa diventare
sempre piu' importante il riconoscimento di che cosa e' italiano
rispetto a quanto e' di altri Paesi. Noi siamo conosciuti per il
nostro patrimonio artistico, di qui il fatto che la nostra autorevolezza,
la credibilita' e l'attrattiva di tutto quello che produciamo siano
strettamente legati alla visibilita' e al prestigio del nostro passato.
Noi siamo conosciuti per quello che abbiamo fatto. Sono la nostra
identita' culturale e il patrimonio artistico a renderci straordinariamente
ricchi e contemporaneamente italiani''
(ANSA)
MILANO, 9 DIC |
|
4
dicembre 2002 |
Alba
Fucens in vendita |
|
"Prima
manifestazione pubblica in Abruzzo, il 14 dicembre, contro la vendita
dei beni demaniali - tra cui l'antica citta' romana di Alba Fucens
- il cui elenco e' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del
6 agosto scorso. La promuove Legambiente Abruzzo, con il Comune
marsicano di Massa D'Albe, proprio nell'anfiteatro romano di Alba
Fucens. Pullman per la Marsica saranno organizzati per quel giorno
dall' associazione ambientalista, in partenza da ciascun capoluogo
di provincia abruzzese. Per gennaio, invece, il sindaco di Massa
Mario Parlati - nel cui territorio ricade il sito archeologico -
ha annunciato un consiglio comunale aperto anche agli amministratori
dei comuni limitrofi (una trentina) proprio nell'area archeologica,
posta a 1050 metri di quota, alle pendici del Monte Velino. Due
settimane dopo la pubblicazione dell' elenco sulla Gazzetta Ufficiale
due quotidiani deteschi avevano espresso la loro preoccupazione
per la messa in vendita da parte dello Stato Italiano. Citando proprio
Alba Fucens, inoltre, definirono ''irrisorio'' il prezzo stabilito
di poco piu' di 40mila euro. ''I gioielli dell' Abruzzo ceduti alla
Patrimonio Spa - ha dichiarato il segretario regionale di Legambiente,
Antonio Ricci - in cambio del Terzo Traforo del Gran Sasso, inserito
nella Legge Obiettivo''. ''In pratica - ha spiegato Ricci -, con
obiettivi legati alla necessita' di ridurre il debito pubblico,
finanziare la realizzazione di infrastrutture e getsire in maniera
redditizia il patrimonio dello Stato, negli ultimi mesi si e' intervenuti
con provvedimenti che modificano profondamente l' ordinamento relativo
alla gestione dei beni pubblici nel nostro Paese: le leggi 410 del
2001 e 112 del 2002''. ''Con la prima - ha aggiunto Ricci - si autorizza
il ministero dell' economia a costituire societa' per realizzare
operazioni di 'cartolarizzazione' dei proventi della dismissione
del patrimonio immobiliare di Stato ed Enti Pubblici; con l'altra
e' prevista la possibilita' di cedere il patrimonio dello Stato
a due societa' di diritto privato (Patrimonio dello Stato Spa e
Infrastrutture Spa). Alla prima possono essere trasferiti tutti
i beni immobili disponibili o indisponibili, nonche' demaniali;
il tutto puo' essere ulteriormente trasferito a Infrastrutture Spa,
societa' creata per finanziare la realizzazione di opere pubbliche
e aperta anche al capitale privato'. (Ansa) PESCARA, 4 DIC ''
"Sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 6 agosto di quest’anno
è stato messo in vendita il sito archeologico di Alba Fucens.
Anfiteatro, terme, foro, basilica, santuario, mosaici, colonne e
strade lastricate: tutta l’antica città romana si può acquistare
ad appena 40.615 euro (78 milioni delle vecchie lire), un vero prezzo
di saldo. “Questo progetto è un’offesa per tutti noi. – afferma
Mario Parlati, sindaco di Massa d’Albe - Alba Fucens deve restare
di proprietà degli italiani affinché possa continuare ad essere
quel fondamentale polo turistico e culturale del nostro territorio.
Alba è visitata ogni anno da 70.000 turisti, è il sito archeologico
più importante della regione, che ha già restituito un inestimabile
patrimonio artistico, anche se portato alla luce solo in parte.
Questo gioiello deve essere valorizzato, molto più di quanto non
lo sia adesso, ma certo non venduto. Per la Marsica, a cui il terremoto
del ’15 ha portato via quasi tutto il patrimonio storico, Alba costituisce
anche un irrinunciabile pezzo della nostra memoria. Ho scritto anche
al Presidente Ciampi – continua Parlati - e se proprio sarà necessario,
piuttosto la comprerò io Alba Fucens per regalarla al mio comune.
Chiedo agli abruzzesi di contribuire a questa battaglia di civiltà
partecipando alla manifestazione del 14 dicembre.” Il sito archeologico
di Alba Fucens è solo il caso emblematico ed il più rappresentativo
di un grande patrimonio pubblico regionale che è stato posto in
vendita. In 51 comuni abruzzesi il governo vuole liberarsi di ogni
sorta di beni demaniali, 147 fra edifici e terreni.
"Un
popolo riconosce la propria identità – dice Antonio Ricci, presidente
regionale di Legambiente - anche attraverso i beni del patrimonio
pubblico. Ci sentiamo italiani perché siamo partecipi di una storia
secolare che ha disseminato questo paese di uno straordinaria ricchezza
di opere, monumenti, paesaggi, un patrimonio unico al mondo. Cederlo
equivale a vendere non solo un pezzo del Paese Italia, ma anche
un po' della propria identità, del proprio senso di comunità. Neanche
quando l’Italia era ben più povera di adesso, i governi hanno mai
pensato di alienare i beni del Paese.” E’ ancor più inaccettabile
che si venda la ricchezza d’Italia per finanziare opere di dubbia
utilità (ponti, autostrade, trafori, ecc.), spesso dannose o inutili.
La Patrimonio SpA, istituita con il decreto Tremonti del 15 aprile
2002 (n. 63), poi convertito in legge il 15 giugno 2002 (n. 112),
ha lo scopo di realizzare le Grandi Opere, previste nella Legge
Obiettivo, finanziandole con la vendita del patrimonio pubblico.
La crescita del Paese passerebbe per la realizzazione di grandi
opere pubbliche che costeranno al Paese 346.000 miliardi di euro
in 10 anni. Ma tutti quei miliardi di euro necessari a fare dell'Italia
un cantiere non ci sono. Le casse dello Stato, è sotto gli occhi
di tutti, sono in rosso; i privati non si arrischiano più di tanto
in opere di dubbia utilità e di ancor più dubbio profitto. E allora?
Lo Stato aliena. Ma l'Italia e l'Abruzzo non sono in vendita. Stiamo
assistendo – continua Ricci - ad un vero e proprio salto di qualità
nell’attacco nei confronti dell’ambiente. Non si può più parlare
semplicemente di disattenzione nei confronti delle tematiche ambientali:
si tratta ormai di un vero e proprio affronto, di un tenace perseguire
priorità che confliggono vistosamente col rispetto e la valorizzazione
del territorio. "
04/12/2002
- Legambiente |
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