Pieve
protoromanica, presso il Molino d'Egola,
parzialmente demolita nel dopoguerra e inglobata in edifici di civile
abitazione
La
Pieve di S. Saturnino in Fabbrica, risale al IX sec.; fino agli
anni '60 era presente anche il rudere della torre campanaria, fu
demolita in seguito a lavori edili autorizzati dal Comune di S.
Miniato (PI). Edificio protoromanico di inestimabile valore rappresentava
un riferimento geografico alla confluenza delle Valdegola col me-
dio Valdarno Inferiore. Elemento principale di un piccolo insediamento,
il Villaggio di Fabbrica. Ciò che rimane dell'antica costruzione
è ancora rintracciabile in alcune porzioni murarie attualmente intonacate
di un'abitazione dell'odierno Molino d'Egola nel Comune di S. Miniato.
(Immagine di apertura - Courtesy Don Luciano Niccolai)
"In
questo contesto ben strutturato, la Pieve di San Saturnino in Fabbrica
si configura come polo principale nell’ambito geografico alla confluenza
della Valdegola col medio Valdarno Inferiore. La costruzione doveva
apparire come elemento emergenziale di un piccolo insediamento,
il villaggio di Fabbrica. Situata in un area pedecollinare, ciò
che rimane dell’antica costruzione è ancora rintracciabile in alcune
porzioni murarie di una abitazione dell’odierno Molino d’Egola.
La pieve, invece, viene nominata per la prima volta soltanto nell’anno
867. La pieve di San Saturnino viene menzionata anche in una carta
del 904, in cui si parla di loco Plagia vicino alla suddetta pieve,
probabilmente l’attuale Piaggia. La pieve viene citata anche in
una carta del 942, che riguarda il vicino villaggio di Soffiano
(10), localizzabile nella campagna nei pressi di Ontraino. Del 974
è invece il documento emanato dal Vescovo di Lucca, che sancisce
il controllo economico della pieve di San Saturnino, ai signori
di Suggromigno In un altro importante documento, datato 907, Pietro
Vescovo di Lucca, nomina il prete Domenico officiante nella pieve
di San Giovanni Battista e San Saturnino situata in loco et finibus
Fabrica...Si passa al 1260, anno dell’Estimo della Diocesi di Lucca
(13). La pieve di San Saturnino in Fabbrica è ancora attiva ed ha
alle sue dipendenze 18 chiese suffraganee.. E’ lecito affermare,
che l’insediamento di Fabbrica fosse controllato dai Longobardi,
anche se il nome ha chiara origine latina (Fàbrica, luogo dove si
lavora, dal latino fàber, uomo che lavora)."
"Da
qui, l’ipotesi che il primo nucleo insediativo trovi origine, anche
per la sua posizione all’interno della morfologia collinare, in
ambito dei pagus romani, ovvero in quelle unità amministrativo-territoriali
rurali. Il luogo di questo piccolo centro, oggi identificabile con
il sito dove sussiste l’odierna Molino d’Egola, ai piedi del colle
di Cigoli, in posizione pianeggiante. Attualmente l'edificio, in
stato di abbandono, viene riutilizzato negli anni come abitazione.
Fino agli anni '60 era presente anche il rudere delle torre campanaria,
demolita a seguito di alcuni lavori edili. Nel 2005, scavi archeologici
nei pressi dell'area delle pieve di San Saturnino hanno riconosciuto
in alcuni reperti quello che rimane di due distinte abitazioni del
piccolo villaggio di Fabbrica, la cui decadenza è databile intorno
al XIV secolo". (Testo di Francesco Fiumalbi - Smartarc.)
"A
chi attraversi, anche soltanto in passaggio affrettato il territorio
corrispondente ai confini stabiliti per la diocesi di fondazione
seicentesca, e cioè quella ampia porzione della regione compresa
tra le valli dell'Arno e dei suoi principali affluenti - Era, Elsa,
Egola - non può non risultare evidente un carattere un carattere
che si mantiene costante lungo il percorso, sia nelle campagne che
nei borghi. E cioè la fitta orditura di costruzioni in
mattoni, che spiccano nelle varie tonalità vermiglie
e rosate sul verde dell'ambiente naturale circostante. Il dato paesaggistico
ha, come è comprensibile, caratteri propriamente storici,
che sono riconducibili ad una tradizione costruttiva che si è
venuta formando prevalentemente nella seconda metà del XII,
si è sviluppata sino a raggiungere esiti altissimi nel corso
del Duecento e del Trecento, e tuttavia si è mantenuta e
protratta fino in epoca moderna, per dire per non dire fino ad oggi.
