Incontri
sul paesaggio, il 'Museo diffuso', ecosostenibilità e Paesaggio
"L'
Ecomuseo come riscoperta autentica della cultura locale, finalizzata
alla conservazione della diversità, che muove dalla riscoperta dell’identità
come reazione alla standardizzazione culturale."
"Limen
propone una serie di incontri sul tema del 'museo diffuso', partendo
dal tema dell'ecomuseo, più in generale vuole riguardare il tema
del paesaggio come valore culturale oltre che estetico e percettivo.
L'obiettivo e' ripercorrere il quadro identitario del sistema Italia
che offre anche agli spettatori più casuali un grande museo a cielo
aperto di cui l'ecomuseo è uno degli esperimenti più riusciti e
riconosciuto degli ultimi anni. Uscire dai canoni tradizionali del
museo è l'esperimento da consolidare, rinnovare, ripetere nel tempo.
Uscire dalle sale delle pinacoteche delle gallerie dalle raccolte
di sculture per abbracciare l'innovazione portata dall'idea del
museo diffuso, dilatato nello spazio del territorio e delle città:
piazze, assi stradali, vedute di spigolo, loggiati, fondali, giardini
integrati con le architetture del palazzi, masse murarie che si
prolungano nel verde generando alchimie uniche. Allo stesso modo,
la veduta delle figure del paesaggio, dei luoghi, dei prodotti della
terra, dei dialetti, degli accenti."
"Parlare
di 'museo diffuso', termine particolarmente riuscito, significa
prendere coscienza in ultima istanza dell'immenso patrimonio culturale
che l'Italia offre in ogni luogo del territorio, partendo dalla
memoria, le radici, gli spazi naturali, valorizzando le tracce storiche
che hanno marcato il territorio nei millenni e che sono ancora perfettamente
leggibili. Tornare a vedere la filigrana e le infinite sfumature
e valenze del paesaggio significa riappropriarsi di una parte di
noi stessi, recuperando il pià grande spettacolo a cielo aperto
che troviamo con caratteristiche uniche nel nostro paese."
L.b.c.
in "Materia della città" - febbario 2012
"I
musei contemporanei tendono a occuparsi
più di "concetti" che di "cose" e per questo è sempre più difficile
stabilire qual è il loro campo di interesse. Gli ecomusei
non fanno eccezione a tale tendenza ed è stato così fin dalle origini.
Una delle definizioni più efficaci di ecomuseo è quella originariamente
proposta da da Riviére e de Varine e che fa riferimento alle differenze
fra musei tradizionali ed ecomusei: La definizione sulla quale lavora
il Laboratorio Ecomusei è quella di un patto con il quale una comunità
si impegna a prendersi cura di un territorio. “Patto”: non norme
che obbligano o proibiscono qualcosa, ma un accordo non scritto
e generalmente condiviso. “Comunità”: i soggetti protagonisti non
sono solo le istituzioni poiché il loro ruolo propulsivo, importantissimo,
deve essere accompagnato da un coinvolgimento più largo dei cittadini.
“Prendersi cura”: conservare ma anche saper utilizzare, per l’oggi
e per il futuro, il proprio patrimonio culturale in modo da aumentarne
il valore anziché consumarlo. “Territorio”:
inteso non solo in senso fisico, ma anche come storia della popolazione
che ci vive e dei segni materiali e immateriali lasciati da coloro
che lo hanno abitato in passato."
"L'Ecomuseo
è il museo del tempo e dello spazio in un territorio dato. E' un’istituzione
che si occupa di studiare, conservare, valorizzare e presentare
la memoria collettiva di una comunità e del territorio che la ospita,
delineando linee coerenti per lo sviluppo futuro; è il frutto del
rapporto costruttivo tra una popolazione, la sua amministrazione
e un equipe pluridisciplinare di esperti; è un organismo che, pur
rivolgendosi anche ad un pubblico esterno, ha come interlocutori
principali gli abitanti della comunità. E' un museo del tempo,
dove le conoscenze si estendono e diramano attraverso il passato
vissuto dalla comunità per giungere nel presente, con un’apertura
sul futuro; è un museo dello spazio: spazi significativi dove sostare
e camminare. Privilegia il linguaggio visivo diretto degli oggetti
fisici e delle immagini, valorizzati nel loro contesto originario."
