Salvare
il paesaggio è un dovere civile. Paradossi nazionali del bel paese
"Il
nuovo libro di Salvatore Settis, "Paesaggio
Costituzione cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado
civile" edito da Einaudi,
denuncia gli assalti di cui è vittima uno dei principali patrimoni
del paese, ne illustra le cause e suggerisce come resistere Uno
dei paradossi nazionali: abbiamo le migliori leggi di tutela e il
peggiore abusivismo edilizio" La Repubblica, 3 dicembre
2010"
«Tre
paradossi, secondo Salvatore Settis, gravano sul paesaggio italiano
e sul suo futuro. L´Italia è il paese con un tasso di crescita demografica
bassissimo (quel poco che c´è è dovuto prevalentemente agli immigrati),
eppure è da noi che il cemento consuma più suolo in Europa. Solo
in Italia la protezione del paesaggio è scritta nella Costituzione
ed è in Italia che vigono le migliori leggi di tutela: eppure il
nostro è il paese più infettato dall´abusivismo edilizio e da quel
sistema di deroga costante che autorizza legalmente di costruire
in modo selvaggio. Ultimo paradosso: vantiamo una letteratura sterminata
sul paesaggio (giuridica, amministrativa, storica, filosofica…),
eppure nella scuola italiana non c´è verso di sentir pronunciare
quella parola. Storico dell´arte, archeologo, direttore prima del
Getty Research Institute di Los Angeles, poi, fino a quest´anno,
della Normale di Pisa, titolare della Cátedra del Prado, Settis
sta per mandare in libreria Paesaggio, Costituzione, Cemento. La
battaglia per l´ambiente contro il degrado civile (Einaudi, pagg.
326, euro 19). Il libro fa capire quale profilo ormai affianchi
quello del Settis studioso e docente: l´essere diventato fra i più
affidabili riferimenti di quel vasto schieramento che in Italia
fronteggia aggressioni e insensatezze a danno del paesaggio. E questo
saggio raccoglie riflessioni culturali e civili, cifre, scenari
economici, storie e una ricca documentazione di fonti legislative
e amministrative che consentono a chi si batte per evitare un sopruso
di avere uno strumento in più.»
Settis,
gli italiani non crescono, ma le case sì. Perché?
«Al
fondo anche delle più sfacciate operazioni speculative io ci leggo
una cultura arcaica, la memoria di una povertà ancestrale: persino
nelle zone più ricche del paese quel che conta è la rendita fondiaria
che blocca capitali e non produce ricchezza».
Il culto del mattone?
«L'idea
che il modo migliore per investire un capitale sia di tradurlo in
immobile. Che poi questo venga utilizzato o venduto è secondario.
È un carattere che accompagna la nostra economia da decenni, comprensibile,
forse, in un cittadino comune, meno in Giulio Tremonti».
Che però non è il ministro addetto al cemento
«E'
lui ad aver varato nel 2001 la norma che detassa il reddito d´impresa
se si investe in capannoni industriali: si spiega così, e con qualche
trucco aggiuntivo, perché le province di Treviso, Padova, Vicenza
e Venezia – ma anche altre in tutta Italia – siano disseminate di
stabilimenti vuoti che sfigurano il paesaggio pedemontano veneto
già massacrato quando la crescita economica di quelle aree era impetuosa
e quando incalzava il cosiddetto sprawl urbano, la dispersione abitativa».
Ecco il paradosso: mattone senza crescita.
«Un
altro potente fattore di devastazione è stata l´abrogazione di quella
parte della legge Bucalossi del 1977 che imponeva a chi costruiva
di contribuire ai costi che il Comune avrebbe sopportato per gli
allacci di luce, gas, acqua, per le strade, le fogne. Dal 2001,
ultimi giorni del governo Amato, quei soldi che il privato paga
finiscono nel bilancio del Comune che li usa come crede».
E qual è stata la conseguenza?
«Che
i Comuni, strozzati dal calo dei finanziamenti statali e poi dall´abolizione
dell´Ici, sono stati spinti a fare cassa concedendo quante più licenze
edilizie possibili. Hanno venduto suolo senza altra logica che quella
di tenere in piedi i bilanci. E sono incentivati a continuare. Poi
ci si mettono i condoni, il cosiddetto "piano casa"…».
Lei
raccoglie tantissimi dati sul consumo di suolo.
«Le
informazioni non mancano. Talvolta sono parziali. L´Istat ha accertato
che dal 1995 al 2006 sono stati rilasciati permessi per 3,1 miliardi
di metri cubi. E con questi dati l´urbanista Paolo Berdini ha calcolato
che si è costruito su 750 mila ettari di suolo, una superficie grande
quanto l´Umbria. Ma a queste cifre vanno aggiunti i numeri dell´abusivismo».
Sotto
questa marea di case, strade e stabilimenti annega parte consistente
del paesaggio italiano. Che cosa replica a chi sostiene che non
si possa guardare al paesaggio come a un bene immutabile, dato una
volta per sempre?
«Che
è verissimo. Il paesaggio cambia continuamente. Gli alberi di un
bosco crescono e poi vengono potati. Tutte le leggi, da quella di
Benedetto Croce degli anni Venti del Novecento al Codice varato
nel 2004 considerano il paesaggio come un prodotto storico, culturale,
cui cooperano natura e uomo».
Però
?
«Però
bisogna fare attenzione a quanto di capzioso può nascondere chi
si scaglia contro una presunta ibernazione del paesaggio. Le modifiche
che si possono apportare devono essere controllate e devono rispondere
a una logica che i paesaggi contengono dentro di sé e che va interpretata.
Il paesaggio non va protetto perché estetizzato, ma perché è portatore
di valori civili, garante della vita associata. È il filo che lega
esperienze sociali, delle classi ricche e colte e delle persone
umili, a cominciare dai contadini».
Quando
è saltato questo codice condiviso ?
«Dagli
anni Cinquanta in poi. Il fenomeno ha assunto aspetti antropologici
ed è poi diventato impetuoso negli ultimi decenni. Almeno all´inizio
è prevalsa la combinazione di diversi fattori: la crescita demografica
e del reddito, la voglia di rinascita dopo la guerra, il calo delle
professionalità e dei controlli pubblici, nuove tecnologie edilizie
e l´irrompere sulla scena macroeconomica del settore immobiliare».
E
venendo ad anni a noi più prossimi ?
«E'
saltato l´equilibrio città-campagna. La campagna è invasa dalla
città, ma non è diventata città e non è più campagna. Si è posto
il mercato al di sopra di ogni altro valore e lo spazio sociale,
che era carico di senso, è stato travolto dal meccanismo consumistico
di una violenta rottamazione, è diventato esso stesso una merce,
vale non perché possiamo viverlo, ma solo in quanto può essere occupato,
prezzato, cannibalizzato».
"Sa
indignarsi solo chi è capace di speranza", lei scrive citando Seneca.
Qualcosa sta cambiando ?
«Il
degrado di cui parliamo è parte di un degrado che investe le regole
del vivere comune. E l´opposizione cresce. Ovunque sorgono comitati
di cittadini, che scavalcano la mediazione dei partiti, attivano
forme di rappresentanza nuove, acquistano competenze, manifestano,
vanno al Tar e vincono. Si muovono con passione e abilità politica.
Il paesaggio rappresenta una cartina di tornasole, un test per intendere
come il cittadino vive se stesso in rapporto all´ambiente e alla
comunità che lo circondano»..
FRANCESCO
ERBANI VENERDÌ, 03 DICEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Cultura |