Smantellamento
dello Stato in favore del profitto privato
"Procede
a marce forzate la Grande Festa dello smantellamento dello Stato
in favore del profitto privato. Qualche esempio. Da anni è in corso
la vendita del patrimonio immobiliare pubblico, anche se le due
società a cui Tremonti nel 2002 prevedeva di cederlo in blocco ("Patrimonio
dello Stato S.p.A." e "Infrastrutture S.p.A.") hanno prodotto un
gettito minimo rispetto alle previsioni. Di fronte a quel decreto,
la Frankfurter Allgemeine affibbiò al nostro governo di allora (non
poi tanto diverso da quello di oggi) l´etichetta di "talibani di
Roma". Ma mentre la svendita del patrimonio statale va più lentamente
del previsto, Comuni, Province e Regioni si danno da fare, anche
perché secondo la L. 133 del 2008 (art. 58) devono allegare al bilancio
di previsione il "piano delle alienazioni immobiliari". E infatti
Treviso vende la Chiesa di San Teonisto (sec. XIV), che al
Comune fu donata nel 1811 dal viceré d´Italia; Prato getta sul mercato
il Monastero di San Clemente (fondato nel 1515), già destinato
ad archivio comunale; la provincia di Salerno mette in vendita Palazzo
d'Avossa (sei-settecentesco), sede della locale Soprintendenza.
Esemplare il caso di Verona: il Comune, con l´avallo del direttore
regionale ai Beni Culturali Soragni, vende Palazzo Forti, donato alla città nel 1937 per destinarlo alla Galleria d´Arte moderna,
che ancora vi ha sede. Il Comune ne ha mutato la destinazione d´uso
(da culturale a commerciale), e utilizzerà l´incasso (33 milioni)
per l´acquisto di un´area che, secondo un piano dello stesso Comune,
potrà essere cementificata (280.000 metri cubi). Intanto, sulla
base del "federalismo demaniale" promosso da Calderoli, il Comune
chiede la proprietà degli immobili del demanio dello Stato siti
in Verona (mura, forti, bastioni, porte antiche e altri beni vincolati):
visti i precedenti, è facile immaginare quel che ne farà."
Intanto
il ministero della Difesa "ha debuttato a Venezia al salone del
turismo immobiliare", annuncia lietamente ItaliaOggi (16 aprile):
saranno destinati "a fini turistici" fari di tutte le coste
italiane, il Forte Cavour dell´isola Palmaria (di fronte
a Portovenere), caserme in centro città a Firenze e a Venezia. A
Brescia è in vendita la centralissima Caserma Gnutti, dal
nucleo sei-settecentesco, dopo che il Comune ha approvato (2009)
variante urbanistica e cambio di destinazione d´uso. Modifiche interessate,
visto che i Comuni, se adeguano le normative urbanistiche e le destinazioni
d´uso alla nuova vocazione turistica della Difesa e del Demanio,
possono ottenere fino al 15% del ricavato. Stratega dell´operazione
Difesa, secondo La Sicilia (13 aprile) è il ministro La Russa, sull´attenti
davanti alle soverchianti forze del mercato. Scatta intanto il "federalismo
demaniale", figlio non tanto minore del "federalismo fiscale" della
L. 42/2009. Il testo Calderoli prevedeva il
trasferimento a Comuni, Province e Regioni di beni del demanio marittimo
e idrico, caserme e aeroporti, nonché monumenti vincolati, salvo
quelli appartenenti al "patrimonio culturale nazionale"
Questa
inedita categoria, non prevista nel Codice dei Beni Culturali, presuppone
quella non meno inedita di "patrimonio culturale regionale": si
straccerebbe così con una sola mossa l´art. 9 della Costituzione,
secondo cui il patrimonio culturale è elemento costitutivo della
Nazione, peraltro "una e indivisibile" (art. 5). Spezzettare il
patrimonio e sbriciolare lo Stato è la stessa identica cosa. Qualche
giorno dopo il ministro Bondi si vantò (giustamente)
di aver ottenuto che il patrimonio storico-artistico fosse escluso
dalle devoluzioni; ma
non mancano tentativi di reintrodurre la norma. In ogni caso, che
ne sarà del nostro paesaggio se "tutti i beni appartenenti al demanio
marittimo e idrico" verranno dismessi dallo Stato (art. 5), perdendo
la loro natura di bene demaniale? Per sua natura, il demanio marittimo
e idrico è di proprietà pubblica perché comprende beni comuni di
uso collettivo; ma il decreto Calderoli non prevede (come sarebbe
possibile) il passaggio dal demanio statale a quello regionale,
bensì la sdemanializzazione, per cui tutto,
comprese le coste, diventa istantaneamente commerciabile, e dato lo stato comatoso delle finanze locali molto verrà gettato
sul mercato. L´art. 6 prevede infatti l´attribuzione gratuita degli
immobili già demaniali a "fondi immobiliari" di proprietà privata,
purché i privati versino nel medesimo fondo proprietà di valore
equivalente: ed è chiaro che solo i grandi costruttori sono in condizione
di farlo. Perché qualcosa si salvi da questa svendita, le amministrazioni
competenti devono chiederlo nel termine iugulatorio di 30 giorni.
