Callone
mediceo di Castelfranco di Sotto (PI)
"Una
sola pescaja, denominata 'il Callone', esiste attualmente nel Valdarno
inferiore a Castelfranco di sotto; nella quale sezione non vi fu
giammai ponte di materiale, comechè di un fodero a guisa di guisa
di ponte sullo sbocco della strada Francesca in Arno, e precisamente
a Fucecchio, faccia menzione un diploma di Federigo II del 1244
(di aprile) a favore degli ospitalieri di Altopascio.".. "Forse
appartenevano a quella di Montelupo gli avanzi di una pescaja
o callone che restano
tuttora sotto la torre de’Frescobaldi a Fibbiana. La continua manutenzione della steccaia
era un'opera importante e necessaria per i castelfranchesi, tanto,
che gli Statuti comunali del 1569 prevedevano "loffitio
de quattro huomini di steccaia" i quali erano "tenuti
et debbino ciascuno anno del mese di agosto, et ancora altro tempo
et mese, provvedere la steccaia delle molina del detto comune ovvero
pescaia et cercare et vedere se alcuno macamento vi fusse o bisognasse
alcuno acconcime fare con opere, pali, stipa, paletti et di qualunque
altro magisterio et cose necessarie a tale edifitio et racconciamento.
Et nelle predette cose et ciascuna di esse....imporre, fare, comandare
opere, legname, et qualunque altre cose opportune et necessarie
al detto lavoro.."
Emanuele repetti - Dizionario
Geografico Fisico Storico della Toscana
"Fino
al 4 novembre 1966, data della tragica alluvione dell'Arno, molti
nella zona del Valdarno di Sotto conoscevano quelle imponenti rovine
di traverso sull'Arno, in prossimità del ponte fra S. Romano e Castelfranco
di Sotto, testimonianza di un antica costruzione, di incerta utilizzazione
ma che la popolazione chiamava "il Callone". Il luogo era frequentato
da pescatori domenicali che approfittavano dello stretto passaggio
obbligato delle acque per catturare carpe, tinche, reine, cheppie,
e per i più piccoli l'ammasso di mattoni, calcina e pali diventava
una ottima piattaforma per tuffi nelle limpide acque dell'Arno.
Pochi erano e pochissimi sono, coloro che avevano un idea sulla
vera identità e funzione di detto Callone. Il Callone in quanto
tale, in effetti, era solo una minima parte di tutto un complesso
idraulico e architettonico che per tanti secoli ha sbarrato l'Arno
tra Castelfranco e S. Romano."
"La
prima testimonianza storico dell'esistenza di un mulino sull'Arno
fra le comunità di Montopoli V.A. e Castelfranco di Sotto risale
al 1387, quando si svolse una causa fra Castelfranco e Montopoli
contro Cigoli per l'utilizzazione di un mulino sull'Arno. poichè
la steccaia o pescaia avrebbe impedito la navigazione sul fiume
si doveva necessariamente lasciare un varco per le imbarcazioni,
detto "calle" o "callone". Allorchè la repubblica fiorentina ritenne
opportuno privilegiare la navigazione sull'Arno, fra i secoli XIV
e XV fece togliere tutti i numerosi sbarramenti sul fiume che si
trovassero sotto Firenze, escluso proprio la steccaia e il Callone
di Castelfranco di Sotto. le comunità di Montopoli e Castelfranco,
proprietarie dei due mulini posti sulle opposte rive del fiume,
delle relativa steccaia e del callone, dovevano mantenere a loro
esclusive spese tutti il complesso che, come immaginabile, era soggetto
ad una rapida usura e pertanto necessitava di numerosi lavori di
manutenzione e di rifacimento."
L. Atzori, G. Nanni, I. Regoli, Il Callone mediceo di Castelfranco
di Sotto, in "Erba d'Arno" n. 22
"Le
due comunità di Montopoli e Castelfranco ricorsero più
volte e con scarso successo alle magistrature fiorentine per ottenere
sovvenzioni allo scopo. La continua manutenzione della steccaia
era un'opera importante e necessaria per i castelfranchesi, tanto,
che gli Statuti comunali del 1569 prevedevano "loffitio
de quattro huomini di steccaia" i quali erano "tenuti
et debbino ciascuno anno del mese di agosto, et ancora altro tempo
et mese, provvedere la steccaia delle molina del detto comune ovvero
pescaia et cercare et vedere se alcuno macamento vi fusse o bisognasse
alcuno acconcime fare con opere, pali, stipa, paletti et di qualunque
altro magisterio et cose necessarie a tale edifitio et racconciamento.
Et nelle predette cose et ciascuna di esse....imporre, fare, comandare
opere, legname, et qualunque altre cose opportune et necessarie
al detto lavoro..."
"Forse
il maggiore inconveniente di questa struttura idraulica era il fatto
che ogni qualvolta transitava una imbarcazione più grande, il responsabile
del mulino doveva aprire le cateratte della "calle" con conseguente
interruzione delle sua attività. La presenza delle steccaia d'altra
parte, era sicuramente un notevole intralcio alla navigazione sempre
più importante nel corso del secolo XVI, considerato che l'Arno
era divenuto la principale via di trasporto per le merci provenienti
da Pisa. Infine una impressioanmnte serie di alluvioni dell'Arno
susseguitesi fra il 1530 3 il 1560, dovevano avere malridotto la
steccaia se nel 1570 i navicellai..." che frequantano il viaggio
di Firenze a Pisa...si dolveano ...non potere se non con pericolo
passare dalla pescaia del mulino delle comunità di costì" " Di fronte
a queste reiterate proteste dei navicellai, i magistrati castelfranchesi
progettarono la costruzione di un "calatoio" alla steccata d'Arno
per i navicellai". Alla fine del 1572 non essendo stato trovato
un rimedio valido che permettesse un agevole navigazione, l'Ufficio
di Capitani di Parte e gli Ufficiali dei Fiumi imposero l'apertura
del calle della steccaia...."
L. Atzori, G. Nanni, I. Regoli, "Il Callone mediceo di castelfranco
di Sotto, in "Erba d'Arno" n. 22
"Arno
(Arnus fl.) Il fiume maggiore della Toscana, alla quale un tempo
ha servito di politico confine, non potrebbe definirsi meglio che
con le parole del divino Alighieri: Un fiumucel che nasce in Falterona.
E cento miglia di corso nol sazia. Piccolo di fatti in principio
egli si accresce per via con cento minori rigagnoli, torrenti e
fiumane che in Arno si vuotano, e navigabile lo rendono sotto ai
ponti della sua città regina. Questo fiume storico che tanto male
e tanto bene apportò con le immense sue alluvioni; questo fiume,
a cui un dì lo stesso Serchio rendeva generoso tributo, non vedeva
la Chiana come oggi corrergli appresso. Piacque a taluni scrittori
derivare la parola Arno da greca origine (Ar noV) significante agnello
, mentre altri credettero che alla Tribù di Roma Arnense dasse il
suo nome Arno, piuttosto che l’antico paese di Arna posto nel confine
dell’Umbria fra Città di Castello e Perugia. Nasce l’Arno da due
fonti che zampillano fra enormi massi di macigno presso la vetta
della Falterona, monte che ha alla sua destra l’Alpe di S. Godenzo,
a sinistra l’Appennino di Camaldoli."
Tratto
dal Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana di Emanuele
Repetti, 1776 - 1852 |