La pratica edilizia in mattoni attraversa quindi la
storia degli insediamenti del territorio, segnandolo profondamente.
E il dato obiettivo è rintracciabile sia nelle prestigiose
costruzioni ecclesiali che negli edifici civili, siano essi luoghi
di rappresentanza pubblica che singole abitazioni"
(Il
paesaggio storico dell'architettura in laterizi, in Tesori medievali
nel territorio di S. Miniato, 1998, Pacini Editore)
"Il
romanico in laterizio: i bacini ceramici. Si
deve alla Cristiani Testi l'aver esaminato per prima - e ormai trentanni
fa - i caratteri dell'architettura e urbanistica del capoluogo,
con un analisi attenta anche delle costruzioni religiose a suo avviso
riconducibili al duomo di S. Genesio, comunque relate al panorama
complessivo dell'edilizia sanminiatese: tesi peraltro già delineata
con esempi pertinenti da Mario Salmi. Com'è noto la studiosa giungeva
ad individuare il radicale lombardo per quel filone costituito in
laterizi, e a rapportarlo cosi al gruppo di edifici disseminati
lungo la via Francigena nel suo tratto meridionale propriamente
valdelsano ...La nuova corrente locale dell'architettura
in cotto stabilisce, in tutta la sua specificità (che prima era
tutta cromatica), una cesura con la tradizione architettonica precedente,
che faceva riferimento alle tradizioni degli antichissimi, prestigiosi
edifici realizzati in pietra nelle città di Lucca e di Pisa e nei
loro contadi. Le nuove tecnologie tecnico- costruttive si saldano
in questo caso ad esiti formali nuovi per questo territorio, dando
luogo a piante differenziate dalla precedenti: si tratta infatti
quasi sempre di costruzioni di più ampie dimensioni rispetto
alle precedenti, ad aula unica e monoabsidate, oppure di chiaro
impianto basilicale"
(Il
paesaggio storico dell'architettura in laterizi, in Tesori medievali
nel territorio di S. Miniato, 1998, Pacini Editore)
ALLEGATI
"I
beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti
ad usi non compatibili con il carattere storico od artistico, oppure
tali da recare pregiudizio alla loro conservazione"
Art.
11, capo II della n.1089 del 1\6\39 recepito dal Testo Unico n.490/1999,
art. 21 e art.20 Nuovo Codice dei BB.CC.
"S'intende
per Restauro qualsiasi intervento volto a mantenere in efficienza,
a facilitare la lettura e a trasmettere integralmente al futuro
le opere."
"Sono
proibiti: 2) remozioni
o demolizione che cancellino l'opera attraverso il tempo.
4)
alterazioni delle condizioni accessorie e ambientali nelle quali
è arrivata sino al nostro tempo l'opera d'arte"
"Si
ricorda la necessità di considerare tutte le operazioni di
restauro sotto il sostanziale profilo conservativo, rispettando
gli elementi aggiunti ed evitando comunque interventi innovativi
o di ripristino. Sempre allo scopo di assicurare la sopravvivenza
dei monumenti, va inoltre attentamente vagliata la possibilità
di nuove utilizzazioni degli antichi edifici monumentali, quando
queste non risultino incompatibili con gli interessi storico-artistici.
I lavori di adattamento dovranno essere limitati al minimo, conservando
scrupolosamente le forme esterne ed evitando sensibili alterazioni
all'individualità tipologica, all'organismo costruttivo ed alla
sequenza dei percorsi interni."
Carta
del Restauro 1972 - Circolare n° 117 del 6 aprile 1972 MINISTERO
DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
"Restauro:
sono quegli inteventi tendenti alla conservazione integrale dell'edificio,
al ripristino dei suoi valori storici e delle caratteristiche
tipologiche ed architettoniche. L'intevento di restauro deve
tendere al mantenimento di una destinazione d'uso uguale od analoga
nelle sue conseguenze spaziali, distributive e tipologiche a quella
originale."
Norme
tecniche di attuazione del Piano Particolareggiato esecutivo
del Centro Storico di Vicenza. Definizione interpretativa della
teminologia usata nella normativa del P.P.
...
L.B.C.
|