In altri termini, il demanio dello Stato viene disfatto e degradato
a una condizione residuale; i suoi beni vengono polverizzati e ceduti
al miglior offerente (o al peggiore). La svendita viene etichettata
come "valorizzazione", ignorando cinicamente che secondo il Codice
dei Beni culturali la valorizzazione ha l´unico fine di "promuovere
lo sviluppo della cultura" (art. 6). Riparte intanto puntuale il
condono edilizio, che mediante una minima ammenda sanerà tutti gli
abusi contro il paesaggio (la scadenza è il 31 dicembre 2010, ma
anche questa è una festa mobile).
E
mentre
in Campania le costruzioni abusive sono oltre il 20%, in buona parte
da riciclaggio di introiti della camorra, il governo appronta un
"decreto antiruspe" bloccando l´abbattimento, già deciso, delle
costruzioni abusive. Allo "stato d´eccezione" che alcuni protagonisti
della politica pretendono per se stessi si aggiunge un "paesaggio
d´eccezione", in cui le norme di legge non valgono nulla, e le strutture
della tutela vengono o asservite o defenestrate. Un bell´esempio
è l´ordinanza 3840 del presidente del Consiglio, che assegna al
sindaco di Milano, in quanto commissario per l´Expo 2015, il potere
di agire in deroga (fra l´altro) al Codice dei Beni Culturali e
alle norme su esproprio, opere idrauliche e contratti pubblici:
cinque anni di azzeramento delle leggi in nome dell´emergenza. È
la logica con cui alla Protezione Civile si assegnano commissariamenti
d´ogni sorta (anche l´archeologia di Roma e Pompei, anche l´allestimento
del Museo Nazionale di Reggio Calabria). Il ricorso al commissariamento,
giustificato in nome dell´urgenza, non è neutro: al contrario, delegittima
l´amministrazione ordinaria avviandone la finale dissoluzione, proclama
la vittoria delle nomine politiche sulle competenze tecniche, accresce
l´arbitrarietà delle decisioni e ne riduce la responsabilità. Precisamente
il contrario della funzionalità di un´amministrazione, pubblica
o privata che sia. Al banchetto della Grande Festa ci sono queste
ed altre ricche portate, ma nessuno le mette in fila leggendo l´intero
menu; anzi, la segmentazione dei provvedimenti oscura la percezione
del processo d´insieme. Ancora abbiamo nelle orecchie le sinistre
risate di chi a poche ore dal terremoto d´Abruzzo si spartiva gli
appalti. Non meno sinistre sono le manovre in corso, sotto gli occhi
di tutti a cominciare dall´inerme "opposizione", per dividersi il
grande bottino. Questa spartizione non è il frutto casuale delle
leggi, è anzi vero il contrario: decisa la spartizione, si confezionano
leggi ad hoc, e quel che resta della macchina dello Stato opera
per disfarlo. Il nobile assetto di valori della Repubblica è calpestato
ogni giorno, sostituito da un continuo negoziato al ribasso, nello
spirito (non dimentichiamolo) non della Costituente, ma della Bicamerale.
Mitridatizzati dal veleno che, boccone dopo boccone, assorbiamo
ogni giorno, sapremo trovare nella Costituzione un ultimo baluardo
?"
SALVATORE
SETTIS GIOVEDÌ, 06 MAGGIO 2010 - la Repubblica
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