S.
Michele il rivestimento in arenaria, a cura di Andrea
Maricelli
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Notizie generali | Tipi di rocce | Origine del materiale | Procedimento
di posa | Sculture |
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Per evidenziare la propria rilevanza la chiesa di San Michele, la chiesa delle incoronazioni, fu costruita in materiale lapideo con rivestimento litico praticamente totale, in visione cromatica aurea. Si tratta di una modalità di costruzione unica in una città le cui chiese erano associate al solo rosso dei mattoni, eccezion fatta per San Giovanni in Borgo, un'altra basilica romana ora distrutta, sulla quale però il rivestimento copriva solo la parte inferiore della facciata. San Michele di Pavia rimane dunque l'unico esempio nel quale quella particolare pietra fu utilizzata in questo particolare modo. La ragione della scelta di questo materiale sta nella facile reperibilità della pietra nell'area di Castello di Santa Giulietta nell'Oltrepò pavese. Fatto strano è che, nonostante questo, l'utilizzo del materiale lapideo sia quasi nullo in altri importanti edifici: nella basilica di San Pietro in Ciel d'oro l'arenaria venne utilizzata solo per alcuni dettagli architettonici, andando a formare un semplice effetto di contrappunto cromatico col rosso dominante; nella doppia basilica di S.Stefano e S.Maria del popolo, oggi sostituita dal Duomo, serviva invece ad individuare i portali e paramenti murari intermedi.
Il materiale che ricopre la facciata del S.Michele è composto da due tipi di rocce sedimentarie: 1) - Calcarea e nerastra, proveniente dalle colline tra o torrenti Verga e Coppa 2) - Giallastra proveniente dalle colline dell'oltrepò sopra Voghera L'impiego dell'arenaria in San Michele riguarda singoli dettagli architettonici, il contrappunto cromatico giallo-oro/rosso, la parte inferiore dei contrafforti, le modanature del portale e delle coperture, le lesene a fascio e infine le colonnine delle bifore e della galleria cieca in facciata. Dal grande impiego di questo materiale deriva l'altra particolarità della facciata, nella quale risulta invertito il rapporto tra architettura, portante o no, e scultura: la modellazione scultorea, impiegata solitamente solamente laddove si intendesse evidenziare i punti nodali (capitelli, mensoline, illustrazioni scolpite, cornici), è qui utilizzata avviluppando l'intera facciata. Peroni nel 1967 scrive: "...l'intera compagine litica si presta ad accogliere illustrazioni scolpite, fino quasi addirittura a rivoluzionare il rapporto abituale tra architettura e scultura, al punto che nel caso della facciata i rapporto sembrano invertiti, emergendo il fatto plastico-decorativo come condizione della struttura e non viceversa". E' necessario operare un breve excursus per rendersi conto di come l'operazione scultorea sia strettamente connessa con il tessuto urbanistico circostante la basilica.
Il corpo trasversale risulta autonomamente organizzato rispetto al resto della basilica (forse a questo punto registrabile come una doppia basilica), tanto da far pensare che l'entrata realmente utilizzata nel passato fosse quella che si apre sul lato nord della chiesa, corrispondente appunto ad uno dei due lati del transetto. |
Fig. 8 - San Michele Maggiore, il materiale che ricopre la facciata è composto da due tipi di rocce sedimentarie: 1) - Calcarea e nerastra, proveniente dalle colline tra o torrenti Verga e Coppa 2) - Giallastra proveniente dalle colline dell'oltrepò sopra Voghera. Fig. 9 - San Michele Maggiore, sculture del settore destro della facciata, 2002. Sono rilievi raffiguranti scene di lotta ed animali fantastici simboleggianti i pericoli del peccato. Fig. 10 - San Michele Maggiore, sculture del settore destro della facciata, 1928 con scene di caccia ed episodi del Vecchio Testamento. Fig. 11 - San Michele Maggiore, sculture del settore destro della facciata, 1967. Fig. 12 - San Michele Maggiore, portale sinistro della facciata, particolare, 1928. I piedritti (sulla destra del portale sono ricoperti di rilievi astratti, ispirati al repertorio tipico del romanico lombardo. Fig. 13 - San Michele Maggiore, portale sinistro della facciata, particolare, 2002. Sull'elemento esterno del piedritto sisnitro si distendono, all'interno di spazi quadragolari delimitati da cornici, dei rilievi figuranti raffiguranti scene dei Testamenti, difficilmente identificabili. |
L'importanza di questo ingresso, che peraltro si affianca agli edifici della canonica in qualche modo ancora oggi conservati, si nota attraverso il rapporto tra la piccola piazza antistante e la facciata, modificata nei contrafforti laterali rispetto a quella meridionale tanto da sembrare maestosamente ancorata al suolo da due strutture che nella loro grandezza portano l'immaginazione a rassomigliarle a due torri difensive. Nel lato sud del transetto, sacrificato dalla vicinanza delle abitazioni, le dimensioni dei contrafforti sono invece più usuali e maggiormente ridotte. Si tratta di una vera e propria lettura urbanistica e funzionale della struttura architettonica della chiesa.
L'arenaria, sbozzata in cava, veniva tagliata e lavorata a punta fine ed a scalpello direttamente sul luogo, in cantiere, con non eccessiva difficoltà vista la malleabilità del materiale. La posa avveniva contestualmente alla costruzione dell'anima del muro composto da mattoni, ciottoli e malta, la cosiddetta "muratura a sacco" dell'epoca. L'altezza dei letti di posa (di piani d'appoggio) dei conci di pietra da taglio (blocchi squadrati) variava in funzione dell'altezza degli stessi che, posti in maniera stratigraficamente diversa, presentano all'esterno alcuni la testa, altri il fianco. Lo spessore dell'ornamento varia da 15 a 40/50 cm delle sezioni di spinta d'angolo, che devono essere più robuste per sopportare la maggiore sollecitazione. Non si tratta di un semplice rivestimento, ma di un paramento che partecipa, con la propria massa, spessore, peso e resistenza, all'equilibrio statico dell'intera struttura: i problemi di conservazione dello stato dell'arenaria non pregiudicano quindi solamente la lettura delle raffigurazioni scultoree, ma la statica dell'edificio stesso.
La formazione dell'arenaria utilizzata a San Michele si deve, da un punto di vita geologico, a formazioni sedimentarie marine risalenti all'età terziaria, cioè al periodo cenozoico (da 65 a 2 milioni di anni fa). Suddivise dagli esperti del settore in diverse tipologie, le arenacee di San Michele in particolare farebbero parte dei cosiddetti "Conglomerati di Cassano Spinola", giacimenti realizzati in un ambiente litoral-deltizio nel quale gli apporti terrigni possedevano caratteristiche condizionate dalla morfologia dei fondali e dall'andirivieni delle correnti alimentatrici. Insomma, in queste cave si sono creati canali e docce di erosione in seguito colmati da materiale detritico eterogeneo, sia dal punto di vista granulometrico (d'analisi di dimensione e appartenenza di una miscela incoerente di granuli), sia da quello composizionale. Il problema reale sta nel fatto che questa composizione eterogenea di materiale costituente la pietra porta con sé un'estrema diversità (tra strati e nello stesso strato) di porosità e cementazione, favorendo lo sviluppo di quelli che vengono chiamati processi di degradazione selettiva: | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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