Se
il museo è un luna park, la deriva mercantile di arte e spettacolo
"La
deriva mercantile trasforma l'arte in spettacolo e i musei in luna park"
Per jean Clair questa è purtroppo una certezza. Il celebre critico e storico
dell'arte lo dice senza giri di parole in un polemico pamphlet appena giuto nelle
librerie francesi, Malaise dans les musées (flammarion, pagg. 140 euro
12),suscitando
accese discussioni dentro e fuori il mondo dell’arte. A spingerlo a pubblicare
quest’atto d’accusa sulla crisi dei musei è il recente accordo siglato tra Abu
Dhabi e il Louvre, il quale, in cambio di 700 milioni di euro, affitterà il suo
nome e diverse opere al nuovo museo dell’emirato."
"Questo
progetto dissennato è solo la manifestazione più spettacolare di una trasformazione
radicale in corso dappertutto in Europa in nome della redditività dell’arte »,
spiega lo studioso francese che in passato ha diretto il Museo Picasso di Parigi
ed oggi sta preparando una mostra di Zoran Music a Barcellona e un’altra dedicata
a Balthus in Svizzera. «I musei stanno diventando cenotafi, involucri vuoti, le
cui collezioni sono in giro per il mondo. Per ora in affitto, ma presto potrebbero
anche essere messe in vendita. Si pensi al Museo Guggenheim di New York: molte
delle sue opere vengono affittate ad altri musei e a disposizione dei visitatori
resta ben poco. Di fronte a questa situazione che snatura radicalmente il progetto
iniziale del museo, alcuni finanziatori hanno ritirato il loro appoggio». Eppure
in Europa si guarda spesso al modello Guggenheim, come un esempio da seguire...
«Perché
piace l’idea che la gestione dell’arte possa diventare redditizia. Ma la gestione
contabile applicata agli oggetti culturali produce una logica che non ha più niente
a che vedere con la missione di un museo, che è quella di arricchire, conservare
e trasmettere la memoria artistica di un paese alle generazioni future». I
musei però hanno bisogno di fondi... "Naturalmente,
ma la strada da seguire non è quella dell’impero Guggheneim, che per altro non
è neppure così redditizio come si crede. La seconda sede di New York, quella di
Soho, è stata chiusa. E’ fallito anche il progetto di Las Vegas, con il suo museo
all’interno di un casinò, a sua volta al centro di un enorme complesso alberghiero
che riproduce Venezia. Altri progetti sono stati abbandonati o sospesi. Le uniche
sedi esterne che funzionano sono quella di Venezia, che però ha uno statuto particolare,
e quella di Bilbao, ma più per l’edificio disegnato da Gehry che per le opere
esposte. In ogni caso, prevale sempre la logica dell’evento spettacolare.
A Bilbao, il pubblico corre a vedere un edificio associato a un nome di grido,
ma poi ignora il museo locale dove pure ci sono alcuni magnifici quadri di
Rubens, Rembrandt e Gentileschi» Per
lei, dunque, il Louvre ad Abu Dhabi, tradisce la sua missione ?
"Purtroppo
sì. L’unica finalità è quella del profitto. Il museo diventa una marca di lusso
da cedere in franchising. In nome del denaro, l’arte è ridotta ad evento per attirare
le folle. Ma così i musei diventano luoghi di divertimento più che di conoscenza.
Il successo di certe mostre si spiega solo così». In
effetti, il 2007 è stato un anno di affluenze record... "Non
è questo il modo di democratizzare l’arte, questa è solo massificazione. Bisognerebbe
piuttosto generalizzare la storia dell’arte nelle scuole, affinché tutti abbiano
gli strumenti culturali per comprendere le opere. Pensare solo a riempire i musei
con folle di visitatori non serve a nulla» Non
teme di essere accusato di difendere una concezione elitaria dell'arte
"Non
difendo un diritto di pochi. Dico solo che l’apertura dei musei a tutti dovrebbe
essere accompagnata da una vera politica d’educazione. L’arte purtroppo domanda
uno sforzo. Per comprendere e apprezzare determinate opere occorra avere un minimo
di conoscenze. Invece, si pensa che il semplice fatto di guardare un quadro consenta
uno stato d’estasi, quasi che si trattasse di un oggetto magico. L’oggetto artistico
non è un oggetto magico. Purtroppo, questa illusione di semplicità e immediatezza
domina la cultura di massa. Oggi tutto deve essere facile. Il che è una forma
di disprezzo nei confronti del nostro passato». Cosa
pensa del successo dei nu merosi musei d’arte contemporanea sorti di recente ?
"Il
pubblico è attratto dall’arte contemporanea, perché le opere sono curiose e bizzarre.
Ciò che è incomprensibile affascina sempre. Non essendo più capaci di leggere
le opere del passato, pensiamo che la relazione con l’arte contemporanea sia più
facile. Di fronte ad essa, viviamo l’illusione di trovarci immediatamente al centro
del fenomeno creativo. Ci diciamo che basta guardare per capire, che ciascuno
può leggere l’opera come vuole, senza bisogno di alcuna preparazione. La regola
fondamentale diventa quella dello sguardo che crea l’opera, una regola che consente
di liberare il pubblico da ogni sforzo e da ogni senso di colpa. Secondo me, è
un segno dell’oscurantismo contemporaneo. Senza dimenticare che molte opere recenti,
passato lo shock della scoperta, qualche anno dopo ci sembrano inguardabili. E
ciò nonostante le loro quotazioni ».
Senza
mercato l’arte non esiste, come sono oggi le relazioni tra i due termini ? "L'80%
delle opere conservate dai musei pubblici proviene dalle donazioni di collezionisti
privati. Sono loro i veri artefici del patrimonio dei musei. In passato, i collezionisti
si rivolgevano ai galleristi, appoggiandosi anche al lavoro dei critici. Oggi
sono le grandi case d’aste a determinare il mercato. Gli acquisti si fanno durante
le aste pubbliche di Christie’s o Sotheby’s, vale a dire in un sistema dominato
esclusivamente dal denaro. Non c’è più la relazione di fiducia tra il collezionista
e il gallerista. Gli acquisti si fanno per telefono, anonimamente, per fare un
investimento finanziario. Tutto si svolge rapidamente, senza possibilità di riflettere,
l’unico scopo è quello di far aumentare le quotazioni. Così molte opere raggiungono
valutazioni impensabili e senza alcun rapporto il loro valore artistico». C’è
ancora spazio per i critici ? "No,
perché è il mercato che crea il valore delle opere. I giudizi della critica sono
ininfluenti in una realtà dominata dagli investimenti speculativi. Il mondo dell’arte
sembra essere in preda alla stessa follia che ha prodotto la crisi dei subprimes.
E per questo che anche il mercato dell’arte prima o poi rischia di crollare. Un
crac metterà fine alla bolla speculativa ». Intanto
però il mondo delle imprese continua ad acquistare molte opere, facendo salire
le quotazioni... "Banche
e imprese hanno enormi collezioni, come ad esempio la Deutsche Bank. Il problema
è sapere chi le consiglia. In alcuni casi, critici e ex direttori di musei fanno
fare ottimi acquisti. Il sistema delle aste rende tutto più complicato, spingendo
gli investitori ad accumulare opere senza alcun gusto o spirito critico. La speculazione
rischia inoltre di alimentare un afflusso sul mercato di opere di scarso valore
artistico con quotazioni sproporzionate. Insomma, se guardo al futuro non posso
che essere pessimista».
Fabio
Gambaro - Repubblica - 1/2/2008 - Tav. apertura Arch. Andrea Ricci
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