"Esiste
una forte domanda di identità, che
normalmente si manifesta a scala locale,
e che presenta talvolta caratteristiche reazionarie, come aggressività
e chiusura localistica o volontà di conservazione a oltranza, oppure
opportunistiche, come la creazione di un’identità artificiale e
di maniera. Accanto a questa etnicità commerciale esiste però un
movimento di riscoperta autentico della cultura
locale, creativo e finalizzato alla
conservazione della diversità e che muove dalla riscoperta dell’identità
come reazione alla standardizzazione culturale. Questa spinta
trova normalmente nel “locale” lo spazio più adatto a manifestarsi,
anche perché più democratico e meno soggetto alle grandi forze del
mercato della cultura. Quello locale è infatti
un territorio più facilmente percorribile dall’innovazione in campo
culturale. Il patrimonio tradizionale (i musei, le grandi
opere) sono funzionali a una gestione accentrata del potere..Naturalmente
anch’essa potrebbe giovarsi della delega e del coinvolgimento locale,
ma si presta comunque, dal punto di vista organizzativo, a una gestione
accentrata: pochi decisori, pochi grandi progetti e soprattutto
poca necessità di coordinarli fra loro. Il patrimonio locale invece
non può essere promosso se non coinvolgendo e delegando. Le sinergie
qui sono obbligatorie."
"L'approccio
multidisciplinare, che spiazza i poteri scientifici tradizionali,
e il collegamento fra le diverse iniziative, in genere singolarmente
poco rilevanti, sono, in questo contesto, conditio sine qua non
per il successo. Inoltre i progetti periferici possono svilupparsi
anche senza grandi appoggi centrali e quindi il potere di controllo
del centro ne risulta ridotto. Forse l’ancoraggio al territorio,
quindi a qualcosa di immobile dal punto di vista spaziale, permette
anche di rispondere alla crisi determinata dall’ambivalenza di molte
delle appartenenze culturali contemporanee. Tutto questo ha come
conseguenza rilevante una crescita della domanda
di identità e quindi una maggiore attenzione di studiosi
e amministratori verso il patrimonio locale
come occasione che ne può permettere la costruzione. In questo contesto
non stupisce. Il rinnovato interesse verso il modello dell’ecomuseo,
particolarmente adatto, per le sue caratteristiche di museo di identità
e del territorio, a farsi interprete di questa nuova domanda."
Tratto
da "Ecomusei, musei del territorio, musei di identità"
di Maurizio Maggi.
"Pietro
Porcinai nasce nel 1910 a Settignano, sulle colline fiorentine,
in un’abitazione annessa alla Villa Gamberaia. Il padre Martino
lavora in quegli anni come capogiardiniere per la proprietaria del
celebre giardino, la Principessa Catherine Jeanne Ghyka che tra
il 1898 ed il 1900 trasforma il parterre settecentesco di fronte
alla villa in un inconsueto water garden, ripetutamente pubblicato
come immagine rappresentativa del giardino formale italiano4 su
testi e riviste dell’epoca specializzati nel settore. In questo
periodo la Gamberaia diviene “uno dei fari, una delle soste magiche
nella vita” per molti degli intellettuali che la frequentano come
Bernard BerensonEd è qui che Porcinai, ancora bambino, apprende
i primi rudimenti dell’arte dei giardini, seguendo il lavoro del
padre ed intrecciando lunghe conversazioni sull’argomento con la
principessa rumena che lo segue con pazienza e affetto. Nell’ambiente
culturale fiorentino d’inizio secolo, caratterizzato dalla presenza
di una rilevante colonia anglofona ed internazionale di artisti
ed intellettuali, si assiste intanto alla trasformazione ed al rinnovamento
dell’idea di giardino formale all’italiana, caduto in disgrazia
agli inizi dell’Ottocento con la moda del parco romantico all’inglese7.
Per una particolare combinazione di eventi saranno proprio i progettisti
inglesi, come Cecil Pinsent8 e Geoffrey Scott, a riportare in auge
nella Toscana nei primi anni del Novecento, i modelli formali del
giardino rinascimentale e barocco, attraverso il disegno e la realizzazione
di numerose opere ispirate alle forme ed allo spirito del passato".
Tratto
da "Tra tradizione e modernità.
Il contesto culturale e la formazione" - Ricerche per la progettazione
del paesaggio Anno 1 - numero 1- gennaio/giugno 2004 Firenze University
Press
Gli
approfondimenti
saranno tenuti da:
Prof.
Marco Jaff, Arch. L. Matteoli -
Università di Firenze
Dott.ssa
Sandra Becucci -
Fondazione
Musei Senesi
Dott.
Simone Gorelli -
Environmetal Man. Agency s.r.l.
Arch.
Luigi Latini -
Presidente
Ass. Pietro Porcinai
Iscrizioni
a: info@limen.org
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