Chiesa
della SS. Annunziata, "Nunziatina"- ex Oratorio a pianta centrale
"Più
oltre sulla via Roma si trova la chiesa della SS. Annuziata, eretta
secondo una iscrizione posta sulla facciata, nel 1522; annesso è
il convento con un ampio cortile interno. In precedenza sul luogo
sorgeva l'Oratorio delle trecentesca Compagnia della SS.Annunziata
che, costruita la nuova chiesa, l'aveva donata ai frati agostiniani
della congregazione di Lecceto già insediati a San Miniato
in Santa Caterina. L'edificio, tutto in laterizio, ha una originale
struttura a pianta centrale absidata con alto tamburo ottagono che
nasconde la cupola. L'interno presenta un aspetto che si deve ai
lavori di abbellimento compiuti tra Sei e Settecento a cura delle
famiglia Roffia, tra le più eminenti della città.
Ampliata l'area absidale, nel 1657, fu costruito il maestoso altare
in pietra della Gonfolina che fa da cornice ad una annunziazione
tardotrecentesca ad affresco. L'antico dipinto era stato trasferito
in chiesa da un vicino tabernacolo esterno che si trovava accanto
alla porta di ser Ridolfo; fu per secoli oggetto di grande venerazione
attestata anche da alcuni ex voto che si sono conservati. Più
tardi, nel 1663, il nobile Niccolò Roffia fece anche sistemare
sotto la mensa dell'altare il corpo della martire Dorotea fatto
venire appositamente da Roma, e ornò l'abside di tele di
soggetto agostiniano e di un coro ligneo. Nella cappelletta laterale
dedicata a San Nicola figura il "Miracolo delle pernici"
tela firmata da Giovasnni Gargiolli e datata 1668" -
"San Miniato, il Valdarno Inferiore a la Valdera", Milano,
1999 - R. Toscana
"La
chiesa, comunemente chiamata "la Nunziatina", fu costruita nel 1522,
sull'area di un edificio trecentesco, dalla omonima Compagnia, che
donò agli Agostiniani Eremitani della Congregazione di Lecceto (Siena).
Preso possesso nel 1525 della chiesa e dell'annesso convento, i
monaci procedettero ad apportarvi importanti restauri e ampliamenti,
tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo. Il vescovo Poggi
la riconsacrò nel 1709. I monaci rimasero in questa sede fino alle
soppressioni napoleoniche. L'aspetto attuale della chiesa risale
alle ristrutturazioni tardoseicentesche. Ha la forma di un prisma
ottagonale chiuso da una cupola emisferica. La parte inferiore della
facciata è avanzata rispetto all'asse stradale. Sul lato destro
della porta rifinita con modanature in pietra. un'iscrizione testimonia
la data della costruzione (1522). La chiesa ha una pianta a croce
con una tribuna per l'altare maggiore e dua cappelle ai lati. L'uso
della pietra serena contrasta armoniosamente con il bianco celeste
delle pareti. All'interno della chiesa si trovano dipinti del '500
e del '600. Gli affreschi nel catino della cupola e nelle volte
delle cappelle laterali sono di Antonio Domenico Bamberini (sec.
XVIII). Nella monumentale Sagrestia si può ammirare una statua in
pietra di Sant'Agostino e una tavola raffigurante Santi Agostiniani,
da attribuire a Giovanni Brina."
"Questa
inedita categoria, non prevista nel Codice dei Beni Culturali, presuppone
quella non meno inedita di "patrimonio culturale regionale": si
straccerebbe così con una sola mossa l´art. 9 della Costituzione,
secondo cui il patrimonio culturale è elemento costitutivo della
Nazione, peraltro "una e indivisibile" (art. 5). Spezzettare
il patrimonio e sbriciolare lo Stato è la stessa identica cosa.
Qualche giorno dopo il ministro Bondi si vantò (giustamente) di
aver ottenuto che il patrimonio storico-artistico fosse escluso
dalle devoluzioni; ma non mancano tentativi di reintrodurre la norma.
In ogni caso, che ne sarà del nostro paesaggio se "tutti i beni
appartenenti al demanio marittimo e idrico" verranno dismessi dallo
Stato (art. 5), perdendo la loro natura di bene demaniale? Per sua
natura, il demanio marittimo e idrico è di proprietà pubblica perché
comprende beni comuni di uso collettivo; ma il decreto Calderoli
non prevede (come sarebbe possibile) il passaggio dal demanio statale
a quello regionale..."
Salvatore
Settis,
Paesaggio costituzione cemento, Torino
2010
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